Villa Perugini. Un armonioso e riconoscibile gioco di luci

Le interpretazioni alternative del rinomato architetto

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Villa Perugini. Un armonioso e riconoscibile gioco di luci
La bella abitazione come si presenta oggi. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Del rinomato architetto Enea Perugini e delle sue opere pubbliche progettate e realizzate sul territorio quarnerino, abbiamo raccontato a iosa negli appuntamenti precedenti. Ciò che nella letteratura specialistica viene messo meno in evidenza è il suo lavoro relativo a quelle tese a scopi abitativi, generalmente commissionate da facoltosi cittadini del capoluogo quarnerino e dintorni. In tale senso, dallo scritto “Enea Perugini, Giulio Duimich e Yvone Clerici nell’architettura a Fiume tra le due guerre” di Jasna Rotim Malvić, scopriamo che la sua attività iniziò nel 1930, quando elaborò il primo progetto autonomo per un nuovo edificio, il villino Castelick (per Pietro Castelick, sito nel rione di Plasse – Scurigne, dietro alla casa di ricovero “Fratelli Branchetta”, oggi via Rudolf Tomšić) e si concluse nel 1940, con la costruzione della sua abitazione familiare a Volosca. Anche qui, come nei palazzi di carattere pubblico, è interessante notare che è possibile seguire cronologicamente il suo percorso evolutivo, dalle influenze di uno dei pionieri dell’architettura moderna, l’austriaco Adolf Loos (che conobbe a Vienna nel corso degli studi universitari) fino al razionalismo. Infatti, le forme semplici, gli spazi cubici, le facciate lisce, le ampie finestre, l’avancorpo delle scalinate, la frammentazione dei volumi e la massima luminosità degli interni, ottenuta con ampie finestre ad ante triple e quadruple, sono le caratteristiche principali e maggiormente riconoscibili delle composizioni di Perugini, ritrovabili nel succitato villino Castelick, in quelli progettati per Pietro Superina (non lontano dal Tempio Votivo di Cosala, in via Vjenceslav Novak) e per Attilio Damiani (in via Vladimir Nazor), come pure nelle case edificate per Maria Movton (in via Franjo Kresnik) e per Matilde Lenaz a Costabella (in via dell’Istria). Fanno eccezione il villino Pauletig (progettato per Enzo Pauletig, ubicato sulle pendici della collina di Cosala, in Viale Grossich, oggi Passeggiata Vladimir Nazor), il condominio Permutti in via Krešimir (pensato per Pia Permutti), la villa Finderle (progettata per il medico Vittorio Finderle, in via Abbazia) e la sua casa familiare, contrassegnata da modernissime soluzioni relative agli spazi, in cui emerge l’interpretazione letterale dei dettami dello stile razionalista.

Bella e possibile
Agli inizi del 1940, nel presentare all’amministrazione comunale di Abbazia la richiesta di edificazione della sua elegante dimora sulla particella catastale numero 160 a Volosca (in via Maresciallo Tito), Perugini s’impegnò a non fare uso di cemento armato nei piloni portanti, in quanto all’epoca vi era la tendenza all’uso di materiali tradizionali, quali la pietra e i mattoni. A luglio dello stesso anno l’Ufficio tecnico abbaziano gli rilasciò il certificato di abitabilità, alla condizione di rispettare le dimensioni stabilite nel progetto. Il villino fu costruito a metà strada tra Volosca e Abbazia, su una particella di forma oblunga, circondata da imponenti ville in stile storicista. La casa a un piano, non tanto grande per dimensioni, con una superficie abitativa inferiore ai duecento metri quadri rappresenta, sia per la disposizione degli interni che per la forma dei volumi, l’opera più armonica di Enea Perugini nel campo dell’architettura abitativa. Sul retro, rivolto verso la strada, spicca la vetrata verticale la quale, illuminando la scalinata interna, risulta avere sia valore funzionale che soddisfare il senso estetico. Le aperture delle finestre, dei balconi, della scala e della terrazza sono orientate sui prospetti orientale e meridionale, mentre anche sulla facciata occidentale la disposizione delle aperture è risolta liberamente, ma in una variante un po’ più tranquilla. L’asse più solido del retro è la sunnominata verticale di vetro, collocata in simmetria con quella che, nella parte rientrante del villino, è composta dalle finestre del pianoterra e del primo piano, interrotta dalla linea orizzontale dei balconi, a mo’ di corrispondenza al robusto equilibrio instaurato. La pianta del pianterreno e del primo piano, con il suo susseguirsi di quadrati in composizione diagonale, dalla differente distribuzione per ciò che concerne i due livelli (al primo la diagonale segue la direzione nordovest – sudest, al secondo quella opposta, da sudovest verso nordest) assomiglia a una vera e propria astrazione geometrica. A prescindere dagli elementi pittorici, la planimetria rivela il nuovo atteggiamento di Perugini rispetto allo spazio, spogliato dal noto raggruppamento degli interni in base alla loro funzione. Dall’ampio e quadrato atrio d’ingresso, nel quale prevale una scalinata libera che gli gira intorno da tre parti e termina sul balcone, si entra negli interni di maggiori o minori dimensioni, appoggiati ai suoi lati, ottimamente collegati tra loro. Altrettanto valida è la comunicazione tra gli stessi, che non si realizza soltanto tramite le ampie finestre, ma soprattutto attraverso la grande terrazza situata nella parte meridionale della casa, quella rivolta al mare il quale, con il sole, rappresenta il principale punto d’orientamento per la distribuzione degli spazi. Infatti, sia la sala da pranzo che le altre stanze sono bagnate dalla luce nel corso di tutta la giornata. Ancora oggidì il villino, il quale racchiude in nelle sue soluzioni architettoniche le idee, le visioni e le interpretazioni più alternative dell’estro di Enea Perugini, fa bella figura di sé.

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