Pola. Edificio delle Poste: Futuro incerto

La sezione di «Možemo!» punta sulla «prevenzione» del problema e invita la Città ad agire immediatamente per non lasciarsi scappare un’occasione unica affinché la struttura non finisca nella lista delle grandi occasioni perdute

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Pola. Edificio delle Poste: Futuro incerto
La storica scritta all’entrata: prima “Posta e telegrafo” poi “Pošta i telegraf”. Foto: GIULIANO LIBANORE

Uno dei più begli esempi del moderno patrimonio storico-architettonico di Pola sembra stia per essere messo in vendita. L’edificio centrale delle poste di Pola, d’epoca italiana, classe 1935, di proprietà delle Hrvatske pošte (HP), avrebbe fatto maturare l’idea malsana e bislacca di poter concludere affari a sue spese. Si potrebbe vederlo commercializzato, e, da quanto pare senza manco pensarci troppo sopra al fatto che l’oggetto di compravendita (o, chissà, di parziale messa all’asta), risulta iscritto nel registro nazionale dei beni culturali. Dopo decenni di trattamento da anonimato, perdurato dal periodo postbellico in avanti, lo Stato si era accorto di “lui” appena nel 2006, e deciso di concedergli una meritata, simbolica “protezione” culturale, quale bene dal particolare pregio architettonico. Dunque, la mentalità del business e la necessità di muoversi con buon senso pratico, in un periodo quando l’ente postale soffre di crisi dettata dalla digitalizzazione delle comunicazioni, spingerebbero a ignorare certi “dettagli”, irrilevanti per la sopravvivenza nell’era contemporanea. Poco potrebbe contare il fatto di avere in mano uno dei capolavori del prestigioso architetto italiano Angiolo Mazzoni, il medesimo che ha firmato Stazione Termini di Roma come pure i terminal di Messina, di Reggio Calabria, di Trento, di Villa San Giovanni inclusa Santa Lucia di Venezia. E altrettanto poco significato potrebbe rivestire un valore non soltanto rappresentato dall’exterieur di tipica e preziosa architettura d’avangiardia monumentale e futuristica (monocromatica grigio-nera-bianca), ma anche dalla perfezione e dal fascino degli spazi d’accesso interni con al centro l’imponente scala a chiocciola, imbottiti di materiali preziosi con i quali ebbero lavorato fior di artigiani.

Un valore della memoria collettiva
Che piani avrebbe ordito la HP? Da quanto scaturito alla luce del sole, l’ente addetto alle comunicazioni epistolari, avrebbe fatto notare apertamente che l’edificio “rappresenta un potenziale economico che come tale deve venire attivato”, pur non essendo ancora diventato oggetto di compravendita o di trattative concrete. A inserire la pulce nell’orecchio è la sezione polese della piattaforma “Možemo!” che ha posto in risalto quanto l’utilizzo economico degli ambienti sia già in atto – in funzione degli sportelli postali e dell’Istituto croato per l’assicurazione pensionistica – ragione per cui la prospettiva potrebbe essere quella di procedere proprio con una vera e propria messa in vendita. A consultare le regole di legge, in detto caso, è sempre “Možemo!” dal momento che si tratta di un bene culturale, la Posta ha il dovere di offrire l’edificio alla Repubblica di Croazia, o alla Regione istriana oppure alla Città, con ciò che il diritto di prelazione procede in senso inverso: Città, Regione e Stato. Stando così le cose, “Možemo!” punta sulla “prevenzione” del problema e invita la Città ad agire immediatamente, a formare un team di lavoro per non lasciarsi scappare un’occasione unica e assolutamente imperdibile, affinché l’edificio postale non finisca inserito anche nella lista delle grandi occasioni perdute e dei beni privatizzati, asserviti al turismo e alle attività commerciali in funzione dell’estate vacanziera. Chiaro è che in mancanza di un interesse pubblico, il destino della Posta potrebbe mostrarsi gramo. Dunque, la paura è ancora ingiustificata, ma è lecita trattandosi di un valore che appartiene a Pola e alla sua memoria collettiva. Se non altri, questo gioiello d’architettura ha sempre affascinato i professionisti del mestiere, che mai sono rimasti incolumi alla vista dei materiali usati per la sua costruzione: marmi di ogni tipo, pietra istriana e non, alluminio, tasselli di vetro rosso che creano mosaici, vetro di murano, bronzo, legno di noce e via costruendo su precisa e dettagliata indicazione progettistica di Angiolo Mazzoni, chiamato per antonomasia l’”Architetto del Ministero delle comunicazioni”, proprio per i suoi progetti delle stazioni ferroviarie e dei palazzi postali.

La storia dell’edificio
Il nostro colosso postale fu commissionato in maniera tale da risaltare il potere dello Stato, l’impeto futurista che cresce in altezza e tocca il cielo con il suo enorme elemento architettonico del fascio littorio costruito in monzonite roccia, scura magmatica, che superava di gran lunga il tetto della posta. Ovviamente, con la fine della Seconda guerra mondiale quest’ingombrante “aggiunta” architettonica, realizzata su richiesta del sindaco Luigi Bilucaglia, venne immediatamente demolita, così come fu fatto sparire anche il monumento ai postini caduti, lavoro dello scultore Aliventi, dall’area antistante la facciata. Tutto sommato, pur eliminando gli elementi grevi di regime e compiendo un rattoppo in stile, con materiali di qualità all’altezza delle ferite e degli squarci generati sulla struttura muraria, l’integrità monumentale dell’edificio della Posta è sopravvissuta tale e quale, presentando da tempo la necessità di un buon intervento di recupero conservativo e non di certo una (s)vendita o possibile commercializzazione a scomparti.

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