Fiume e la sua aria di caffè

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Fiume e la sua aria di caffè
Il Caffè Marittimo (in una foto d’epoca) operava nei vani al pianterreno del Palazzo di Radio Fiume. Foto: LOKALPATRIOTI

Cosa c’è di meglio di un buon caffè per rilassarsi, per pensare, accompagnare una lettura o ritrovarsi con gli amici? Questa scura bevanda, infatti, oltreché accarezzare i sensi, è un ottimo rimedio contro la noia, lo stress e la stanchezza, un vero e proprio rito e tradizione, uno spazio di socializzazione e scambi culturali dati, una volta, dalla frequentazione di filosofi, letterati e politici. A Fiume (sulla scia di Trieste, dell’ambito mitteleuropeo e ancor prima di Venezia), la sua importanza ha radici profonde e l’attaccamento dei fiumani al caffè è frutto di una passione risalente al lontano 1715.

L’edificio in Corso, come si presenta oggi.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Molto probabilmente il caffè arrivò nel capoluogo quarnerino sull’esempio di quelli veneziani e viennesi. Infatti, già nel 1719 l’imperatore asburgico Carlo VI, comprendendo la vasta importanza delle visionarie riflessioni del giurista olandese Hugo Grottius sul “mare liberum”, ovvero su un mare aperto alla navigazione a navi di tutte le nazioni, il 18 marzo 1719 dichiarò Fiume e Trieste porti franchi, il che significava anche che la consegna delle merci coloniali poteva essere effettuata senza intervento veneziano. A detta dello storico Saša Dmitrović (in “Caffè e caffetterie”), la prima caffetteria a Fiume fu aperta addirittura quattro anni prima, nel 1715, da Tommaso Bianchi e Florio Maruloni, coloni della provincia svizzera dei Grigioni, ragione per cui, fino al 1945, l’odierna via Petar Zoranić, in Cittavecchia, si chiamava Calle dei Grigioni. Si trovava nella casa denominata Domus Aurea, adiacente al vecchio edificio della municipalità, all’incrocio tra Via Canapini (Užarska), piazza Kobler (Koblerov trg) e Via Ca’ d’oro (Medulićeva). Da fonti ufficiose, inoltre, si viene a sapere che la stessa rimase aperta fino agli anni ‘80 del XX secolo, quando venne trasferita poco lontano, nel palazzo Diminich, ubicato anch’esso in piazza Kobler.
Nella sua “Storia della liburnica città di Fiume” del 1896, Giovanni Kobler scrive che, considerando il successo di questo tipo di locali, nel 1779, il Consiglio cittadino decise di aprire nell’atrio del “Palazzo comunale fiumano” (edificio oggidì sito sul lato nord di piazza Kobler) un Casinò patrizio, nel quale, sul modello della famosissima caffetteria londinese “Edward Lloyd’s coffe house” si riunivano commercianti, viandanti e mercanti d’ogni genere, provenienti da ogni dove. Nello scrittoio storico riporta pure che, nel 1784, a Fiume l’importazione di caffè era al terzo posto e arrecava ingenti guadagni, pari a 67.000 fiorini, ovvero il 7,7 p.c. del valore totale delle merci giunte nel suo porto. Nel 1787 la città vantava 6 caffetterie mentre, nel 1794, a detta del conte e letterato ungherese Dominik Teleki von Szek, ce n’erano 7, le quali rappresentavano il centro della vita sociale. Seguendo il costume mitteleuropeo, gli avventori dei caffè fiumani vi s’intrattenevano a leggere i giornali, un’ampia selezione di testate e pubblicazioni provenienti da tutto il mondo, oltre alla stampa ungherese, i giornali locali “La Bilancia”, “La Voce del popolo” e il “Novi list” di Frano Supilo. Ben presto, piazza Adamich, centro pulsante di Fiume, si contornò da caffè eleganti e cosmopoliti, come il noto Caffè Schenk (poi Caffé Degli Specchi), che s’apriva in prossimità dell’omonimo molo, piazza Elisabetta esibiva i tendoni a copertura del Caffè Adria, mentre il frequentatissimo Caffè Boukonig estendeva i suoi tavolini lungo il Giardino Francesco Giuseppe. Luoghi d’incontro e di confronto sociale e culturale, i caffè fiumani contribuirono non poco alla vita imprenditoriale e intellettuale della città, multietnica e plurilingue, differenziandosi in base alla clientela. Così, lungo il Corso, nei vani dell’ex Sala di lettura, ebbe sede il Caffè Marittimo (prima ristorante Al tirolese), ritrovo di armatori e capitani, mentre i frequentatori del Caffè Europa, sul lato opposto della via, s’abbandonavano in appassionate discussioni politiche.

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