ETICA E SOCIETÀ Immigrati. Necessaria l’integrazione

0
ETICA E SOCIETÀ Immigrati. Necessaria l’integrazione

Scrivo con impressioni fresche dal mio viaggio di due settimane in Belgio. Sono stato ospite dell’Università di Antwerpen. Sì, lo so, Anversa in italiano, ma uso la versione fiamminga per simpatia verso le persone di Antwerpen che sono state molto ospitali con me. L’Università è ottima ed è stato un onore essere lì per insegnare e discutere con eccellenti colleghe e colleghi, studentesse e studenti. La città è, nel suo centro storico, stupenda. Nei pressi ci sono gioielli come Brugge e Ghent. Le persone con le quali ho comunicato anche fuori dall’Università sono state tutte molto gentili.

Non voglio scrivere del viaggio in modo intimistico, ma indicando gli insegnamenti che ho accolto durante il soggiorno, pensando soprattutto a un tema di grande attualità in Croazia. Parlo della struttura della popolazione e delle sue interazioni. Ad Antwerpen vivevo in un quartiere popolato quasi esclusivamente da immigrati. Il quartiere è trasformato, ad esempio, nel modo come appaiono i negozi e i locali pubblici, o l’abbigliamento delle persone per strada. Nei suoi contenuti, l’apparenza è difficilmente riconoscibile in una dimensione europea. Non ho mai avuto l’impressione di problemi di sicurezza pubblica, neppure quando rientravo tardi la sera (ma ho poche informazioni dirette per generalizzare le sensazioni). Quando ho avuto bisogno di informazioni ho avuto sempre reazioni gentili da parte delle persone alle quali mi sono rivolto. Eppure, mi sembra che ci sia un problema rappresentato dall’assenza di integrazione.

È come se la città non fosse una comunità condivisa. Il centro storico e la parte della città dove sono stato a visitare due amici, pur nella loro specificità fiamminga, rivelano codici culturali che in Europa sono riconosciuti usualmente. Nel quartiere dove vivevo, se ci si risvegliasse dopo esserci stati teletrasportati, non ci si renderebbe conto in modo immediato di essere in un contesto occidentale.

Penso che questo vada evitato. Ovviamente, non voglio negare il diritto al vincolo alle proprie origini (tranne quando questo implica il legame con una tradizione non rispettosa dei diritti umani e dell’uguaglianza di tutte e tutti). Ma credo ci sia da lavorare per prevenire che l’esito dell’immigrazione sia che nelle città o in contesti più ampi vivano popolazioni che non condividono uno spazio culturale e, forse, di concezione dei diritti umani, uguaglianza e libertà di tutte e tutti. Non vedo come l’immigrazione che non si accompagna all’integrazione possa rappresentare un contesto funzionale a medio e lungo termine per una società. Con ciò, naturalmente, non voglio dire che non ci siano persone provenienti da tradizioni diverse da quelle occidentali che non si siano integrate con successo. Al contrario, le mie esperienze nelle varie Università dove sono stato ospite rivelano una realtà assolutamente lodevole. Non voglio neppure dire che ci sia un solco culturale fermo tra l’occidente e altrove. Nell’unico Stato musulmano dove sono stato ho trovato una completa condivisione culturale con i colleghi e le colleghe all’Università, così come, ad esempio, con le persone con le quali ho dialogato in locali blues o rock, o musei d’arte contemporanea. Mi limito a dire che nel quartiere dove c’era il mio appartamento nel mio viaggio più recente ho visto un esempio di ciò che appare come un’assenza di integrazione. L’insegnamento che ne traggo è rivolto alla Croazia dove l’immigrazione è in una condizione poco più che embrionale. Dopo questo viaggio ho rafforzato il mio pensiero già scritto: è necessario realizzare sin da subito politiche rivolte all’integrazione. Ma questo deve essere anche lo spirito della popolazione generale e non solo delle istituzioni pubbliche. Nei confronti di chi viene ed ha voglia di lavorare, il dovere è l’ospitalità, l’apertura e il desiderio di insegnare la lingua necessaria per la vita sociale sul territorio, come pure i codici culturali e, in particolare, i valori che comprendono i diritti umani, le libertà fondamentali e l’uguaglianza di tutte e tutti. Ed è legittimo stabilire un dovere corrispondente per chi viene. Dobbiamo avere un occhio aperto alle novità, ma con la coscienza dei valori costruiti dalla nostra civiltà. Peraltro, è un’occasione anche per noi per ripensarli e ricordarli.

*Professore ordinario di Filosofia Politica

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display