Scoglio Olivi. Ennesima asta andata a vuoto

Prevista per oggi, nessun potenziale acquirente ha pagato la cauzione. Oggi si riunirà il Consiglio dei creditori per decidere i passi futuri

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Scoglio Olivi. Ennesima asta andata a vuoto
Una veduta del cantiere navale di Scoglio Olivi. Foto: Sasa Miljevic/PIXSELL

Specchio specchio delle mie brame, c’è nessuno al mondo che mi voglia davvero comprare? sempre alla ricerca di un partner strategico, lo stabilimento navalmeccanico polese. Meglio, quel poco che ne resta. L’Uljanik brodogradnja 1856, che ne sarebbe dovuta essere l’erede e invece si trova diseredata e con le pezze sui pantaloni.

La sesta asta per l’alienazione del 57,44 p.c. delle quote azionarie che lo stato detiene dell’Uljanik brodogradnja 1856 è stata la brutta pallida copia delle precedenti: tanti pretendenti, ma nessuno che avesse voluto venire al dunque pagando la cauzione necessaria (690mila euro) per accedere alla licitazione. Regolarmente, ogniqualvolta si tratta di indire una nuova gara si dice di nuovi interessati, che, naturalmente, si vanno ad aggiungere a quelli che già avevano fatto sperare di farsi avanti col libretto degli assegni in mano. Sirene stonate, sembra, quelle che cantano agli orecchi di potenziali investitori. Così, il cantiere resta al palo. Di nuovo e ancora.
I 20 e passa milioni di euro offerti illo tempore dal gruppo ceco CE Industries per rilevare la quota statale e diventare così il proprietario di maggioranza dell’impianto superstite ora si sono ridotti a 6,9 milioni, sempre di euro, da sborsare se si dovesse accarezzare l’idea di mettersi in tasca il cantiere. Il gruppo ceco sembrava pronto a inanellare lo stabilimento, ma dopo tentennamenti e tergiversazioni In primo luogo di Zagabria, a un certo punto ha rinunciato. Il resto è storia, fatta di aspettative e di delusioni. Ma forse è solo una percezione dall’esterno, come lo è quella che probabilmente troppe speranza di vedere concluso l’affare le hanno nutrite pochi inguaribili romantici e sognatori. Perché gli affari sono affari e se è vero che il cuore ha ragioni che la ragione non comprende, lo stesso lo si può dire per il portafogli.
Ancora la settimana scorsa sembrava che questa volta gli interessati, almeno qualcuno dei potenziali sei, avrebbero fatto il necessario passo in più. Si tratta dell’italiana Micoperi, della slovena Eko bor, della fiumana Adria Mont, della rumena GSP Offshore, dell’israeliana Israel Shipyard e della cipriota La Maison. Per inciso, quest’ultima, che si occupa di immobiliare, era ben disposta a offrire da 8 a 9 milioni di euro. Siamo oltre la cifra minima stabilita. Eppure, scaduto il termine per il versamento della cauzione, l’estratto banca non segnalava nessun pagamento.
Dopo ogni asta si era riunito il Consiglio dei creditori, che avrebbe dovuto decidere se accettare o meno l’offerta, che siccome non c’era stata, decideva un’altra data per l’alienazione ed eventualmente il nuovo costo al di sotto del quale mai e poi mai si sarebbe andati. Ecco, il Consiglio dei creditori del cantiere in fallimento si riunirà oggi e molto probabilmente si provvederà a ritoccare il prezzo di base.
La ricordate la filastrocca del frate che perdeva la ciabatta? Ecco.

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