Museo Nicolis, la storia dell’automobile e il fascino del Made in Italy (foto)

Visita allo spettacolare e modernissimo contenitore di cultura e di idee, creato da Luciano Nicolis, situato a Villafranca di Verona

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Museo Nicolis, la storia dell’automobile e il fascino del Made in Italy (foto)
A sinistra una Bugatti “Tipo 49” del 1931

Situato a pochi minuti da Verona, Mantova, dal Lago di Garda (da Verona a Peschiera del Garda abbiamo impiegato 15 minuti in treno, Frecciarossa ovviamente) il Museo Nicolis di Villafranca di Verona è tra le più emozionanti e suggestive esposizioni private nel panorama internazionale. La visita al “Museo Nicolis dell’auto, della tecnica, della meccanica”, uno spettacolare e modernissimo contenitore di cultura e di idee, creato da Luciano Nicolis, imprenditore veronese fondatore del Gruppo Lamacart, che ha fatto confluire in quest’opera la sua grande passione per la tecnica e la meccanica, è stata un’esperienza vissuta a 360º.

Appena parcheggiata la macchina nel grande cortile del Museo abbiamo potuto respirare l’aria dei motori e dell’antichità. Entrando nella struttura ci rendiamo conto del valore delle collezioni disposte a più piani: ci troviamo dinanzi a una delle collezioni d’auto più prestigiose d’Italia e d’Europa. Non per caso il riconoscimento dell’eccellenza gli deriva dall’attribuzione del più ambito e prestigioso premio nel panorama mondiale dell’auto classica: “Museum of the year 2018” a The Historic motoring awards, assegnato da una qualificata giuria internazionale.

Dieci collezioni di grande spessore
Il Museo Nicolis propone gioielli della meccanica del ‘900 in uno scenografico itinerario che, volendo, trattiene il visitatore per una giornata intera: inedite e sofisticate collezioni, pietre miliari del più effervescente genio creativo. Uno scrigno di rari capolavori di meccanica e stile, frutto dell’estro di eclettici progettisti. Sono rappresentati, gloriosi marchi come Alfa Romeo, Ferrari, Maserati, Bugatti, Rolls Royce, Avions Voisin, Darracq, la “Motrice Pia”, il primo motore a benzina brevettato dal veronese Enrico Bernardi nel 1882, la Isotta Fraschini del 1929, la Lancia Astura 1000 Miglia, unica al mondo, costruita appositamente per Luigi Villoresi, uno dei piloti italiani di maggior nome degli anni Trenta.
Come detto poc’anzi, la nascita del Museo si deve alla grande passione di Luciano Nicolis. La storia di una vita che ha trovato la sua collocazione in uno spazio espositivo di 6.000 mq nel 2.000, anno della sua inaugurazione. I suoi capolavori sono stati suddivisi in dieci diverse collezioni con l’obiettivo di costruire un percorso organico e professionalmente qualificato. Il patrimonio delle collezioni è di grande spessore e rappresenta una realtà esclusiva: oltre 200 auto d’epoca, 114 biciclette, 104 motociclette; 500 macchine fotografiche, cineprese e cinematografiche, 100 strumenti musicali e jukebox, 102 macchine per scrivere, aeromobili. Una rara collezione di strumenti di guida che comprende oltre 100 volanti delle sofisticate monoposto di Formula 1 e volanti da turismo, gran turismo e sport. Innumerevoli opere dell’ingegno umano esposte secondo itinerari antologici, storici e stilistici.
Al pianterreno siamo rimasti entusiasti da un’area militare con cimeli della Prima e Seconda guerra mondiale. Non mancano modellini di automobili, motociclette e treni. L’esposizione raccolta da Luciano Nicolis cattura l’attenzione di visitatori di tutte le età provenienti da tutto il mondo. Come abbiamo potuto leggere su uno dei pannelli che accompagnano le varie esposizioni, le automobili furono la sua prima passione sin da quando, ragazzino, raccoglieva carta da riciclare girando in bicicletta i paesi circostanti. La prima ma non l’unica: l’attrazione per la meccanica lo ha portato a raccogliere da tutto il mondo oggetti che hanno fatto la storia della tecnologia e del design del XX secolo.

Dall’Isotta Fraschini alla Bugatti
La collezione che ci ha conquistati sin da subito è quella delle automobili. Come leggiamo sui pannelli esplicativi trilingui (italiano, tedesco e inglese), poche invenzioni hanno accompagnato l’evoluzione della società come l’automobile, il mezzo di trasporto per eccellenza. La sua storia racconta la storia dell’uomo, delle sue conquiste, delle sue battaglie, della formidabile corsa alla modernizzazione che ha segnato il XIX e il XX secolo. Il Museo Nicolis dà vita e testimonianza a questa evoluzione attraverso centinaia di vetture perfettamente funzionanti, molte restaurate personalmente da Luciano Nicolis, tutte riportate all’antico splendore. Alla destra notiamo un’affascinante Isotta Fraschini “Tipo 8A” del 1929. Come noto, la “Società Milanese d’Automobili Isotta Fraschini” viene costituita a Milano nel 1900 da un gruppo di appassionati e ben presto diventa la più prestigiosa fabbrica italiana di automobili di lusso. La Tipo 8, presentata nel 1919, è una delle prime vetture di serie equipaggiata con motore 8 cilindri in linea: un mito dell’automobilismo mondiale.
Durante la visita osserviamo il capolavoro di Vincenzo Lancia: la Lancia “Lambda VIII serie” del 1928, un’auto avveniristica, la prima vettura di serie con struttura portante che sostituì i longheroni fino ad allora utilizzati e sui quali andava imbullonata la carrozzeria. Questa soluzione accelerò la ricerca e anticipò con le sue innovazioni tecniche le vetture moderne. Una curiosità: Giacomo Puccini, il noto compositore, appassionato di caccia, chiese a Vincenzo Lancia di realizzare una vettura capace di muoversi anche su terreni impervi: in pratica fu il proprietario della prima fuoristrada costruita in Italia.
E come non soffermarsi accanto alla Bugatti “Tipo 49”, colore rosso borgogna risalente al 1931? Nel 1899 a soli 18 anni Ettore Bugatti progettò la sua prima vettura: era il preludio di una sinfonia che accompagnerà la storia dell’automobilismo internazionale. La “Tipo 49” venne presentata al Salone di Parigi del 1930 ed è ritenuta l’ultima Bugatti progettata da Ettore, che poi lascerà le redini dell’azienda al figlio Jean.
L’esemplare esposto è stato usato nel film Grand Prix del 1966. “Vittorie, amori, sconfitte e morte per i piloti di Formula Uno”. Grand Prix, un film di John Frankenheimer, con Adolfo Celi, Geneviève Page, James Garner, Françoise Hardy e Yves Montand.
Spettacolare la Ferrari “250 GTE 2+2”, Pininfarina del 1963. Studiata nella galleria del vento, la vettura presenta un parabrezza molto inclinato ben raccordato con il tetto. L’andamento pulito e lineare della fiancata, priva di inutili decorazioni, verrà ripreso da Pininfarina anche in altre sue creazioni del periodo. Si tratta di una vettura molto desiderata nel periodo della “Dolce Vita” e protagonista di diversi film come “La Pantera Rosa” del ‘63 con Peter Sellers, nella prestigiosa versione cabrio.

L’«Aventure», un esemplare unico
Il Museo Nicolis vanta il possesso di un esemplare unico costruito di veicolo a pedali per l’uso su strada. È l’“Aventure” (1882 circa). Progettato da due inventori francesi, fu guidato da loro stessi nel 1882 da Parigi a Calais per mostrare la capacità della loro stupenda vettura. La traghettarono attraverso la Manica sino a Dover, la condussero lungo la costa meridionale dell’Inghilterra ritornando infine in Francia via Southampton. Nel viaggio di ritorno verso Parigi, il veicolo fu costretto a fermarsi per un’avaria meccanico/strutturale a Rouen, dove venne depositato al sicuro in un caveau.
In seguito, i due amici partirono per la guerra, dove si pensa abbiano perso la vita. Dell’equipaggiamento sono rimasti solo i due “elmetti” ora esposti nella vetrina al Museo Nicolis. Particolare importante è il volante, che trova applicazione ancor prima che un motore a benzina venisse applicato ad una vettura. Curiosa la distinzione dei compiti dell’equipaggio: il pilota che stava davanti guidava e quello che sedeva sul sedile posteriore pedalava. Sui lati della carrozzeria si trovano due originali lanterne a candela da carrozza. Come abbiamo potuto vedere da vicino, la carrozzeria è in legno, intagliato e decorato; il “naso” è in metallo a forma di secchio per il carbone.

La BMW «Isetta 250» e la Fiat 500
Quella che vorremmo acquistare per girare in una città il cui centro è caotico come lo è Fiume, ora che sono in corso i lavori in ogni dove, è sicuramente la BMW “Isetta 250” del 1956. L’Isetta fu presentata nel 1953 dalla Iso Automotoveicoli Spa, azienda nata nel 1939 con il nome di Isothermos per la produzione di scaldabagni e frigoriferi. Convertitasi dopo la guerra alla produzione di motociclette e scooter, la Iso passò poi negli anni Sessanta alla produzione di veloci Gran Turismo equipaggiate con potenti motori americani V8. In Italia la produzione dell’Isetta terminò nel 1955, ma la vettura continuò ad essere costruita, su licenza in diversi paesi europei. Il modello esposto è una Isetta 300 di produzione tedesca, chiamata anche motocoupé per le sue ridotte dimensioni. Famose sono rimaste le partecipazioni della Isetta di fabbricazione italiana alla Mille Miglia del 1954 e del 1955. La nostra visita non si ferma qui. Al primo piano notiamo una seducente Lancia “Beta 20 HP”, SGV del 1911, color giallo banana. La vettura nasce nel 1911, quando uno dei più affascinanti periodi della storia, la Belle Époque, sta per finire. Di lì a tre anni, infatti, scoppierà la guerra mondiale che spazzerà via sogni, illusioni, ricchezze, arte e milioni di vite umane.
Attento alle novità e alle necessità del cliente, già nel 1909 Vincenzo Lancia dotava le sue vetture di una ruota di scorta completa e non di un semplice copertone come era in uso all’epoca in Italia. Su questa vettura vanno notati i grossi fari in acetilene e il contachilometri meccanico sulla ruota anteriore destra, probabilmente montati in America.
Se vogliamo andare a fare una scampagnata è d’obbligo la Fiat “500 Topolino tipo A” del 1947. Nel 1934 la Fiat affidò ai progettisti Antonio Fessia e Dante Giacosa l’importante incarico di progettare una nuova vettura utilitaria, di dimensioni ridotte. Due anni dopo vide la luce la “500” la più piccola automobile prodotta in serie, di appena 569cc. Più comunemente conosciuta con il nome di “Topolino”, la nuova vetturetta si ispirava nelle linee alla sorella maggiore, la 1500, presentata l’anno precedente. La seguente che osserviamo è un’automobile da turismo ovvero la Benz “Jagdwagen 8/20 PS”, Schebera del 1914. La vettura è molto prestigiosa e fu ordinata da un maharaja indiano, ciò spiega perché la velocità oraria è indicata in miglia. La particolare e unica carrozzeria è firmata da Schebera, situata a Heilbronn, non lontano da Stoccarda. Gli Schebera, discendevano da una famiglia d’affari, nota nella storia per la costruzione delle armature. La loro esperienza tecnica unisce l’ottone nichelato e lavorato a mano del cofano, del radiatore e dei fanali ai particolari in paglia di Vienna che adornano sia i fianchi della carrozzeria in legno di mogano, sia parte degli interni sia il grande baule esterno. Ricco di strumenti è il cruscotto con indicatore di velocità in miglia; particolare il clacson esterno a forma di serpente boa, aggiunto in epoca successiva. Numerose le altre automobili esposte che però per mancanza di spazio non riusciamo a descrivere nel dettaglio.

Un percorso per gli amanti dei brividi
Ai piani superiori il Museo racconta la storia delle motociclette con 100 pezzi introvabili: i primi velocipedi, il primo scooter, le moto di prima generazione, i recenti bolidi mozzafiato. Un percorso per gli appassionati, per i romantici, per gli esperti, per chi ama i brividi della pista. Inoltre, vi è una collezione di biciclette d’epoca unica e irresistibile tra cui quelle dei campioni leggendari.
La musica ha ispirato parallelamente compositori e costruttori, due categorie tra loro intimamente congiunte nell’unico intento di donare all’uomo melodie straordinarie. Nell’ampia sezione della musica del Museo Nicolis sono esposti un centinaio di strumenti musicali e i loro accessori che bene esprimono la straordinaria abilità dei costruttori artigiani. Attraverso l’evoluzione dei mezzi di trasporto è possibile leggere la storia dell’uomo e della società moderna. Grandi, solidi e poderosi nelle vetture di serie, più piccoli ma supertecnologici ed esclusivi nei bolidi di Formula 1, i volanti obbediscono con precisione millimetrica ai movimenti sicuri delle mani guantate… Senza esitazione si può affermare che siano oggetti dotati di una personalità fuori dal comune. Per questo, per gli appassionati, ma anche per chi desidera solo vedere da vicino gli “strumenti” che hanno contribuito a tante vittorie, è da non perdere l’inedita collezione di volanti.
La collezione è costituita da ben 106 volanti di Formula 1, in gran parte legati a prestigiosi piloti. Alcuni risalgono ad anni lontani, altri sono più recenti ma tutti, proprio tutti, hanno vibrato sotto la stretta vigorosa dei campioni, lanciati verso la magica bandiera a scacchi. Il Museo Nicolis racconta dunque la vita di un uomo, Luciano Nicolis, che si è distinto per la sua intraprendenza lavorativa e per il suo grande amore per le auto d’epoca, racconta la storia del Belpaese, della sua industria, del saper fare e del fascino del Made in Italy. Inoltre, il Museo viene visitato ogni anno da migliaia di turisti italiani e stranieri. Vanta dimensioni e profilo internazionale, partecipando a pieno titolo da protagonista alle manifestazioni più prestigiose in Italia e nel mondo. Terminata la visita al Museo si può proseguire per una stupenda passeggiata a Borghetto sul Mincio per visitare i suoi mulini ad acqua, degustare i tipici tortellini con un calice di vino, o in alternativa fare sosta al Parco Giardino Sigurtà, il Parco più bello d’Europa.

Silvia Nicolis: «I momenti più difficili sono stati quelli più incisivi»

Silvia Nicolis. Foto dall’archivio personale

Il talento del fondatore del Museo spiega solo in parte il successo che Nicolis ha registrato negli anni; alla base della sua affermazione c’è infatti la gestione imprenditoriale della struttura – affidata da sempre a Silvia Nicolis, presidente del Museo e figlia di Luciano – che dopo aver acquisito le sue competenze nell’azienda di famiglia, ha trasferito il know-how in modo strategico anche nell’attività museale, puntando sulla promozione della cultura e sulla valorizzazione del territorio senza dimenticare la propria vocazione imprenditoriale. Oggi, il Museo Nicolis è universalmente riconosciuto come affermato Museo d’impresa, in grado di promuovere efficacemente il ricercato “prodotto culturale” generato dall’industria, oltre al territorio, presso il vasto e variegato pubblico italiano e internazionale. Cuore pulsante delle relazioni del Gruppo industriale, esprime a pieno titolo la vocazione del suo fondatore in entrambe le realtà: “la passione per il recupero in tutte le sue forme”.
Innumerevoli le attività promosse da Silvia Nicolis; basti ricordare a titolo di esempio, il Premio Museo Nicolis all’imprenditoria veneta, le superlative mostre tematiche, i percorsi e le attività di valorizzazione del territorio.
Inoltre, Silvia Nicolis è stata ricevuta in Udienza dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la ricorrenza dei 20 anni di Museimpresa, importante riconoscimento che sottolinea il profondo valore della Cultura d’impresa in Italia.
In seguito ci rivela quanto contano per lei la formazione e l’esperienza, che cosa significhi per una donna essere alla guida di un museo della tecnica e perché bisogna porre il patrimonio umano al centro dell’istituzione.
Alla guida del Museo Nicolis c’è un’imprenditrice riconosciuta a livello internazionale. Che cosa le è stato trasmesso da suo padre nell’attività che svolge e quanto invece contano la formazione e l’esperienza?
“Senza dubbio l’educazione e l’esempio ricevuti sono stati determinanti nella mia formazione umana e professionale. Lavorare, creare, mettere impegno in ciò che faccio e vivere il valore del ‘fare’ con entusiasmo per me è uno stile di vita che ho respirato in famiglia sin da bambina. Devo alla fermezza dei miei genitori la mia propensione alla responsabilità e al rischio d’impresa perché sono sempre stata abituata a rispondere delle mie scelte in modo libero ma puntuale. La formazione costante, che non abbandono mai, è invece fondamentale per allenare la mente, stimolare il pensiero e aprire la visione oltre il perimetro aziendale. L’esperienza è tutto! Partendo dalla casa in cui nasci a tutto ciò che ti capita nella vita; nel mio caso i momenti più difficili e talvolta perdenti sono stati paradossalmente quelli più incisivi. Per avere le risposte, confermare o cambiare un’idea, trovare gli equilibri, l’unica strada maestra è quella della vita, nel bene e nel male. Consiglio a tutti di buttarsi a capofitto con gioia e senza paura nei progetti desiderati, studiandoli e mettendoli a terra… qualcosa arriva sempre”.
Come viene vista una donna al «volante» di un museo dell’auto, della tecnica e della meccanica?
“Oggi molto bene! Direi che è abbastanza frequente vedere donne al volante o alla guida di imprese. Vent’anni fa invece era più raro. Quando abbiamo inaugurato il Museo Nicolis nel 2000, ero una giovanissima direttrice, probabilmente vista con più diffidenza, ma era anche giusto così perché non avevo esperienza. Oggi posso dire di aver percorso talmente tanta strada (non solo in auto) che tutte le persone che mi hanno conosciuta hanno avuto modo di appurare anche il mio contenuto, perciò ho sempre riscontrato stima, affetto e collaborazione. Qualche volta si discute e a tutti i livelli, ma il rispetto non manca mai”.
Grazie alle collaborazioni ci si riesce a presentare anche fuori dai confini nazionali. Perché è importante l’internazionalizzazione del Museo?
“Qualsiasi tipo di cultura, inclusa quella d’impresa, è un bene essenziale, intangibile e senza confini. Non ha senso un museo che nasce ‘per fermarsi lì’, non importa dove siano le tue radici, è il tuo contenuto che deve raggiungere il cuore e la mente di tutti. Al Nicolis non ci definiamo i proprietari di ciò che abbiamo, ma ‘i custodi per il futuro’; le collezioni che esponiamo sono il frutto del lavoro di uomini e donne che le hanno costruite per le più svariate ragioni e che senza dubbio debbono continuare a insegnare e dire qualcosa. Oggi siamo pure agevolati da tutta la tecnologia digitale che ci consente di vivere esperienze incredibili in capo al mondo. Internazionalizzare è un’azione quotidiana, da cui non si può più prescindere”.
Quali sono le sfide cui va incontro il Museo?
“Il motorismo storico è fortunatamente un trend in grande espansione. Per questo il futuro del museo lo vedrei anche abbastanza roseo, se non fosse per la complessa partita legata alla discontinuità della manodopera. Per me che reputo il rapporto umano e la reciprocità valori primari, è fatica abituarsi al turnover e alla precarietà che i lavoratori propongono. Amo la vitalità delle giovani generazioni ma resto spiazzata dalla loro fragilità, dalla scarsa resistenza allo stress che rasenta l’apatia, dall’indisponibilità al lavoro nei fine settimana, da un naturale individualismo. Di rado scorgo quel guizzo intraprendente, ambizioso, curioso, generoso, magari a volte incosciente che sprona l’essere umano a spingersi oltre, a buttare il cuore oltre l’ostacolo. Questo appiattimento è una condizione diffusa che mi fa riflettere sul fatto che il Museo Nicolis non debba comunque mai perdere la sua caratteristica di ‘casa accogliente, di riferimento saldo. Per continuare ad esserlo debbo ancora trovare la giusta chiave per far convivere ‘tradizione e innovazione’ lavorativa, in una dimensione rinnovata e processata ma che mantenga ‘il patrimonio umano’ al centro. Questa è la grande sfida”.

Prima a destra una Zanussi “1100 Sport” del 1952. In fondo la collezione di 106 volanti di Formula 1

La Lancia “Lambda VIII serie” del 1928

Una Fiat “500 Topolino tipo A” del 1947. Accanto l’occorrente per la pesca e un picnic perfetto
La Ferrari “250 GT 2+2”, Pininfarina del 1963

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