Marko Žunić: «Amo creare valori aggiunti»

A tutto tondo col console onorario della Repubblica di Corea a Fiume, in seguito alla recente apertura dell’ufficio consolare per le Regioni litoraneo-montana e istriana

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Marko Žunić: «Amo creare valori aggiunti»
Hong Sung-wook e Marko Žunić. Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Il 30 ottobre scorso a Palazzo municipale si è svolta la cerimonia solenne in occasione dell’inaugurazione del Consolato onorario della Repubblica di Corea a Fiume, con giurisdizione per le Regioni litoraneo-montana e istriana. L’ambasciatore coreano in Croazia, Hong Sung-wook e il console onorario a Fiume, Marko Žunić, hanno simbolicamente svelato insieme la targa consolare, sancendo così la sua apertura ufficiale. Quest’ultimo, oltre alla nuova funzione diplomatica, da ormai una ventina d’anni ne ricopre brillantemente altre due relative al mondo dello sport e del diritto. Il suo curriculum professionale, infatti, è costellato da importanti ruoli e successi in qualità di responsabile negli ambiti dello sport universitario (due mandati nelle veci di membro del Comitato Esecutivo della Federazione internazionale degli sport universitari (FISU), già segretario generale dei Giochi Universitari Accademici europei Zagabria-Fiume, vicepresidente della Commissione tecnica e membro della Commissione legale europea dell’Associazione Sportiva Universitaria Europea (EUSA), membro del Comitato Esecutivo dell’Associazione accademica sportiva croata, direttore generale di svariati campionati europei e altro) e di avvocato a capo di uno studio legale. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare delle impressioni in merito alla nuova importante sfida, ma anche dei suoi altri mondi, di Fiume, delle sue passioni.

“Mi trovo molto bene nel ruolo di console onorario”, ha esordito con entusiasmo, spiegando che “generalmente parlando, amo creare valori aggiunti per cui, a parte la soddisfazione personale, la nuova posizione, aprendomi molte porte, mi permette di farlo. In effetti, mi piace pensare di poter rappresentare uno strumento tramite cui mettere in moto una serie di scambi e, sulla scia di ciò, il Consolato mira a diventare una piattaforma tesa a ottimizzare le relazioni tra la Corea e Fiume. Per ciò che riguarda il nostro Paese, lo stesso funziona in modo che il primo diplomatico dev’essere di nazionalità croata e fare le veci di rappresentante della Corea. L’ufficio è sito negli spazi del mio studio legale, in via Strossmayer, presso il quale operano, tra avvocati e praticanti, altri cinque miei colleghi”.

Immagino sia una carica affascinante e di grande responsabilità. In che cosa consiste?
“La mia funzione è in primis aiutare i cittadini coreani in Croazia. Come rilevato al momento dell’insediamento, il mio lavoro sarà focalizzato su due punti fondamentali: il ripristino della linea aerea diretta tra la Croazia e la Corea (esistente fino al 2019) e l’instaurazione di rapporti di collaborazione tra la città di Fiume e quella sudcoreana di Busan, finalizzata a rafforzare l’amicizia e la cooperazione reciproca in svariati settori. Riguardo al primo, è importante segnalare che prima del Covid arrivavano annualmente nel nostro Paese fino a 400mila turisti e lo stesso rientrava nella lista delle 10 destinazioni più visitate. Durante la pandemia, essendo stato abolito il volo diretto Seul – Zagabria, tale flusso si era affievolito ma, a partire da maggio, verrà riattivato dalla compagnia aerea T’way Air e fino a novembre viaggerà tre volte alla settimana. In merito al secondo obiettivo, stiamo lavorando sul Protocollo d’intesa, il quale rappresenta il primo passo verso l’instaurazione del gemellaggio tra Fiume e Busan. Se tutto si svolgerà secondo le previsioni, lo stesso dovrebbe venir siglato entro l’estate di quest’anno. Entrambi sono tesi all’avvio di collaborazioni di natura culturale, sportiva e turistica, dalle quali sviluppare anche quelle professionali, che comportano interessi economici e che attireranno chi di dovere. Infatti, in tale contesto mi preme che la Corea non ci viva soltanto quale destinazione turistica, bensì ci identifichi quale ingresso nell’Unione europea. In tale senso mi prodigherò con forza affinché riconosca la Croazia e, nello specifico Fiume e l’istria, quale porta d’entrata delle loro aziende e dei loro affari nella stessa. Ovviamente, bisogna lavorarci su e non si tratterà di un processo breve, che si risolverà nel corso di un anno o di un mandato. Considerate le 11 ore di volo che dividono i due Paesi probabilmente qualcuno sarà un pochino scettico e non mi sento di contraddirlo del tutto, ma a nostro favore gioca il fatto che, quando decideranno di venire in Croazia, lo faranno per realizzare progetti di grande portata, che si dimostrerano utili sia alla Corea che alla Croazia e, come già accennato, a Fiume e all’Istria”.

Ha sentore dell’interesse dalla parte coreana?
“Certo e lo hanno dimostrato chiaramente lo scorso ottobre a Zagabria quando, alla presenza dei premier dei due Paesi, rispettivamente Andrej Plenković e Han Duck-soo, il direttore dell’Autorità portuale di Fiume, Denis Vukorepa e il presidente di quella di Busan, Kang Joon-suk, hanno firmato l’Accordo di collaborazione. Lo stesso è finalizzato ad assicurare le condizioni necessarie alla realizzazione di progetti comuni relativi ai due organismi, mirati alla facilitazione del traffico marittimo tra i due porti e alla promozione di quello fiumano nell’ambito della principale direttrice logistica dell’Adriatico settentrionale per ciò che concerne gli interscambi commerciali via mare tra la Repubblica di Corea e l’Europa. Tra l’altro, penso che il nostro territorio, in quanto punto d’incontro delle culture ungherese, italiana, austriaca, croata, slava, possa essere particolarmente interessante e ritengo debba continuare a svilupparsi in tale direzione, nonché diventare un porto che assorbe il buono e il bello di ognuna”.

Lei, quindi, crede nelle potenzialità di Fiume?
“Ci credo fermamente. Per tutto il suo passato storico-culturale, Fiume è sempre stata e sempre sarà diversa dalle altre città. Non per caso qui sono nate le migliori cucine, ottime aziende e tanto altro. Noi fiumani spesso non ce ne rendiamo conto, ma quando si afferma che il capoluogo quarnerino sia specifico, tollerante, liberale in effetti corrisponde al vero. Qui le persone hanno la libertà di avere ed esprimere con tranquillità opinioni e riflessioni differenti, il che è fantastico. Non vorrei vivere in un mondo in cui tutti la pensiamo allo stesso modo e non è permesso coltivare il pensiero critico”.

Porta avanti con successo altre due carriere, quella di avvocato e quella relativa al mondo dello sport. Com’è iniziata quest’ultima?
“Ai tempi universitari ho incominciato a organizzare le gare studentesche sportive inerenti all’Ateneo fiumano e, negli anni, da semplice hobby è diventato un vero e proprio lavoro. In seguito, infatti, me ne sono occupato a livello nazionale, nonché recentemente a Ginevra sono stato eletto per un secondo mandato membro del Comitato Esecutivo della Federazione internazionale degli sport universitari (FISU) per il periodo 2023-2027. In tale contesto ho l’onore di essere il primo cittadino croato della storia ad avere assunto tale ruolo. Lo sport studentesco possiede una nota importante in quanto ricco di valori positivi che piacciono a me, atti a promuovere l’aggregazione, l’inclusione e stili di vita attivi e sani. Non vi abitano la violenza, l’odio, il disprezzo e, al contrario, viene praticato da studenti di tutto il mondo che non soltanto dimenticano le loro diversità culturali, bensì le utilizzano per unire. Non si tratta di sport a livello professionale, non comporta compensi materiali, ma vanta un carattere sociale, culturale, accademico e umano che avvicina i giovani, il che a mio avviso è la vera essenza dello stesso. Ultimamente, facendo un po’ di calcoli, mi sono reso conto che sguazzo in questo mondo ormai da una ventina d’anni e devo dire che mi carica e mi rende veramente felice. L’avvocatura riempie la mia sfera intellettuale, mentre lo sport quella energetica”.

Se ne deduce che lo sport le ha dato tanto?
“Mi ha dato e continua a darmi tantissimo. Grazie ad esso è nata la collaborazione con la Corea, ho conosciuto una marea di persone, ho viaggiato. Se lo si utilizza nel modo giusto, questo mondo può aprire orizzonti incredibili. In tale contesto, siccome ha la forte capacità di connettere le persone, mi piacerebbe che nei territori balcanici cominciasse a venire utilizzato come mezzo di pace. Come in tutti gli altri campi, ciò che fa la differenza è sempre la gente. Anche parlando in termini di rapporti diplomatici, a rappresentare il Consolato non è l’edificio in sé, bensì chi ci lavora, il modo in cui si accolgono gli ospiti, la gentilezza e il sorriso nella comunicazione interpersonale. La stessa cosa vale per Fiume, per i suoi palazzi o per gli altri luoghi. Ciò che ci rimane dentro sono sempre le persone”.

Nel 2011 è stato ambasciatore e coordinatore dell’Iniziativa europea antidoping in seno all’Associazione Sportiva Universitaria Europea (EUSA), mirata all’incoraggiamento della formazione preventiva antidoping nel settore giovanile. In tale contesto, nella dimensione dello sport universitario si fa abuso di sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti?
“La tematica relativa al doping negli ambienti sportivi è molto ampia. Per fortuna, nello sport universitario si riscontra raramente questo tipo di problematica ma, nonostante ciò, è necessario promuovere l’antidoping sia a livello professionale che amatoriale. In effetti, ritengo siano da considerare due estremità: una riguarda il sanzionamento della pratica e l’altra l’importanza di radicare nei bambini sin da piccini la consapevolezza che, in effetti, si tratta di un imbroglio. Probabilmente non si riuscirà mai a estirpare né il doping né l’inganno, ma si possono creare dei meccanismi atti a convincere sui lati svantaggiosi degli stessi”.

Le succede di stancarsi nel continuo eqilibrare tutte le attività?
“Oltre a quelle sunnominate, in qualità di collaboratore esterno insegno management sportivo presso la Facoltà di management sportivo di Podgorica, nel Montenegro e, fino a qualche tempo fa, ero titolare del Corso di Diritto delle Società alla Facoltà di Economia di Zagabria. A dire il vero, ogni tanto vado in burnout quale conseguenza dello stress lavoro correlato, ma mi aiuta il fare spesso lo switch dalla sfera professionale a quela sportiva o diplomatica e viceversa, quando una parte del corpo si riposa mentre l’altra è attiva. In effetti, ho realizzato che il lavoro creativo inerente ai vari campi, piuttosto che stancarmi mi rilassa”.

Dalle sue parole si deduce lei sia una persona molto tranquilla, equilibrata, propensa ai compromessi. È così?
“Fondamentalmente sì. Raramente mi altero o mi arrabbio e sono sempre di buon umore. La mattina mi sveglio con il sorriso e sono dell’idea che essere di cattivo umore non porti a nulla. Sono d’accordissimo con una mia amica la quale dice spesso che se pronuciamo in automatico le parole ‘prego’, ‘grazie’ e ‘scusa’, allora va bene. La gentilezza apre tantissime porte e quando non lo fa il problema è nell’altro, non in noi. Talvolta si affrontano giornate difficili e non è semplice ma, per quanto mi riguarda, cerco sempre di pensare in modo positivo. Non mi piacciono i termini ‘colpevolezza’ e ‘male’, ma mi prodigo sempre ad analizzare come fare meglio la prossima volta. In tale senso mi trovo d’accordo con l’idea che gli errori, non le vittorie (grazie alle quali aumenta la nostra autostima), aiutano a crescere”.

Coltiva qualche hobby?
“Scarico lo stress praticando alcuni sport, quali il nuoto, la corsa, lo streetgym. Inoltre, mi piace molto viaggiare, una passione che ho ereditato da mia madre e nella quale vale sempre la pena investire. Se al rientro da un viaggio abbiamo raccolto soltanto il tre percento di una cultura, significa che siamo già una persona migliore, dalla mente più aperta”.

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