Il tempo e l’uomo, nemici delle Baracche

In giro per il rione dimenticato, dove tutto sembra giocare a sfavore. All’incuria si aggiungono il cattivo gusto edilizio e l’abusivismo

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Il tempo e l’uomo, nemici delle Baracche
Un “viale” di garage privati e tanta immondizia. Foto: DARIA DEGHENGHI

Sissignori, anche questo è abusivismo. Inutile cercarlo negli angoli più riposti della macchia istriana se ci si ostina a non vederlo in casa. Sicuramente anche questo è abusivismo edilizio. L’unica differenza è che qui nessuno osa indignarsi perché siamo abituati a lasciar correre. A quanto pare ogni problema ignorato sufficientemente a lungo cessa di essere tale. Ma l’abitudine è una brutta bestia e si dà il caso che a lungo andare il problema non solo non sparisca: s’ingigantisce. Queste sono le “Baracche” oggi. Quelli che un tempo erano stati i condomini della forza lavoro richiesta dall’Arsenale della Regia e Imperiale Marina di Guerra nel rione di San Policarpo, detti appunto “Baracche”, oggi sono la caricatura dei caseggiati che a loro tempo erano stati abitati dai nostri padri e nonni.

Vittime del fai-da-te
Sono passati i decenni, ma queste strutture, a parte gli intonaci delle facciate finiti in polvere, reggono ancora il peso del tempo. Quello che non reggono è il peso della faciloneria con cui l’uomo si mette in testa di costruire, ampliare, aggiungere, estendere, ossia “migliorare” le proprie condizioni abitative. Alle Baracche non c’è lo straccio di un piano urbanistico che possa fare la differenza. L’unica regola è che non c’è regola. Chiunque abbia desiderato (e potuto) ha fatto in modo di unire mattone su mattone, trave su trave, pilone su pilone per darsi un terrazzo, una veranda, una “loggia” o perlomeno un garage privato in strada. A piazza Foro hanno sempre chiuso un occhio ma – si sa – chi tace acconsente. L’aspetto demografico e la condizione sociale della gran parte dei residenti ha avuto sempre l’ultima parola nella decisione di lasciar fare. È chiaro: le Baracche non sono mai state abitate dai ricchi. Chiunque abbia avuto la possibilità di andarsene ha cercato altre soluzioni d’alloggio. Col tempo, però, anche la modestia ha acquistato un certo qual appetito e allora si comincia a scambiare il desiderio per necessità, trascurando i doveri per dare sfogo ai (presunti) diritti. Piuttosto che mettere mano al portafogli e ricostruire le facciate tali e quali sono state progettate dagli urbanisti austriaci sul finire dell’Ottocento – con la consapevolezza del fatto che l’aspetto esteriore dei palazzi è una responsabilità comune di tutti i condomini – i proprietari hanno finito per inseguire la logica del “proprio orticello”: chi ha voluto la veranda, chi il garage, chi il balcone, chi il terrazzo, chi la tettoia e chi le tapparelle… Raso terra, in strada, le costruzioni sono venute su con la logica dei mattoncini Lego: chi più ne ha più ne metta e poco importa se le forme non s’adeguano, se i colori non combinano, se l’ordine lascia il posto al disordine; l’estetica è solo un’astrazione, giusto? Una cantina di qua, un ripostiglio di là, che male può fare? Basta impossessarsi di qualche metro quadrato, allargare, recintare, edificare, coprire, chiudere a chiave.

Quasi una bidonville
Alle Baracche propriamente dette, si sono aggiunte le baracche in legno, recentemente sgomberate su ingiunzione della Città di Pola (nel 2022), ma anche fabbricati che fungono da locali commerciali, magazzini o Dio sa cosa. Nella generale neutralità del colore uniformato degli intonaci storici (il color sabbia), un edificio è stato riverniciato di giallo e uno d’arancio e così al danno s’è aggiunta la beffa, perché laddove le forme originali sono perse, i colori accesi non fanno altro che accentuare i difetti. I colori dei pappagalli no, non ci volevano proprio. Più li guardi e più offendono l’occhio. Per assurdo, alle Baracche il male minore è stato lasciare la facciata scrostata fino alla pietra. Ostinarsi a ristrutturare con l’aggiunta arbitraria dei terrazzi, delle tettoie e delle verande, senza badare al retaggio storico e al decoro urbano, è stata la cosa peggiore che si potesse fare. Nella parte alta del quartiere, la situazione estetica passa ancora come sopportabile. Via Lussi è ancora nei ranghi della decenza. La strada è asfaltata con marciapiedi su entrambi i lati, non c’è posto per abusare dello spazio neanche a volerlo. Diverso è il caso di via Revelante, nella parte bassa del rione. Le facciate e i cortili delle baracche che danno sul Cementificio sono semplicemente un disastro urbano difficile da descriversi a parole o con le sole fotografie.

Lo sguardo altrove
Per capire l’entità del fenomeno bisogna proprio passarci una mattinata, un pomeriggio. Allora si capisce che questo è un rione-non-rione completamente estraneo al tessuto urbano di cui è parte. Da qui a pochi metri si decide il futuro urbanistico e turistico di Pola con le bonifiche delle cave di pietra, gli alberghi, il centro commerciale, le spiagge pubbliche, le ville eleganti di Pradorlando (Zelenika), ma non alle Baracche. Nascoste dallo sguardo dei turisti, possono anche restare dove sono e come sono e nessuno è in dovere di badarci. Neanche i progettisti, che hanno cose ben più importanti da fare. Per esempio, adeguare i Piani urbanistici Max Stoia e Lungomare, affinché il grande capitale possa costruire alberghi e alloggi e il capitale pubblico seguire il passo edificando campi sportivi, strade e reti fognarie. Lungo la costa e nelle sue zone elitarie, il futuro sembra a portata di mano e certamente è a portata di tasca per chi ha le risorse necessarie. Alle Baracche, invece, il futuro è nel disordine e nelle brutture architettoniche nascoste alla vista di tutti tranne che di quelli che ci abitano. Qualcuno ha saputo fare di necessità virtù sistemandosi il meglio che si poteva fare. Nelle zone elevate del quartiere ci sono condomini che godono di una superba vista sul mare e tra i residenti c’è chi coltiva il cortile comune improvvisando orti e giardini semi-pubblici e semi-privati che hanno il vantaggio del tappeto verde rinfrescante anche se non si possono certo paragonare ai parchi curati dalla Nettezza urbana del centro storico, di Siana e di Veruda. Per assurdo, in zona c’è anche chi affitta l’appartamento ai turisti. La targa azzurra indica la strada: c’è n’è uno a due e uno a tre stelle. Tre stelle. Come in certi palazzi ben tenuti a due passi dall’Arena. Evidentemente, la norma delle stelle turistiche tiene conto degli arredi e dell’aria condizionata, ma non anche del contesto paesaggistico. Bene. Se ci sono, vuol dire che lavorano e poi questo è un problema che esula dagli intenti del nostro scritto, che vuole essere solo un invito a riflettere, piuttosto che continuare a ignorare. Il punto è: fino a quando architetti, urbanisti e Soprintendenza ai beni culturali fingeranno di non vedere il degrado delle Baracche? D’accordo: c’è abusivismo e abusivismo e non tutti sono ugualmente nocivi all’ambiente. Ma questo delle Baracche è proprio così innocuo come ci ostiniamo a credere?

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