Il giardino di Poseidone

Presentato il progetto di ripopolazione dei fondali marini che vede coinvolti l’Acquario di Verudella, la Facoltà di scienze del mare dell’Università «Juraj Dobrila» di Pola, la Meeresschule (Scuola marina) di Valsaline e i pescatori che hanno deciso di unirsi all’iniziativa

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Il giardino di Poseidone
A Valsaline è in corso la campagna di ripopolamento del mare. Foto: DARIA DEGHENGHI

Si chiama conservazione della biodiversità in situ ed è un processo lento quanto complesso, dall’esito sempre incerto, perché mira a ripopolare i fondali marini praticamente spogli, vittime di una devastazione sull’orlo dell’irreversibilità. L’attività è nuova anche nel mondo, ma in Croazia è Pola a fare da apripista: si tratta di piazzare dei vivai in mare e attendere che la vita attecchisca, che una nuova comunità vivente prenda piede, e poi monitorare i processi di ripopolamento, sempre che questo avvenga, nel corso degli anni. In tutto il mondo sono stati piazzati appena 1.500 di questi box salva-vita e Pola è dunque uno dei pionieri del campo. Merito dell’Acquario di Verudella, della Facoltà di scienze del mare dell’Università degli studi di Pola, della Meeresschule (Scuola marina) di Valsaline e dei pescatori che hanno deciso di unirsi all’esperimento. La campagna denominata “Il giardino di Poseidone” è partita ieri con tutti i protagonisti presenti all’appello per veder salpare la nave che poi ha scaricato in mare le “water nursery” o vivai artificiali nella speranza che in loro sbocci la vita. Si tratta di strutture a rete con doppio fondo a forma di parallelepipedo rettangolo: nello spazio interno sono disposti resti di conchiglie adatte ad accogliere e proteggere la vita in germe. Per ripopolare Valsaline, i cui fondali oggi sono completamente deserti, verranno inseriti frammenti di alghe, spugne, cnidari, uova e larve di pesci, molluschi e altri animali marini, scelti tra quelli che c’erano spontaneamente fino a vent’anni fa, quando ha accelerato il passo il processo di tropicalizzazione dell’Adriatico.

Una nuova comunità di piante
Gerwin Gretschel, uno dei fondatori della Meeresschule, ricorda la sua prima immersione polese del 1997: Valsaline era un’estesa prateria sommersa di Cymodocea nodosa e di alghe brune del genere Cystoseira che offrivano riparo, cibo e protezione a un’infinità di organismi marini per cui non era insolito un imbattersi in una colonia di cavallucci marini, banchi di pesce, stelle marine e un’infinità di altri organismi marini che nel giro di un mese o due, una ventina d’anni fa, sono spariti di scena senza più lasciare traccia. Non per puntare il dito, ma è noto che Valsaline accoglie lo scarico d’emergenza della rete fognaria urbana che, in caso di guasto alla vicina stazione di sollevamento dei liquami fognari porta l’eccesso dei liquidi in mare aperto, lontano dalle spiagge. La condotta sottomarina è lunga 500 metri, larga un metro e scende in mare a una profondità di 27 metri. Ebbene le “nursery” saranno sistemate ai suoi piedi e serviranno a creare una nuova comunità di piante di mare a cui è affidata la sopravvivenza dell’intero ecosistema.

Conservazione della biodiversità
La sterile distesa di cemento di Valsaline dovrebbe dunque risorgere a nuova vita. Ne hanno spiegato le tappe le biologhe marine dell’Acquario di Pola Milena Mičić, Karin Gobić, Žana Moslavac e Tamara Sović dell’Acquario di Pola, che ultimamente svolgono sempre più attività di ricerca e di conservazione della biodiversità oltre alle attività prettamente commerciali legate all’esposizione nella Fortezza di Verudella. Il docente della Facoltà di scienze del mare di Pola, Neven Iveša, ha spiegato il coinvolgimento dell’ente universitario: gli studenti di biologia marina seguiranno l’evoluzione dei vivai dal primo giorno del loro allestimento, per tutti gli anni che sarà necessario. In questo caso le lezioni di campo incontreranno l’esperimento in situ con risultati in tempo reale. Ma non basta ancora. I docenti, gli studenti e i dottorandi tedeschi che frequentano la “Meeresschule” di Valsaline svolgeranno monitoraggi a distanze temporali regolari per studiare la capacità del mare di rigenerarsi. Ancora. I pescatori di Pola aderiscono al progetto e vi rivestono anzi un ruolo di primissimo piano: saranno loro, infatti, a fornire la materia prima organica che darà vita alla baia di Valsaline. Quando nelle loro reti finiranno frammenti di piante e animali acquatici come le uova di calamaro, non finiranno più nella spazzatura ma saranno consegnate all’acquario in vasetti e contenitori in acqua di mare, e poi torneranno in mare, a Valsaline, affinché cominci un nuovo ciclo di vita. Il pescatore Emilio ricorda ancora la ricchezza dei banchi di calamari di trent’anni fa, quando “se ne pescavano a decine di chilogrammi a giornata, mentre ore non ce ne sono neanche a cercarli con la lente d’ingrandimento”. Ecco perché è importante salvare tutto ciò che di vivo entra per sbaglio nelle reti da pesca. In questo senso la collaborazione con i pescherecci è una condizione da cui non è possibile prescindere se si vuole che la campagna abbia successo.

Una campagna a lungo termine
Piuttosto, quando sarà possibile verificare il successo dell’iniziativa, parziale o totale che sia? Non c’è limite temporale che si possa fissare al progetto, non in questa sua fase iniziale. Stando a quanto asserisce Neven Iveša, si tratta di una campagna di ricerca che punta sul lungo termine, anche perché uno dei suoi aspetti fondamentali è la ricerca universitaria, che può durare anni. Poi c’è da mettere in chiaro che si tratta comunque di un esperimento e il metodo sperimentale segue una serie di passaggi dalla raccolta delle informazioni, all’osservazione, alla scelta dei parametri, alla formulazione delle ipotesi, alle verifiche ripetute, fino alla revisione della teoria eccetera. Inoltre non trattandosi di un esperimento in laboratorio, ma di uno in situ, ovvero in natura, non appena l’uomo mette mano in un ambiente naturale finisce per alterarne il corso, più spesso senza la facoltà di prevedere le conseguenze che di prevederle. Insomma, per avere i dati da interpretare, bisogna aspettare l’evoluzione della vita nelle nursery. Così se ne riparlerà da qui a qualche anno. Se Valsaline tornerà verde, azzurra e pullulante di vita, avremo un modello riuscito da ripetere in qualsiasi altra località di mare devastata dai cambiamenti climatici.

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