Pola, centrocittà. Nemmeno Diogene riuscirebbe a trovarci un’anima

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Pola, centrocittà. Nemmeno Diogene riuscirebbe a trovarci un’anima
Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Ecco una piazza piena di tutto: tavolini, sedie, ombrelloni impacchettati, luminarie e maxi palla natalizia: Manca qualcosa. L’uomo. Quello che Diogene andava cercando mezzo svestito e con una lanterna in mano per le strade di Atene. Se allora si volle illuminare dall’interno l’animo umano smarrito negli artifici e nelle convenzioni della vita sociale, oggi ci sarebbe da salvare l’uomo-abitante, succube di una città che conosce soltanto alti e bassi.
Turismo di massa o dimensioni urbane completamente vuote, calura o freddo, umido o bora ghiacciata, festa o tedio, pazzie da San Silvestro o pentimenti in silenzio da quaresima. Qualcuno, tra un polo opposto e l’altro fa un po’ di… Carnevale. A Pola, come in Piazza Foro, adesso tutto tace e, nonostante l’infinità di sedie solitarie, regna il senso di vuoto, la sensazione che qualcosa sia stato perduto dopo la confusione e che questo qualcosa potrebbe essere legato al senso di non appartenenza a Pola d’oggi, divenuta ostaggio di condizioni imposte: oltre che deindustrializzazione, commercializzazione, turistificazione, immigrazione e sconvolgimenti socio-economici, culturali identitari relativi… in detto caso anche desertificazione.

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