«Con la laurea Ue si possa lavorare anche in Croazia»

Emendamento del deputato CNI e vicepresidente del Parlamento di Zagabria, Furio Radin

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«Con la laurea Ue si possa lavorare anche in Croazia»

Riconoscimento delle qualifiche professionali ottenute in un Paese membro dell’Unione europea anche nell’ambito delle professioni regolamentate. È questo l’obiettivo perseguito dal vicepresidente del Sabor e deputato della CNI, Furio Radin, con l’emendamento presentato alla Proposta di legge sulle modifiche e integrazioni della Legge sulle professioni regolamentate e il riconoscimento delle qualifiche professionali estere. Un emendamento che prevede una serie di interventi nel testo normativo per fare sì che alla persona che ha concluso un percorso di studi in un Paese membro dell’UE, ottenendo un diploma o una laurea, venga riconosciuto anche in Croazia il diritto di svolgere le professioni alle quali potrebbe accedere nello Stato in cui si è diplomato o laureato. Si eviterebbe così una serie di passaggi burocratici e si implementerebbe al meglio il principio di mobilità che sta alla base di tutta una serie di programmi europei, a iniziare da Erasmus.

A vantaggio della CNI

A tutto vantaggio, ovviamente, della Comunità Nazionale Italiana – che molto spesso si trova a dover affrontare il problema per quanto riguarda l’accesso di persone che hanno studiato in Italia alle cattedre delle scuole con lingua d’insegnamento italiana –, ma anche della società croata in generale. “Nel caso in cui si trattasse di una questione che riguarda soltanto le minoranze si potrebbe cercare una soluzione utilizzando lo strumento dei Piani operativi sottoscritti con il governo, cosa che del resto abbiamo fatto. Ma il problema è in realtà generale e riguarda tutti – ha fatto presente Radin nel suo intervento al Sabor –. Trovare una soluzione è importante perché sappiamo bene che oggi sono molti i giovani croati che studiano in Europa e per come stanno le cose sappiamo anche che al loro rientro in Croazia non possono accedere automaticamente alla professione per la quale hanno un titolo di studio. Per poterlo fare devono espletare un iter burocratico. Ebbene, l’obiettivo dell’emendamento che propongo è di fornire alle istituzioni dello Stato e anche agli enti camerali che tutelano determinate professioni lo strumento per accettare il titolo di studio conseguito in un altro Paese UE riconoscendo a questo tutte le qualifiche che contiene”.

Esperienze di vita vissuta

Detto in parole semplici, prendendo spunto da esperienze di vita vissuta, l’emendamento consentirebbe – ha spiegato Radin – di evitare situazioni per le quali, ad esempio, una persona che abbia conseguito a Venezia un titolo di studio in architettura dell’ambiente non possa svolgere questo lavoro in Croazia, in quanto le norme in vigore prevedono per questa professione l’obbligo di una laurea universitaria conseguita in una Facoltà di Architettura o in alternativa il titolo professionale di ingegnere edile. “Un caso del genere si è verificato di recente e ha dell’incredibile che il titolo di studio conseguito in una delle città d’arte più famose al mondo non basti”, ha detto Radin. Altro esempio citato dal parlamentare della CNI, quello riguardante una laurea in lingua e letteratura italiana negli Atenei del Belpaese, che “se accompagnata da un piano di studi che comprova un sufficiente numero di esami di geografia, consente al titolare del titolo di studio di insegnare anche geografia nelle scuole dello Stivale. Ma non anche in quelle operanti in Croazia, dove stando alle decisioni dell’agenzia competente la persona può insegnare soltanto l’italiano”. Interpretazioni restrittive che sembrano essere ancora troppo distanti da quei principi europei dell’allineamento agli standard UE ai quali si era richiamato a suo tempo, rispondendo a una domanda di Furio Radin sul riconoscimento dei titoli di studio conseguiti in altri Paesi, il ministro della Scienza e dell’Istruzione, Blaženka Divjak.

Una revisione del sistema

“Al mio arrivo al Ministero ho trovato una situazione che vede spesso richiedere ai titolari di qualifiche professionali conseguite all’estero di soddisfare alcune condizioni aggiuntive per poter svolgere una professione regolamentata. Stiamo lavorando a una revisione del sistema e sicuramente proporremo un regolamento più semplice che renda le cose chiare. Ma oltre a mettere mano alle leggi e ai regolamenti che normano la materia, vorrei sottolineare la necessità di pensare a uno strumento comune in grado di consentirci di avvalerci del sistema europeo delle qualifiche professionali in modo da prendere questo come base per il riconoscimento del diritto al lavoro senza dover più procedere con il raffronto dei singoli programmi di studio”, aveva detto all’epoca la Divjak. Ora l’emendamento Radin consente di fare un importante passo avanti in questa direzione, anche per quanto riguarda le professioni regolamentate.

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