UI nella FUEN: un’occasione di crescita

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UI nella FUEN: un’occasione di crescita

L’adesione dell’Unione Italiana all’Unione federale delle nazionalità europee (FUEN-Federal Union of european nationalities) darà all’associazione unitaria apicale degli italiani in Croazia e Slovenia l’opportunità di tessere relazioni e contatti fondamentali. L’UI potrà relazionarsi e confrontarsi con realtà analoghe e complementari, ma allo stesso tempo diverse da quelle alle quali è abituata la Comunità Nazionale Italiana. A spiegarlo sono stati il presidente dell’Unione Italiana, Maurizio Tremul, e il vicepresidente della Giunta esecutiva dell’UI, Marko Gregorič, che sabato scorso, a Trieste, durante il 65º Congresso della FUEN, hanno promosso la candidatura e ottenuto l’accoglimento dell’UI nella principale e più grande organizzazione di riferimento delle minoranze linguistiche e nazionali nonché dei gruppi linguistici autoctoni a livello continentale. Il primo a complimentarsi con l’UI per l’adesione alla FUEN – nella cui dirigenza siede tra gli altri Vladimir Ham (vicepresidente FUEN), vicepresidente del Consiglio per le minoranze nazionali della Repubblica di Croazia –, è stato a nome della Comunità croata in Molise, Antonio Sammartino, presidente della Fondazione Agostina Piccoli.

Migliori pratiche

“Abbiamo sempre visto nella dimensione europea un luogo in cui collocare e far crescere la CNI e l’UI. Per questo, ad esempio, abbiamo iniziato per primi, 20 anni fa, a lavorare sui progetti europei”, ha sottolineato Tremul, illustrando le ragioni che hanno spinto l’UI ad aderire alla FUEN. “Un’intuizione – ha proseguito – che ci ha attirato addosso l’ira funesta e talvolta pure gli insulti di tante malelingue. Col senno di poi è evidente che la nostra è stata una strada vincente, che anche altri stanno seguendo. E ne siamo lieti”.
“Abbiamo perseguito già qualche anno fa l’idea di una collaborazione più stretta con le minoranze dell’area di riferimento nostra, quindi Croazia, Slovenia e Italia. Il FUEN ci è sembrato l’opportunità migliore per poter relazionarci alle altre minoranze d’Europa”, ha osservato Tremul, ricordando il coinvolgimento dell’UI alla raccolta delle sottoscrizioni nell’ambito dell’iniziativa “Minority SafePack – un milione di firme per la diversità in Europa”. Dal punto di vista di Tremul, insomma, la FUEN rappresenta un forum “nel quale poter scambiare opinioni, informazioni, best practice, proposte e suggerimenti. Per conoscere le realtà delle altre minoranze in Europa e far conoscere la nostra. Ma anche per stabilire relazioni con europarlamentari, piuttosto che con altre realtà statali”.

Partecipazione sentita

“Quello che mi ha colpito piacevolmente – ancora Tremul – è stata la grande motivazione dei delegati, soprattutto dell’Assemblea di sabato, che hanno partecipato in maniera molto attiva alla discussione, proponendo riflessioni ed emendamenti, pur avendo davanti un lavoro svolto a monte molto ben preparato. Però, ecco, c’è questa partecipazione sentita. I delegati che vengono all’Assemblea vogliono dare il loro contributo d’idee, di propositi alle decisioni che vengono prese. Tutto nell’ambito di un confronto molto democratico, molto responsabile, in cui si confrontano idee diverse, con uno spirito veramente democratico”.

Democrazia digitale

“Mi ha, ma credo di poter parlare anche a nome di Marko Gregorič, colpito molto positivamente il sistema di presentazione di voto che certamente vorremo proporre di replicare anche alle nostre assemblee”, ha osservato il presidente dell’UI. “Quella di Trieste è stata un’assemblea alla quale una parte dei delegati FUEN ha partecipato in presenza e un’altra da remoto usufruendo di collegamenti on line. I materiali erano man mano presentati su dei grandi display. Sugli schermi veniva proiettato esattamente il quesito che veniva posto in votazione tradotto in varie lingue, con i delegati, sia quelli in sala che quelli collegati telematicamente, che si esprimevano con il meccanismo del voto elettronico”, ha raccontato Tremul. “Un modello – ha sottolineato il presidente dell’UI – che anche noi potremmo adottare in sede di Assemblea. Un progetto, questo, del quale io e Marko Gregorič ci faremo portatori. Quando ho detto che voglio una CNI e un’UI digitale pensavo anche a questo genere di cose”.
In conclusione Tremul ha rilevato di essere lieto dell’accoglimento dell’UI nella FUEN. “Avvenuto con una maggioranza molto elevato. Hanno votato a favore della nostra adesione oltre il 95 p.c. dei delegati. Non ci sono stati astenuti e meno del 5 p.c. degli votanti si è espresso contro il nostro ingresso. Mi sembra un bel risultato. È stata accolta la nostra specificità, quella di un’unica organizzazione che rappresenta una comunità minoritaria in due Paesi, una realtà particolare. Mi sembra che anche questo sia un risultato molto, molto importante”, ha affermato Tremul.

Patrimonio linguistico

Soddisfazione per il risultato conseguito è stato espressa pure dal vicepresidente della Giunta esecutiva dell’UI. Gregorič che ci ha detto di aver trovato formativo l’aver potuto ascoltare nel corso del Congresso della FUEN – svoltosi dal 9 al 12 settembre scorsi al Savoia Excelsior Palace Hotel di Trieste –, testimonianze provenienti da realtà diverse a quelle alle quali è abituata la CNI. “Questi incontri sono importanti perché ci danno la consapevolezza che se da un canto esistono realtà e situazioni molto più forti rispetto alla nostra, dall’altro sono molto più numerose le comunità che sono ben lontane dai livelli di tutela che abbiamo ottenuto e dei quali godiamo noi”, ha affermato Gregorič, riferendosi ad esempio alla promozione del patrimonio linguistico della CNI, ovvero alla tutela dell’istroveneto, inserito da poco nel Registro dei beni immateriali della Repubblica di Slovenia. Puntualizzando che ora è fondamentale proseguire il lavoro per bissare tale obiettivo pure in Croazia e magari far ottenere un grado di tutela analogo anche al dialetto istrioto, Gregorič ha osservato come nel corso del Congresso FUEN è stato rilevato a più riprese come in Europa settentrionale e occidentale si è giunti al punto di dover agire realizzando progetti tesi al recupero di lingue e dialetti scomparsi. “Si stanno investendo grandi risorse ed energie per recuperare idiomi morti. Per fortuna noi non siamo arrivati a questo punto”, ha terminato Gregorič, sollecitando a non commettere l’errore di dare per scontate le conquiste per le quali la CNI ha dovuto lottare.

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