Milo Manara: «Sono contrario a qualsiasi tipo di censura»

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Milo Manara: «Sono contrario a qualsiasi tipo di censura»
Milo Manara disegna dal vivo alla Fiera del libro. Foto Giuliano Libanore

Il weekend da ospite d’eccezione della 29.esima edizione della Fiera del Libro ha riservato diversi appuntamenti al noto fumettista italiano Milo Manara. Uno di questi è nato un po’ per caso. Milo Manara ha deciso di omaggiare la Fiera facendo un disegno “in diretta” che, ovviamente, ha attirato molti curiosi che armati di macchine fotografiche e smartphone hanno voluto immortalare un momento storico della Rassegna. Pennarelli in mano ha disegnato un volto di donna, un gabbiano in volo, le nuvole e il mare. Il tutto con la firma in calce. Davvero un bel regalo sia per i visitatori della Fiera che per la Fiera stessa. Subito dopo Milo Manara ha incontrato i giornalisti per parlare di diversi temi, da come è cambiato il mondo fumetto, dal futuro di questo tipo di arte, del politicamente corretto e delle collaborazioni con Hugo Pratt e Federico Fellini.

Il fumetto che cambia

“Sono testimone diretto degli ultimi 50 anni del fumetto e sì, è cambiato molto. Forse non tanto il fumetto in sé stesso, quanto la percezione del fumetto ovvero il suo riconoscimento culturale. È cambiato anche come contenuti perché per esempio in Italia ora i fumetti sono molto più indirizzati verso le problematiche sociali, verso i rapporti interpersonali, quelli tra genitori-figli oppure tra gli adolescenti o verso l’accettazione delle differenze. Si occupano specialmente di questi momenti. In Francia invece resiste ancora il fumetto d’avventura che ha ancora un suo spazio.

In Italia un tempo il fumetto era pressoché… chiuso, c’erano grandissimi autori che però erano costretti a vivere tra di loro e solo tra di loro riconoscevano il proprio valore culturale. Al di fuori del loro cerchio, facevano storielle per bambini e per ragazzi. Va detto pure che recentemente è in atto un altro cambiamento: le nostre società stanno diventando sempre più multietniche e multireligiose per cui anche il fumetto ovvero gli autori devono essere molto attenti a non urtare la sensibilità di questo o quell’altro gruppo. C’è una specie di autocensura o forse meglio dire autolimitazione. Un termine adatto potrebbe essere il politicamente corretto”.

Il politicamente corretto

A Manara è stato chiesto quanto il politicamente corretto influisca sui fumetti. “Il politicamente corretto non credo influisca direttamente sul disegno, quanto sui testi e sugli argomenti che qualcuno sceglie di affrontare. Sono stato molto amico del disegnatore francese, Georges Wolinski, che è stato uno dei massacrati nella strage di Charlie Hebdo del 2015. Li si è arrivato a degli estremi, a uccisioni. Questa è una forma di censura definitiva. Io sono d’accordissimo di limitare la presa in giro dell’omosessualità e di altre forme di scelte sessuali. Anche se possiamo non condividerle nessuno ci dà il diritto di attaccarle. Cosa che accadeva puntualmente negli anni Settante e Ottanta nelle commedie all’italiana con gli omosessuali. Lo trovavo stucchevole e malinconico. Contemporaneamente sono contrario a qualsiasi tipo di censura. Sono per la massima libertà, poi sarà il lettore a giudicare i vari autori. Sono contrario alla limitazione delle libertà perché trovo insopportabile che ci sia qualcuno che decida quello che io posso vedere o posso leggere oppure quello che io non posso vedere o non posso leggere. Lasciamo che tutti siano liberi di esprimersi e poi ci sarà la censura sociale ovvero la critica”.

Una delle poche cose che unisce

Su fumettisti croati e il futuro del fumetto in Italia, Manara ha subito voluto sottolineare una cosa. “Per quel che riguarda gli autori croati vorrei subito dire una cosa: non dò alcuna importanze al Paese di provenienza dei fumettisti. Ci sono autori che mi piacciono, altri che mi piacciono meno. Di alcuni leggo anche le storie, di altri mi limito a guardare il disegno. Non è che faccia particolarmente attenzione alla loro provenienza, alla nazionalità. Credo che il fumetto sia una delle poche cose che unisce. Ai Festival di Lucca o Angouleme (Francia) i disegnatori israeliani erano seduti allo stesso tavolo insieme ai palestinesi, i cubani insieme agli statunitensi. C’è un reciproco riconoscimento transnazionale del disegno. Si giudica solo il disegno e non da dove proviene.

I giovani fumettisti italiani? Ci sono dei giovani proprio in gamba, a me piace moltissimo Paolo Bacilieri che stimo molto, un vero genio. Manuele Fior mi piace molto sia come disegno che come storia. Per fortuna ci sono i ricambi per questo benedetto mestiere perché c’è stato un vuoto generazionale tra i vecchi maestri e le nuove generazioni. Eravamo restati in 2-3 a colmare questo vuoto”.

Pratt e Fellini

A proposito della collaborazione con Hugo Pratt, Manara ha detto di avere dei ricordi meravigliosi. “Eravamo molto in confidenza. Erano passati molti anni d’amicizia prima di decidere di lavorare insieme. Quando si è accorto che non avrebbe potuto disegnare tutte le storie che aveva in mente, allora le propose a me. Sono l’unico che ha avuto l’onore di disegnare qualcosa per Hugo Pratt. Avevamo anche altri progetti ma lui era partito per un avventura molto più grande. Quella nostra è stata una grandissima amicizia e un sodalizio fraterno. Dicono che quello che ho disegnato per Hugo Pratt sia stato il mio capolavoro. Il tutto perché le storie erano bellissime e mi sono divertito a disegnarle, era un vero piacere. Un’altra cosa fondamentale è il rispetto che aveva per me e per i miei disegni. Non ha mai voluto vedere i disegni prima che venissero pubblicati. Di solito lo sceneggiatore voleva vedere i disegni, ma Pratt non l’ha mai chiesto”.

E come è stato lavorare con Federico Fellini? “L’esatto contrario di quanto successo con Hugo Pratt. Per me è stata una grande scuola, ma è stato difficile. Lui scriveva la sceneggiatura, poi faceva la storyboard, poi voleva vedere la brutta copia dei miei lavori, poi la correggeva e poi facevamo la versione definitiva. Quindi non solo voleva vedere tutti i disegni prima della pubblicazione, ma li correggeva proprio. Io sono comunque contentissimo di questo, intendiamoci. Per me è stata una grande scuola. È stato severo, ma anche molto gentile con me. Mi ha sempre spiegato perché voleva correggere qualcosa. Non mi ha mai rivolto una parola scortese. Anche con Fellini l’idea di collaborare insieme è venuta dopo anni di amicizia. Lui vedeva nei disegnatori dei fumetti sè stesso da giovane. Era infatti partito facendo questo tipo di lavoro. Disegnava fumetti satirici e comici sulla rivista Marc’Aurelio”.

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