Stazione di Pola: binario morto

Impianti e infrastrutture risalgono all’Austria-Ungheria, i tre treni lungo la ferrovia si muovono a cinquanta all’ora facendosi strada a colpi di clacson tra la selvaggina e i trattori. Questa la realtà odierna con i vagoni che sono sempre più vuoti che pieni

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Stazione di Pola: binario morto

L’”essere o non essere” del traffico ferroviario istriano è giunto al capolinea: avanti non si va, indietro nemmeno. L’unica soluzione è considerare la fine come un dato di fatto. Il “trenino” istriano potrebbe avere i giorni contati. Dietro le quinte lo si dice apertamente, ma poi, davanti ai riflettori, tutti a farsi il segno della croce, toccare ferro, mostrare corna, fare lo sputo scaramantico. Eppure l’universo stesso sembra aver cospirato perché questo disgraziato treno finisse i suoi giorni nei depositi di ferrivecchi. Che sia difficile ammetterlo, questo è chiaro. Che l’evidenza dei fatti lo dimostra, è ugualmente chiaro.
La vetusta ferrovia istriana con una sola linea nord-sud che passa per le località economicamente più insignificanti della penisola, non sfiora la costa e non trova sbocchi verso Fiume o Trieste, ora come ora non ha motivo di esistere. Dovesse cambiare filosofia e diventare una linea ferroviaria escursionistica nel quadro di un prodotto turistico di più ampio respiro (che includa possibili itinerari di cicloturismo, trekking, scalate in montagna ecc), questo sarebbe un altro paio di maniche. In città c’è un gruppo di entusiasti tra ingegneri, architetti, urbanisti, storici e appassionati del passato imperial-monarchico (asburgico) di Pola che si sta adoperando seriamente proprio per popolarizzare l’idea di una tale miracolosa metamorfosi. Un giorno o l’altro bisognerà dare voce anche a questa proposta, ma fino ad allora occorre ascoltare che cosa hanno in mente le Ferrovie dello Stato.

I tempi passati

Oggi la stazione di Pola è realmente un binario morto nella grande rete ferroviaria europea. Impianti, strutture ed infrastrutture risalgono all’Austria-Ungheria, i tre treni (difficile chiamarli treni) si muovono a cinquanta all’ora facendosi strada a colpi di clacson tra la selvaggina e i trattori. Il viaggio da Pola a Pinguente dura due ore suonate, ma a Pinguente col treno non ci si arriva: l’ultima stazione “croata” del tragitto è immersa tra le colline e i boschi a sette chilometri dalle abitazioni a pochi metri dal confine di Stato con la Slovenia. Non c’è bisogno di ripeterlo, ma non guasta ricordarlo: questa ferrovia è stata costruita dall’imperialismo austriaco per dare un collegamento tra il centro (Vienna) e la periferia (il porto militare di Pola), trasportare merci e militari, servire un esercito, una flotta, un arsenale, fare la guerra e quindi gli interessi di una corte e di un progetto politico al tramonto. Il periodo jugoslavo l’ha incorporata nella sua rete ferroviaria federale facendo passare per Lubiana i treni diretti da Pola a Zagabria. Nel 1991 Lubiana ha tagliato i “ponti” tra l’Istria e Zagabria e… tutto il resto è storia. Senza un traforo ferroviario del Monte Maggiore e senza sbocchi in direzione di Fiume o Trieste, senza binari che consentano di sviluppare velocità più elevate, senza passeggeri, non c’è motivo di tenerla in vita.

Scolari, pendolari e vacanzieri

Tuttavia le località dell’entroterra istriano protestano: gli scolari di Pisino, Cerreto, San Pietro in Selve, Gimino, Canfanaro, Lupogliano e dintorni fanno ancora affidamento sulla ferrovia per recarsi a scuola, in palestra, agli allenamenti e alle partite di calcio. Anche il personale della stazione si rifiuta di accettare la sua fine. Il treno scolastico è sempre “pieno”, almeno due volte al giorno, affermano i ferrovieri. Per “pieno” s’intende un vagone con una trentina di passeggeri, o due vagoni con una quarantina di scolari a bordo. C’è anche il treno dei pendolari, altri due viaggi, altri due vagoni “pieni”. Poi ci sarebbero i vacanzieri che si fanno il giro turistico con la bici in spalla, in cerca di bei posti sconosciuti e di tranquillità silvestre o agreste. Ma anche questi vacanzieri si contano sulle dita di una mano. I tre “treni” in circolazione (vagone più vagone meno), sono sempre più vuoti che “pieni”. Ed ora è vuota anche la biglietteria, come si è visto bene in questi giorni: quando il bigliettaio è assente per malattia o per qualsiasi altro motivo che non è nostro interesse indagare, non c’è nessuno che gli dia il cambio. In questi casi si può acquistare il biglietto in treno, d’accordo, ma non si può rinnovare l’abbonamento. Insomma, il traffico ferroviario istriano, così come ci è stato lasciato in consegna dal passato, è giunto al capolinea. Si sostiene che le Ferrovie dello Stato starebbero ancora negoziando con la Regione per le sovvenzioni o qualcosa del genere. Anche questo è un modo come un altro per continuare a negare l’evidenza.

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