Una vita da globetrotter della scienza

Dopo la laurea in Chimica a Trieste, Daniela si è trasferita a Glasgow, poi a San Diego, New York e Barcellona prima di tornare a casa dove oggi lavora al Dipartimento di Biotecnologia dell’Università di Fiume

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Una vita da globetrotter della scienza

Una ragazza dinamica, determinata e intraprendente che ama le sfide e non si ferma davanti agli ostacoli. E che a 34 anni ha già costruito un’invidiabile carriera nel settore della scienza e della ricerca. Stiamo parlando della giovane connazionale Daniela Kalafatović, da poco docente presso il Dipartimento di Biotecnologia dell’Università di Fiume. Terminata la Scuola media superiore italiana, Daniela si è iscritta alla Facoltà di Scienze chimiche e tecnologiche a Trieste, dove si è laureata. Per il dottorato ha scelto di volare a Glasgow, in Scozia, dove ha trascorso quattro anni.

Com’è stata la tua esperienza a Glasgow?

“È stata un’esperienza davvero fantastica che mi ha dato tanto. Devo dire però che all’inizio è stata dura. Ho dovuto abituarmi alle pessime condizioni meteo, costantemente al buio senza vedere la luce del sole e a una montagna di regole, tutte da rispettare rigorosamente. Non ero abituata a questo genere di regime e nemmeno alla freddezza emotiva della gente locale. Per il dottorato avevo scelto il Dipartimento di Chimica dell’Università di Strathclyde, un Ateneo dall’ampio respiro internazionale dove ho conosciuto e lavorato assieme a giovani provenienti da tutto il mondo. Glasgow è una città universitaria nel vero senso della parola. Ci sono diversi Atenei e Istituti di ricerca. Ma soprattutto i finanziamenti sono davvero cospicui per la scienza ed è davvero un piacere lavorare in un ambiente di questo tipo. Qui ho lavorato nel campo delle nanotecnologie, e più precisamente con i peptidi. Ho usato gli enzimi come stimolo, ottenendo peraltro ottimi risultati in vitro. Il mio intento era cercare di sviluppare una terapia contro i tumori”.

La tua permanenza all’estero non è però finita qui.

“No, successivamente sono stata per un mese a San Diego, in California, e poi mi è stata offerta una borsa studio di post-doc a New York. Non ci ho pensato due volte. Mi piace tanto conoscere gente nuova, culture diverse e la Grande Mela è il luogo ideale. Sono entrata nell’Advanced Science Research Center, che fa parte della City University di New York. Si trattava di un centro nuovo e bisognava partire da zero, iniziando dalla formazione di un laboratorio, di un’équipe di ricercatori e, soprattutto, di progetti da preparare. Ho trascorso lì un anno e devo ammettere che è stata un’esperienza utilissima. Avrei potuto prolungare la mia permanenza, ma era un impegno alquanto dispendioso e quindi ho preferito candidare un mio progetto a un bando di concorso indetto dall’Università di Barcellona. Sono stata presa, trascorrendo un bellissimo periodo nell’Istituto di ricerca biomedica. Il mio progetto era sostanzialmente un ponte tra la chimica e la biologia dove collaboravo con due laboratori contemporaneamente”.

In che cosa consisteva il progetto?

“Si trattava di una ricerca sul tumore alla mammella e su una relativa cura a base di peptidi. La ricerca è tuttora in corso, la stanno portando avanti i miei colleghi con buoni risultati. Il mio contratto a Barcellona era per un periodo di due anni ed è scaduto, ma sono comunque rimasta in contatto con i ricercatori”.

Da Barcellona sei poi tornata a Fiume. Come mai?

“Dopo tanto girovagare avevo un po’ di nostalgia di casa e di serenità. Poi è stato il prof. Saša Zelenika ad aiutarmi a tornare in Croazia e superare gli ostacoli burocratici incontrati durante il processo. Nel frattempo ho presentato un progetto al bando di concorso indetto dalla Fondazione nazionale per la scienza, che potrebbe aiutarmi a finanziare la ricerca che svolgerò all’Università di Fiume. Al Dipartimento di Biotecnologia guiderò il laboratorio di chimica dei peptidi. Peraltro sono l’unica a Fiume che si occupa di questa branca della scienza. Il progetto si chiama Dišpet, che sarebbe l’acronimo di design dei peptidi catalitici attivi. Se dovesse essere scelto, verrebbe finanziato con due milioni di kune e quindi sarebbe possibile aprire un laboratorio e portare questa tecnologia a Fiume. Inoltre, a ottobre inizierò anche a insegnare nel Dipartimento di biotecnologia.
Mi piacciono le sfide e questo lavoro nel Dipartimento di Biotecnologia lo è certamente. Vi lavorano persone molto capaci, con tanta voglia di fare, un bellissimo gruppo innamorato della ricerca. Il problema semmai è la mancanza di finanziamenti, lo Stato stanzia ancora troppo poco per la ricerca e più in generale per la scienza. Per questo motivo nemmeno l’Università di Fiume cresce come potrebbe e dovrebbe. La scienza e la ricerca sono alla base dello sviluppo di un Paese e bisognerebbe investire di più e mi auguro che ciò accada quanto prima. A Barcellona un professore mi aveva rivelato che una ventina d’anni fa in Spagna i finanziamenti erano scarsi, poi gradualmente sono cresciuti e oggi, a parte lo Stato, anche la Città assicura i mezzi per finanziare la ricerca. Lo stesso discorso vale anche per la Gran Bretagna e per gli Stati Uniti. Io rimango comunque fiduciosa e sono convinta che magari tra una decina d’anni anche in Croazia s’inizierà a ragionare in maniera diversa e che le nostre Università potranno finalmente competere con quelle europee”.

Che piani hai per il futuro?

“Mi piacerebbe ottenere qualche progetto, possibilmente europeo, su cui lavorare per portare la ricerca a livelli più alti. Anche quello sui peptidi con attività catalitica potrebbe essere molto interessante e stimolante perché potrebbe favorire scoperte importanti. Per me è un nuovo inizio e spero sia proficuo.”

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