Il «3. maj» a un passo dal baratro

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Il «3. maj» a un passo dal baratro

“La situazione è di giorno in giorno sempre più drammatica e temo che si sia arrivati ormai a un punto di non ritorno”. Questo il grido d’allarme lanciato ieri dal presidente del Consiglio economico-sociale della Regione litoraneo-montana (GSV), Damir Bačinović, nel corso dell’incontro con i rappresentanti della Regione, del Sindacato e del Consiglio dei lavoratori del cantiere “3. maj”, durante la quale sono state tracciate le linee guida da presentare alla riunione congiunta tra il Consiglio cittadino e l’Assemblea regionale, in programma il prossimo 28 giugno e organizzata per pianificare le mosse in merito al salvataggio dello stabilimento di Cantrida.

“Ogni giorno la situazione si fa sempre più critica, emergono nuovi problemi, gli stipendi ritardano, la produzione è ferma e i debiti verso i fornitori sono enormi – ha spiegato Bačinović –. Non permetteremo che una realtà come il “3. maj” chiuda per colpa della negligenza del suo proprietario (il gruppo Uljanik, ndr) e dello Stato, che non ha mai voluto monitorare la situazione finanziaria malgrado le denunce dei Sindacati.

La complicità dello Stato

All’incontro erano presenti anche i presidenti del Consiglio cittadino e dell’Assemblea regionale, rispettivamente Andrej Poropat ed Erik Fabijanić, i quali hanno fatto sapere che l’unica soluzione per salvate il cantiere è un intervento da parte del governo.
“Il principale responsabile di questa situazione è l’Uljanik, che non ha rispettato gli accordi presi nel momento in cui ha rilevato il “3. maj” – ha detto Fabijanić –. Il gruppo polese deve ora farsi da parte e rispondere penalmente per ciò che ha fatto, mentre lo Stato, che per anni ha guardato inerme i soldi che se ne andavano da Fiume, ha ora la responsabilità di sanare la grave negligenza commessa”.
Ad aggravare la già difficile situazione c’è poi il prestito di 523 milioni di kune che il cantiere fiumano aveva concesso al suo proprietario. Il termine ultimo per la sua restituzione scadrà il prossimo 30 giugno, ma la sensazione è che quei soldi difficilmente torneranno indietro, o per lo meno non nell’immediato, come ha spiegato il rappresentante dei lavoratori nel Consiglio di sorveglianza, Juraj Šoljić.

Un buco da 850 milioni di kune

“Dalle informazioni di cui disponiamo ciò non avverrà. Inoltre, i debiti nei confronti dei fornitori sono molto elevati e finché non verranno saldati la produzione rimarrà ferma e non avremo nuove commissioni, oltre a non essere più in grado di erogare gli stipendi ai dipendenti. Tra il 2014 e il 2016 sarebbero dovuti arrivare sul conto del cantiere fiumano 313 milioni di kune relativi alla costruzione di quattro navi per alcuni armatori croati. Tuttavia, per motivi inspiegabili, il proprietario aveva deciso di rinunciare a questa commessa. Complessivamente stiamo dunque parlando di quasi 850 milioni di kune che ci spettano di diritto, ma che per un motivo o per l’altro non rientreranno nelle nostre casse”.

Fincantieri si allontana

Se fino a qualche settimana fa sembrava certo il subentro da parte del colosso triestino Fincantieri, ora quest’ipotesi sembra allontanarsi sempre di più.
“È chiaro che in queste condizioni nessuno si farà avanti. Con 850 milioni in cassa la situazione sarebbe ben diversa e certamente le offerte di acquisizione non mancherebbero, siano esse di Fincantieri o di un’altra cordata” – ha concluso Šoljić.
Al termine della riunione i rappresentanti dei lavoratori hanno annunciato che se gli appelli rivolti a Zagabria non dovessero venire ascoltati, verrà organizzata una grande manifestazione di protesta perché, spiegano, in ballo ci sono migliaia di posti di lavoro e non è possibile permettere che la cantieristica, ovvero il primo esportatore del Paese, rischi mestamente di chiudere i battenti.

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