INTERVISTA Prof. Marko Medved: «Siamo di fronte a un abuso di tematiche religiose»

Con il prof. Medved, sulle manifestazioni di preghiera collettiva che da circa un anno, ogni primo sabato del mese, si tengono nelle piazze croate

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INTERVISTA Prof. Marko Medved: «Siamo di fronte a un abuso di tematiche religiose»
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Da quasi un anno – la prima si è tenuta l’8 giugno scorso – l’iniziativa “I cavalieri del cuore immacolato di Maria” organizza ogni primo sabato del mese una preghiera collettiva in piazza Jelačić a Zagabria e in altre piazze croate, alla quale prendono parte decine di uomini che pregano con tanto di rosario, affinché venga (tra le altre cose) ripristinata l’autorità maschile in famiglia, cessino gli aborti e le donne tornino a vestire in modo pudico. Un evento avviato nella capitale e col tempo allargatosi anche ad altre città del Paese, che sta facendo molto discutere e sta tenendo banco da mesi. In vista del prossimo appuntamento, previsto per sabato 1º aprile, abbiamo voluto interpellare al riguardo lo storico, teologo e ricercatore fiumano Marko Medved, professore della Facoltà di Medicina di Fiume, laureato presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

Recentemente abbiamo avuto modo di vederla ospite di una trasmissione della TV pubblica in cui, in relazione al tema, aveva affermato che “la libertà di manifestare pubblicamente nelle democrazie liberali è garantita a tutti, ma in questo caso la preghiera viene usata come strumento di potere sociale”. Ci può approfondire quest’affermazione? Secondo lei, sono eventi a sé stanti o l’organizzazione degli stessi potrebbe essere vicina a determinati circoli politici?
“Innanzitutto va detto che le manifestazioni pacifiche sono un diritto che in una democrazia liberale va tutelato. Su chi stia dietro alle iniziative oggetto del nostro discorso, possiamo soltanto ipotizzarlo in base alle informazioni di cui disponiamo. Tra gli organizzatori, vi sono esponenti già noti all’opinione pubblica nazionale per le loro posizioni ultratradizionaliste (ad esempio, l’associazione Vigilare) e gruppi meno noti come il Muževni budite (Siate mascolini). Le mie esternazioni relative a interessi politici, a cui accenna nella sua domanda, si basano sul fatto che la sezione croata dell’associazione polacca Ordo Iuris è collegata con persone che partecipano a questi eventi. In Polonia, dove quest’associazione ha anche una certa influenza su partiti politici quali Diritto e Giustizia, tale gruppo era inizialmente considerato marginale all’interno della società e della Chiesa, per poi diventare influente in seguito all’appoggio di forze politiche. Ho voluto, pertanto, mettere in guardia sia la società che la Chiesa croate, da questo pericolo, dato che a causa di una combinazione di circostanze, di un sostegno politico di stampo populista e in assenza di una sana laicità, organizzazioni come queste potrebbero ottenere in forza anche nel nostro Paese”.

Perché, a suo parere, la Croazia risulta essere “terreno fertile” per questo tipo di manifestazioni? Che cosa ne possiamo dedurre in termini di società in cui viviamo a livello nazionale?
“Queste manifestazioni di preghiera nelle piazze sollevano la questione della presenza della religione nello spazio pubblico. È una questione da noi sorta dopo la caduta del comunismo, in cui la fede e la manifestazione della fede erano bandite dallo spazio pubblico e circoscritte nell’intimità dello spazio sacro e in ambito privato. Posso capire fino a un certo punto che il clero formatosi sotto il comunismo abbia mostrato una mancanza di comprensione verso le nuove circostanze democratiche, che hanno aperto le porte al diritto di professare la propria fede religiosa in pubblico, ma nel caso di manifestazioni come queste la presenza della religione nello spazio pubblico si sta trasformando in qualcos’altro. Taluni credono di professare in tal modo la fede in pubblico, ma in realtà trasmettono un messaggio di contesa e opposizione verso la società, rendendo piuttosto una controtestimonianza cristiana. Alcune forze politiche in mancanza di altri temi con cui assicurarsi l’appoggio dell’elettorato, cercano di giocare la carta della religione. In questo modo, però, contribuiscono a strumentalizzare e manipolare la religione, nel caso specifico la preghiera. Se può sembrare come una testimonianza di preghiera in spazio pubblico, in realtà si tratta di un uso improprio della preghiera per secondi fini. Sono disposto a credere che buona parte dei supplicanti sia davvero motivata da intenzioni di preghiera e ispirata alla pietà, ma coloro che hanno ideato e organizzato questi eventi, hanno intenzioni che vanno ben oltre i limiti di un incontro di preghiera”.

Quanto avvenimenti di questo tipo possono danneggiare l’immagine della Croazia quale Paese democratico europeo?
“Beh, il tema dell’uso e della strumentalizzazione di tematiche religiose lo abbiamo incontrato negli ultimi anni in varie parti del mondo. Non bisogna andare lontano per assistere all’esempio dell’Italia, dove taluni politici presenti oggi nella coalizione al governo hanno preso in mano il rosario o varie immagini sacre, usando la religione come elemento identitario e culturale in un contesto di forte secolarizzazione e migrazione. Nonostante le apparenze, in realtà si tratta di un abuso del Cristianesimo. Forse l’esempio più eclatante in Europa è il premier ungherese Orban, che usa il tema della famiglia e delle origini cristiane dell’Europa nella conduzione di politiche che di cristiano hanno ben poco sia in campo democratico, che economico, che in quello relativo alle politiche migratorie e ad altri”.

Quanta influenza possono avere manifestazioni simili sull’opinione pubblica?
“Ritengo tali gruppi di marginale importanza sia in Croazia che all’estero. Tuttavia, in mancanza di un discostamento dall’ambito ecclesiastico (tranne poche eccezioni quali l’arcivescovo di Fiume, mons. Mate Uzinić), l’opinione pubblica potrebbe convincersi che tali gruppi rappresentino la corrente di maggioranza del Cattolicesimo. La destra, ossia l’estrema destra politica, cerca consenso proprio richiamandosi a questi gruppi, i quali anche in Polonia sono diventati influenti proprio a causa dell’appoggio di singole forze politiche”.

In un suo testo pubblicato su un quotidiano, ha affermato di avere timore, come cristiano, di eventi come questi.
“Sì. E per diverse ragioni. Per prima cosa, per il fatto che in questo modo viene stravolta quella che è l’essenza della preghiera. La preghiera è qui usata come uno strumento d’influenza sociale e apparentemente come un mezzo per riportare la società indietro nel tempo, in epoca premoderna. Lo definirei un tentativo di tradizionalizzazione della società. Se la donna è assente, se la si considera una fonte di peccato, se si ergono intenzioni di preghiera proprie riferibili a un contesto premoderno, allora ciò significa andare contro quella che è la Chiesa del Concilio Vaticano Secondo. Questo è sostanzialmente un insulto alla preghiera. Preghiera significa elevare l’anima di Dio o chiedere a Dio i beni secondo la sua volontà. Così Giovanni Damasceno definiva la preghiera e successivamente Tommaso d’Aquino lo citò. Questa definizione poi si diffuse. Se la preghiera è usata per raggiungere altri obiettivi, come quello del potere sociale, si tratta di strumentalizzazione e negazione della preghiera”.

Ha precisato, inoltre, che l’organizzazione di manifestazioni del genere, in cui al centro c’è la preghiera, contribuiscono a preoccuparla, sia come cristiano che come cittadino. Può spiegarci quest’affermazione?
“I motivi del mio disappunto li ho già motivati e possono essere riassunti nella mia contrarietà a una narrazione premoderna, che il Cattolicesimo in Croazia sembra assumere con manifestazioni come queste. Il tutto in un contesto in cui manca il dissociarsi da parte della gerarchia cattolica, salvo poche eccezioni come ho detto prima. Ho l’impressione che una parte dei cittadini croati non comprenda a fondo la democrazia liberale e la distinzione tra sacro e secolare, un sistema che nega Dio. I motivi di preoccupazione sono giustificati se una parte della società è convinta erroneamente che la democrazia liberale neghi Dio e guardi quindi con nostalgia agli Stati confessionali preliberali. Non a caso parte della destra europea sulla scia di quella americana, dimostra un’insofferenza verso il sistema parlamentare e le libertà dell’individuo”.

Quanto questi atti possono danneggiare, in fin dei conti, anche la Chiesa in Croazia?
“Infatti, ho voluto intervenire pubblicamente anche per questa ragione. Le manifestazioni hanno l’intento di promuovere un Cattolicesimo misogino e premoderno. Sono fermamente convinto che tali opinioni differiscano da quella che è l’opinione della maggioranza dei cattolici in Croazia. Per una serie di motivi, in seno all’opinione pubblica mancano voci di cattolici conciliari e divulgatori di un approccio dialogante con l’epoca postmoderna. Tale fatto è ancora più inaccettabile ai tempi del pontificato di Papa Francesco, il quale promuove un Cattolicesimo del tutto differente da quello propugnato dalle succitate associazioni promotrici di queste manifestazioni”.

Crede che gli organizzatori e i partecipanti a questi eventi siano motivati da una sorta di paura?
“Forse c’è paura nei confronti della modernità e dei cambiamenti che si stanno attuando in relazione al ruolo del maschio e della femmina. Fortunatamente non viviamo più in una società in cui il ruolo della donna è subalterno a quello dell’uomo. Voglio ricordare che fino alla metà del Novecento alle donne era precluso il diritto allo studio universitario, al voto e in alcune aree essa si doveva alzare in piedi quando l’uomo entrava nella stanza, ecc. Una delle intenzioni della preghiera è quella di rafforzare l’autorità spirituale del maschio. Ma il Cristianesimo afferma il ruolo di complementarietà del maschio e della femmina, ambedue creati a immagine e somiglianza di Dio. Se tutto ciò viene posto nell’ambito di una società in cui le donne sono sovente oggetto di violenza da parte degli uomini, le ragioni per oppormi a questo tipo di antropologia risultano ancora più forti. Vi è in questi ambiti una paura della società laica e secolare con cui evidentemente determinati ambiti conservatori non sono capaci di entrare in dialogo. La Chiesa cattolica sin dai tempi del Concilio Vaticano Secondo (1962-65) non è più in opposizione con la società instauratasi dopo l’Illuminismo”.

E infine, ha dichiarato tra l’altro che in questo caso specifico “la preghiera viene usata come strumento di ritradizionalizzazione della società nella quale la donna è seconda all’uomo e nella quale i gruppi fondamentalisti ricevono in forza, il che equivarrebbe a una sorta di insulto alla preghiera”. Ci può approfondire questa tesi?
“Certo. Si tratta di uno sguardo nostalgico verso le società pre-liberali, verso una concezione dell’uomo e della donna premoderni e di una visione ecclesiale militante e anticonciliare opposta a Papa Francesco e al cammino sinodale intrapreso. All’interno della Chiesa siamo testimoni di accesi dibattiti circa il rapporto con la modernità, discorso in cui è centrale il concetto di tradizione. Il termine tradizione deriva dal latino tradere, che significa consegnare. In realtà, il cristiano riceve la fede dalla comunità ecclesiale e la consegna ai posteri. Ma ciò non significa che si tratti di una realtà che va conservata come si trattasse di un oggetto conservato in un museo. I cristiani sono piuttosto un giardino in cui crescono nuove piante alla luce del sole, che è Dio. Come dice un’enciclica di Papa Francesco, è un mondo in cui siamo tutti fratelli, ossia fratelli e sorelle”.

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