Bruno Valčić: L’esperienza al Tour de France gioca un ruolo importante

Dopo avere già ricoperto questo incarico nel 2016, il polese Bruno Valčić torna a presiedere il Collegio di giuria nella prossima edizione della più importante corsa ciclistica al mondo, che scatterà sabato 29 giugno da Firenze

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Bruno Valčić: L’esperienza al Tour de France gioca un ruolo importante
Bruno Valčić ai Giochi olimpici di Tokyo. Foto: ARCHIVIO PRIVATO

Non lo troveremo nella lista dei partenti del prossimo Tour de France, che sabato prossimo parte da Firenze. Ma nel bollettino ufficiale figurerà ogni giorno, per tre settimane di fila. Stiamo parlando del polese Bruno Valčić, classe 1966, che all’anomala Grande Boucle di quest’anno (che non arriverà a Parigi bensì a Nizza), avrà l’onore e l’onere di presiedere il Collegio di giuria. Un ruolo che ha ricoperto anche nel 2016. Inoltre ha fatto parte del Collegio altre due volte. È stato presidente del Collegio di giuria pure a Giro e Vuelta, ha “arbitrato” pure ai Giochi olimpici di Londra e Tokyo e ad altre gare del massimo livello. Lo abbiamo incontrato alcuni giorni prima della partenza per la Toscana.

Come ci si prepara per ricoprire il ruolo di presidente di Giuria del Tour de France?
Ci si inizia a preparare poco dopo la nomina, che è avvenuta nel dicembre dell’anno scorso. Ho già avuto diversi incontri online con l’UCI (Unione ciclistica internazionale, nda) e con gli altri arbitri che saranno coinvolti nel Tour. Inoltre abbiamo avuto un seminario in Svizzera. Di che cosa si parla? Innanzitutto delle regole che vengono attuate alla gara francese e che non sono previste nel regolamento dell’UCI. Qualunque cambiamento rispetto al regolamento di fondo deve essere avvallato dall’UCI. Ad esempio ci saranno alcune tappe che prevedono degli abbuoni nelle parti finali della corsa che non sono previste dal regolamento, c’è poi la questione della corsa chiusa, ovvero dal luogo di partenza fino al chilometro zero che di solito non supera i 10 km e invece nella prima tappa di quest’anno sarà di 16 km. Nella tappa numero 9 poi ci saranno 32 km di sterrato come alle Strade bianche, altra cosa insolita. Tutto ciò deve essere messo nero su bianco e serve il nullaosta dell’UCI da noi rappresentata al Tour.

Il Tour inizia sabato 29 giugno, Lei sarà al via molto prima…
Sarò a Firenze già mercoledì in quanto abbiamo da fare una decina di riunioni prima della partenza della corsa: con gli organizzatori, con i giudici di gara, con i direttori sportivi, con le forze di Polizia, con la squadra medica, con le persone addette alla logistica. Sono incontri che non durano molto e durante i quali bisogna aggiornarsi sulle ultime novità e sulle peculiarità di ogni singola corsa.

Quante vetture ci sono nella carovana del Tour?
Basti dire che ogni squadra in gara ha al proprio seguito due pullman, diverse vetture, qualche furgone. Non tutti ovviamente fanno parte della carovana vera e propria. Ecco, ciascuna squadra segue i corridori in corsa con due vetture per cui con 22 compagini al via siamo già a 44. Ci sono poi le vetture dell’organizzazione, il servizio cambio-ruote, le forze di Polizia in auto e sulla moto, il servizio medico, il servizio sicurezza, le vetture che ospitano i VIP e i rappresentanti degli sponsor. Oltre 100 veicoli sicuro, forse anche 150.

Come tenere sotto controllo tutta questa carovana. In quale modo siete in contatto con l’organizzazione?
Con me in macchina c’è anche il direttore tecnico della corsa, ovvero il braccio destro del direttore del Tour de France. Il nostro stretto contatto è oltremodo necessario per risolvere nel minor tempo possibile gli eventuali problemi che nascono in corsa. Il contatto diretto è molto più speditivo rispetto alle telefonate o altri modi di comunicazione. Ci sono stati dei casi di blocchi stradali da parte di manifestanti e lì bisogna reagire in fretta anche a causa della copertura televisiva della manifestazione. L’importante è non sbagliare e reagire quanto prima.

Da quanti giudici è composto il Collegio di giuria?
Quest’anno saremo in 14. In quattro siamo a bordo di altrettanti veicoli dell’organizzazione, mentre il quinto è in sala VAR. Questi cinque arbitri vengono nominati dall’UCI. Ci saranno poi 4 giudici in moto, due in meno rispetto ad altre occasioni per motivi a me sconosciuti, due giudici all’arrivo, altrettanti giudici cronometristi e poi il giudice sul carro scopa. Il carro scopa è quel veicolo sul quale salgono i ciclisti che si ritirano e che non vanno direttamente nelle loro ammiraglie. Il Tour ha una bellissima tradizione e nominano giudice sul carro scopa un giudice che non ha raggiunto alti livelli in carriera, ma che comunque si toglie una grossa soddisfazione al Tour de France. E per ogni edizione del Tour viene nominato un giudice da una Regione francese diversa. Ad eccezione dei primi cinque giudici di cui sopra gli altri vengono nominati dall’ASO, la società organizzatrice del Tour de France.

La Sua prima partecipazione al Tour risale al 2013, nel frattempo ne ha «disputati» altri due, ora la quarta esperienza. Quali le differenze tra allora e adesso?
La differenza sta nel fatto che quando sei soltanto membro del Collegio di giuria lavori molto di più, mentre quando sei presidente del Collegio tutte le grane sono tue. Di solito le decisioni le prendiamo di comune accordo, ma alla fine c’è la mia firma e io sono responsabile. Questo sarà il mio nono Grand Tour tra Giro d’Italia, Vuelta e Tour de France e posso dire che non abbiamo mai avuto grosse divergenze quando c’erano da prendere delle decisioni importanti. Segno che noi giudici del massimo livello, e siamo all’incirca una quarantina, la pensiamo più o meno allo stesso modo.

Il livello di stress presumiamo sia altissimo. C’è da discutere con gli organizzatori, ma anche con i direttori sportivi…
Qui l’esperienza gioca un ruolo importante. Con il passare degli anni e con la partecipazione alle grandi corse si è più calmi anche perché nel frattempo riesci a fare conoscenze e amicizie in gruppo e l’approccio è un po’ diverso, si può parlare e analizzare le cose in modo più tranquillo. Bisogna avere spirito diplomatico e devi essere bravo a bilanciare le cose. Quello che cerco di far capire ai miei più stretti collaboratori è che desidero avere un rapporto pacifico tra giuria e organizzatori. Dunque, ripeto, l’esperienza è la cosa più importante e anche per questo nessun presidente del Collegio di giuria al Tour ha mai avuto un’età inferiore ai 35-40 anni.

Dal punto di vista della giuria è più tranquilla una tappa pianeggiante o una di montagna, con tanti piccoli gruppi o singoli che si giocano la vittoria?
Di solito sono più complicate le tappe di montagna con diversi gruppi e gruppetti da seguire, anche se c’è un però. Le tappe pianeggianti sanno essere caotiche a causa delle volate con cadute e comportamenti illeciti che portano poi a modificare l’ordine d’arrivo con declassamenti e in casi estremi anche a squalifiche.

A proposito di tappe di montagna. Davanti alla TV c’è sempre un po’ d’apprensione a causa del grande numero di coloro che si riversano in strada e stanno a pochi centimetri dai ciclisti. C’è un modo per risolvere questo tipo di situazioni o bisogna semplicemente accettarle perché questo è il ciclismo?
Secondo me è qualcosa da accettare. Questo è semplicemente il ciclismo e descrive l’affetto verso chi pratica questo sport. Gli organizzatori cercano di transennare quanti più chilometri possibile, ma non puoi mettere 15 chilometri di transenne sulle salite. L’importante è che l’ultimo chilometro o gli ultimi due di ogni tappa siano transennati.

Abbiamo la sensazione che si investa sempre di più nella sicurezza dei ciclisti, ma anche che il numero delle cadute sia sempre più alto. Come si spiega questa cosa?
Bisogna investire nella sicurezza in quanto le biciclette sono sempre più veloci e sempre più sofisticate e poi si rischia sempre di più. Riesco a capire le squadre e i ciclisti che sono alla ricerca di sponsor o contratti in quanto una vittoria di tappa al Tour de France può valere una stagione per cui non si guarda in faccia a nessuno. Le volate sono sempre più rischiose e ci sono molte cadute. Anche per questo, nell’edizione 2024 del Tour de France saranno proposte alcune novità che nel 2025 diventeranno regola e riguardano gli ultimi chilometri. Come stanno adesso le cose in caso di caduta negli ultimi 3 km nelle tappe pianeggianti ai ciclisti che finiscono a terra e che erano in gruppo viene accreditato il tempo dello stesso gruppo. Ora invece in diverse tappe pianeggianti questa regola verrà “estesa” in alcune frazioni agli ultimi 4 km e in alcune agli ultimi cinque 5 km. Questo anche per evitare che i ciclisti che si giocano il podio nella classifica generale non vadano a correre rischi fino ai meno tre dall’arrivo.

Venti, trent’anni fa si parlava di doping dei ciclisti, oggi si parla del doping meccanico. Come si combatte?
Ogni giorno prima della partenza vengono scelte a caso quattro squadre e si prendono alcune bici che vengono scannerizzate. Poi all’arrivo alcune biciclette vengono fatte passare ai raggi x con videocamere speciali. Ovviamente non vengono fatte passare ai raggi X le bici di 180 corridori, ma quella del vincitore di tappa, del leader della classifica generale e altre scelte a caso. Le bici vengono anche pesate in quanto non devono essere più leggere di 6,8 km. Discorso particolare poi le bici per le cronometro che passano due controlli. Non si lascia nulla al caso.

Ha sostenuto l’esame pratico per la categoria più alta di commissario nel 1999. Venticinque anni fa avrebbe potuto immaginare una carriera di così alto profilo?
No, in primo luogo per il fatto che la Croazia non è un Paese che conta nel mondo del ciclismo. Attualmente tra i quaranta giudici di gara di massimo livello ci sono francesi, italiani, spagnoli, belgi, olandesi, qualche tedesco, un paio di statunitensi e… Bruno dell’est, ovvero il sottoscritto, in quanto non ci sono né cechi, né polacchi, né slovacchi, né russi che comunque hanno avuto ciclisti di fama mondiale.

Qual è stato il momento più bello, più gratificante?
La partecipazione all’apertura dei Giochi olimpici di Londra nel 2012. Anche se i Giochi olimpici non sono la massima aspirazione per i ciclisti che preferiscono fare bene al Tour o al Giro, essere lì fra i migliori atleti del mondo è qualcosa di gratificante e dici “Guarda fin dove sono arrivato”. E poi anche arrivare ai Campi Elisi a Parigi nell’ultima tappa del Tour del 2016 dove tutto il mondo ti guarda da presidente del Collegio di giuria è anche molto emozionante.

Quanti anni, ancora, la vedremo nel gruppo nelle corse del massimo livello?
Per fortuna non dobbiamo sostenere i test di abilità fisica… Scherzi a parte, si può far parte dell’élite fino ai 70 anni, dunque in linea teorica potrei essere al massimo livello altri 12 anni, anche se l’UCI ha la prassi di non delegare per le gare di maggior prestigio gli over 65.

Ha qualche sogno nel cassetto, qualche gara nella quale non è stato giudice e vorrebbe esserlo?
Il Giro delle Fiandre. Non l’ho mai fatto. Sono stato a quattro Giri d’Italia, questo sarà il mio quarto Tour, sono stato alla Vuelta, a due Giochi olimpici ma la corsa belga non è ancora… arrivata.

Un’ultima domanda. Dopo tanti anni a questi livelli, non arriva un po’ di saturazione?
A volte sì, specialmente quando per arrivare alla partenza di qualche gara o al rientro a casa devi prendere due coincidenze e non ci riesci. Per fortuna quest’anno il Tour parte da Firenze e mi porterà mio figlio in macchina, mentre al rientro con tutta la famiglia ci faremo in aereo la Nizza-Roma e la Roma-Trieste. Ritornando alla domanda, si a volte c’è un po’ di saturazione, ma l’amore verso il ciclismo è troppo grande. Poi non è detto che tra 3-4 anni decida di abbandonare. Un ruolo importante lo gioca anche la salute.

La giornata tipo alla Grande Boucle
Ci illustri la giornata tipo del presidente del Collegio di giuria al Tour de France?
Dipende anche dal fatto dove dormiamo la notte precedente e quanto dura il trasferimento fino alla partenza. La cosa importante è arrivare allo start prima del via della carovana pubblicitaria, che viaggia con due ore d’anticipo rispetto ai corridori. La carovana pubblicitaria è infatti molto lunga e praticamente blocca tutta la città che ospita la partenza. Dunque arriviamo allo start 2,5-3 prima della partenza ufficiale. In questo lasso di tempo siamo a disposizione dei direttori sportivi per eventuali delucidazioni sulla tappa precedente e poi abbiamo la nostra riunione prima della frazione, con i giudici in moto che controllano le bici dei ciclisti. Una volta conclusa la tappa ci riuniamo nel cosiddetto veicolo VAR dove risolviamo eventuali controversie che vanno appianate prima della cerimonia di premiazione e poi tutte le altre. Alla fine stiliamo il comunicato ufficiale della tappa e il presidente del Collegio di giuria ci mette la firma. Poi possiamo pensare al rientro e al trasferimento nel prossimo albergo, che a volte può andare per le lunghe in occasione delle tappe di montagna.

Il VAR nel ciclismo
Nel 2019 al Giro d’Italia avevo ricoperto proprio questo ruolo. Ecco dunque in parole povere come funziona e quali sono le caratteristiche.

Nella zona dell’arrivo della tappa di giornata è posizionato un furgone dell’organizzazione, che funge in pratica come una specie di piccola regia televisiva dotata di sei monitor: due di questi sono collegati con le videocamere poste sugli elicotteri e altri quattro sulle motociclette al seguito della corsa. In altre parole noi possiamo usare queste immagini e tutte le altre prodotte per la copertura della corsa. Ciò permette di poter prendere una decisione tempestiva, in tempo reale, che può influire sull’ordine d’arrivo o sulla classifica generale.

Il giudice VAR è in continuo contatto con i giudici in corsa tramite un apposito gruppo creato su WhatsApp, il tutto con l’obiettivo di avere una decisione quanto più tempestiva.

Inoltre si può fare uso anche di tutte le immagini e i video postati sui social, come ad esempio Instagram, Facebook, TikTok e X – sempre ovviamente che corrispondano a fatti realmente accaduti.

Tutte queste controversie che si presentano vanno risolte nel minor tempo possibile, al massimo fino alla partenza della prossima tappa.

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