Oltre 500mila in piazza a Roma contro la violenza sulle donne

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Oltre 500mila in piazza a Roma contro la violenza sulle donne

Sono stati circa 500mila, a quanto si apprende, i partecipanti al corteo organizzato a Roma dal movimento “Non una di meno” in occasione della Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il corteo, partito dal Circo Massimo e arrivato all’altezza della Fao, è diretto a piazza San Giovanni. In apertura di corteo le attiviste hanno intonato il coro ”Insieme siamo partite, insieme torneremo non una, non una, non una di meno”.

Alla manifestazione, la segretaria del Pd, Elly Schlein, insieme al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Tra i tanti partecipanti anche Paola Cortellesi, Fiorella Mannoia, Malika Ayane, Noemi, Luisa Ranieri, Luca Zingaretti e Ferzan Ozpetek.

“Siamo qui per contrastare l’idea violenta di possesso sulla vita e il corpo delle donne. Siamo qui per questo, per fare la nostra parte ogni giorno”, ha detto Schlein. “Una partecipazione straordinaria di tante generazioni. Insieme contro la violenza di genere in tutte le sue forme. Serve un salto avanti non solo nella repressione – ha sottolineato la leader dem – ma anche nella prevenzione nelle scuole e nella formazione degli operatori. Tante le ragioni per essere qui. E’ ora di dire basta”.

Alla manifestazione c’è stato un abbraccio tra Elly Schlein e Maurizio Landini. La segretaria del Pd e il numero uno della Cgil si sono intrattenuti a parlare a margine del corteo.

Tra i tanti slogan che si alzano dalla piazza del Circo Massimo, “siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”. Tantissimi i cartelli che tengono in mano le attiviste tra cui “questa rabbia ci protegge”, “se non abbiamo le stesse paure è perché non abbiamo gli stessi diritti”. E ancora: “Uomini indignatevi come noi, con noi, per tutti noi, bruciamo tutto”. Su uno dei cartelli anche una citazione di Fabrizio De André: “Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”. In mezzo ai tanti cartelli sventolano bandiere palestinesi.

“Ci aspettiamo una larga partecipazione, più degli altri anni. L’attenzione dopo gli ultimi femminicidi, in particolare di Giulia Cecchettin, si è alzata. In realtà ci sono state mobilitazioni durante tutti gli ultimi giorni e questo è soltanto il prosieguo della serie di mobilitazioni in tante città italiane”. Così all’Adnkronos la Rete di Non una di meno che sottolinea: “Non vogliamo bandiere politiche, né sindacali”.

Ma ci saranno le bandiere pro Palestina? “Per noi significa portare la bandiera di un popolo oppresso che sta subendo violenza. Di uno Stato non riconosciuto a livello internazionale. Noi siamo contro tutte le violenze e non esistono vittime di serie A e di serie B. La violenza patriarcale si esprime anche nei paesi colonizzati e non riconosciuti come tali, quindi verso un popolo che non ha la possibilità di autodeterminarsi. Poi è ovvio che noi siamo contro la guerra anche perché i corpi delle donne e delle persone razzializzate e non conformi sono i primi su cui la violenza viene riversata. La guerra in sé ha una forte radice patriarcale”.

Quanto alla partecipazione di Elena, sorella di Giulia Cecchettin, “siamo tutte Elena Cecchettin, lei è qui con tutte noi” al di là della sua partecipazione, “portiamo avanti la sua voce e la sua lotta. Ci siamo riconosciute tutte nelle sue parole”, sottolinea il gruppo di Non una di meno che ringrazia Elena Cecchettin, “ha trasformato lutto in una pratica politica”.

“Le misure che sta prendendo questo governo per contrastare la violenza di genere, che è un fenomeno dilagante, sono assolutamente insufficienti – viene rimarcato dalla Rete di Non una di meno – E noi questo lo vogliamo dire: c’è bisogno della riscrittura dei programmi governativi all’interno delle scuole, non ci bastano le 12 ore proposte dal ministro dell’Istruzione Valditara per contrastare un fenomeno tanto invasivo e capillare, così come non ci bastano fondi ai centri antiviolenza. Qui a Roma sta per chiudere un’esperienza fondamentale che riguarda le donne che decidono di scappare da situazioni di violenza”.

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