Galleria O.K.: connubio tra arte e ristorazione

La direttrice dello spazio espositivo, Katarina Podobnik, racconta gli inizi e i contenuti della storica galleria fiumana indipendente, pensata anche come realtà multimediale aperta a tutte le forme di espressività artistica, creativa e culturale

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Galleria O.K.: connubio tra arte e ristorazione
La mostra “Metamorfosi” (Preobražaj) di Aleš Suk. Foto: RONI BRMALJ

La scena culturale di una città o di un Paese viene retta da istituzioni o associazioni finanziate o sostenute dallo Stato o comunque da enti pubblici. Spesso, infatti, la cultura, l’arte, la letteratura o altre forme artistiche non riescono a generare un profitto che garantisca una vita dignitosa a chi le produce. Sono pochi i mecenati privati che decidono di fornire uno spazio nel quale la cultura possa venire prodotta, riprodotta o esposta ed è ciò che Damir Čargonja Čarli fa ormai da più di vent’anni. Poco più di un mese fa è stata inaugurata nei vani dell’ex club Jadran, siti in via Krešimir a Fiume, la Galleria O.K.. Anche se la parte della ristorazione viene gestita dal già menzionato Čarli, abbiamo parlato con la direttrice della Galleria e curatrice della prima mostra, Katarina Podobnik, la quale ci ha raccontato la storia della Galleria e i piani per il futuro.

La curatrice Katarina Podobnik.
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Di che cosa si è occupata prima di (ri)aprire lo spazio espositivo?
“Nel 2016 mi sono laureata in Filosofia e Storia dell’arte. La mia tesi di laurea ha riguardato un’installazione artistica di Nataša Lah. Nel 2017 ho iniziato il percorso di perfezionamento professionale nella Galleria moderna, oggi Museo nazionale dell’Arte moderna a Zagabria, grazie al quale ho potuto accedere e superare l’esame per diventare curatrice museale, nel 2018. Nello stesso anno ho deciso di aprire un’attività per la produzione culturale e i servizi intellettuali, mentre dal 2019 sono collaboratrice esterna all’Accademia di Arti applicate di Fiume e sono assistente di Katarina Rukavina ai corsi di Storia dell’arte del XIX secolo e Storia dell’arte del XX secolo. Realizzo anche progetti per gli studenti che mirano al collegamento dei corsi di studio con la pratica, ovvero all’inizio del semestre assegniamo ai ragazzi un termine, una parola chiave, e nel corso dell’anno accademico cercano di arricchire il loro vocabolario con altri termini legati al concetto di partenza e di esplorare anche con la pratica cosa vuol dire questo termine. Questo progetto, giunto quest’anno alla sua terza edizione, si chiama ‘Teoria e pratica’ e alla fine del semestre i lavori migliori vengono esposti nella Galleria Kortil. Il primo anno il tema assegnato era il modernismo e gli studenti hanno studiato gli stili, le correnti, le caratteristiche e le reazioni del pubblico; il secondo anno l’argomento era lo spazio e quest’anno ci siamo soffermati sul ritmo. La mostra finale non è da considerarsi un prodotto estetico, ma piuttosto una mostra didattica ed educativa nella quale gli studenti dimostrano di aver compreso la teoria mettendola in atto. Tra il 2021 e il 2022 ho lavorato nella Galleria Kortil come collaboratrice esterna e parlando con la direttrice Jolanda Todorović della situazione sulla scena artistica fiumana, ho allacciato i contatti con Čarli e di comune accordo abbiamo deciso di rilanciare la Galleria O.K.”.

Parte del club Palach
Quali sono stati gli inizi della Galleria O.K.?
“La Galleria O.K. è stata istituita nel 1998 nel Centro multimediale ‘Palach’, in via della Ruota, da Damir Čargonja Čarli. L’idea gli è venuta non solo perché in quei vani esisteva già prima, negli anni Ottanta, una galleria d’arte, ma anche perché all’epoca lui stesso si occupava di arte. Il nome significa ‘zatvoreni krug’ (cerchio chiuso, nda) e non ‘omladinski klub’ (club dei giovani) come molti erroneamente credono. ‘Zatvoreni krug’ era un’associazione nata all’inizio degli anni Novanta di cui Čarli era il direttore ed è forse la prima associazione registrata in Croazia. Si occupava di un approccio nuovo alla comunicazione ed era composta da psichiatri e psicologi, ma anche da artisti e da altri professionisti. Si lavorava con i giovani, tra cui anche molti sfollati della Guerra patriottica. La Galleria O.K., quindi, faceva parte del club Palach, ovvero era annoverata tra le sue attività, perché all’epoca il club Palach non era gestito da un’associazione, ma da un’azienda culturale, un settore particolare solitamente detenuto dalle istituzioni o dalle associazioni, ma quasi mai da privati. La galleria sosteneva la produzione visiva e pittorica offrendo uno spazio espositivo”.

Per quanto tempo ha operato in seno al Palach?
“Questo primo periodo va dal 1998 al 2008, anno in cui è finita la concessione del club Palach e Čarli ha dovuto lasciare il club. Il materiale che documenta questo primo periodo è copioso, ma non è stato sistematizzato, motivo per cui ho iniziato una collaborazione con Čarli, non solo per far rivivere la Galleria, ma anche per fare ordine tra la documentazione che racconta la sua storia. Vorrei comprendere quali sono stati i contenuti artistici nati a Fiume alla fine degli anni Novanta e nei primi anni Duemila. In questi primi dieci anni la Galleria O.K. ha prodotto circa 400 esposizioni e programmi espositivi. L’attività era molto dinamica e le mostre si susseguivano a cadenza bisettimanale. Questo è un dato impressionante se pensiamo che oggi sulla nostra scena espositiva ogni mostra rimane in visione al minimo un mese. In questi dieci anni di lavoro in via della Ruota la Galleria ha ospitato artisti rilevanti del postmodernismo croato e dell’arte più recente, come ad esempio Tomislav Gotovac, Sven Stilinović, Vlasta Delimar, Ivan Kožarić, Dalibor Martinis, Damir Stojnić, Siniša Majkus, Tajči Čekada, Krešimir Kovačićek e altri. Il contesto odierno della storia dell’arte, ovvero ciò che gli studenti devono imparare nel corso dei loro studi legati al postmodernismo croato, viene in un certo senso racchiuso e compreso nella storia della Galleria O.K.. Possiamo dunque affermare che ai suoi tempi la Galleria O.K. è stata uno spazio espositivo di grande rilevanza per gli artisti a livello regionale, nazionale, ma anche internazionale. Non sono da trascurare nemmeno le performance e l’arte performativa, che avvenivano non solo nella Galleria, ma in tutto il club Palach. Possiamo affermare con certezza che nel primo decennio del XXI secolo Fiume è stata il fulcro della scena performativa croata”.

Qual è stato il secondo periodo della Galleria?
“Dopo il 2008 Čarli ha aperto il club KUNS (Klub umjetnika na Sušaku), sull’ex strada Luisiana e una parte del programma si è spostata lì, dove la Galleria O.K. ha continuato a operare fino alla chiusura definitiva nel 2013. Questa data rappresenta la fine di un continuum temporale. Gli ultimi cinque anni della galleria sono un’incognita nel senso che la documentazione è molto più caotica e c’è molto più lavoro da fare per sistematizzarla”.

Alcuni messaggi scritti nel libro dei commenti.
Foto: RONI BRMALJ

Un contenuto artistico alternativo
Perché si è deciso di rilanciare la Galleria O.K.?
“Proprio come l’azienda ‘MMC Palach’ aveva istituito la Galleria, la ditta ‘Novi turizam’, di Damir Čargonja, che si occupa principalmente di ristorazione, ha deciso di trasformare il bar/club Jadran, in via Krešimir, al pianoterra del Museo dell’Arte moderna e contemporanea, in una galleria d’arte, che però comprende anche un terrazzo e vi è possibile ordinare da bere. La location prima del bar e ora della Galleria non è casuale. Čarli ha voluto offrire un contenuto artistico alternativo e affiancarlo a quella che è l’arte ufficiale e viene esposta nello stesso palazzo, a pochi gradini di distanza. Vorrei sottolineare che anche prima dell’apertura della Galleria O.K., nel club Jadran si erano tenute delle serate artistiche e lo spazio era stato usato per esporre opere d’arte”.

Quale sarà il programma della Galleria?
“La prima mostra della Galleria O.K. è nata in maniera spontanea durante la trasformazione dello spazio commerciale del bar in uno spazio espositivo. Il regista ceco Aleš Suk ha realizzato degli scatti che mostrano alcuni frammenti di lavori edili e a noi è venuta l’idea di usare queste foto, combinate con degli audio dei lavori che simulano il processo lavorativo, per allestire la prima mostra della nuova Galleria O.K., intitolata ‘Metamorfosi’. Volevamo iniziare subito a lavorare, motivo per cui ci siamo lanciati a capofitto nel lavoro con questa prima mostra, quasi improvvisata. Una volta preso atto delle domande che partecipano al concorso per gli artisti, stileremo il programma per la stagione 2023/2024. Il programma verrà approvato dal Consiglio artistico composto dal collettivo K2, ovvero da me e Katerina Jovanović”.

Di cosa si occupa solitamente il collettivo K2?
“Il collettivo K2 è nato in seno alla Società degli storici dell’arte di Fiume e visto che io mi chiamo Katarina e la collega è Katerina, abbiamo deciso di intitolare il collettivo ‘K2’. L’idea è venuta alla mia collega e amica Katerina Jovanović, storica dell’arte e filosofa, in quanto anche lei ha notato dei problemi nella vita artistica fiumana. Dato che il lavoro in un collettivo è più proficuo di quello individuale abbiamo deciso di unire le nostre forze. Il nostro punto di forza è che ragioniamo nello stesso modo, ma ci occupiamo di aspetti diversi della produzione artistica. Unendo due visioni artistiche differenti punteremo su una gamma più vasta di contenuti. L’idea del collettivo K2 è promuovere la scena artistica contemporanea regionale, nazionale e internazionale ed abbiamo usato appositamente il termine ‘collettivo’ perché siamo aperte alla collaborazione con altri colleghi. Un primo piccolo progetto di carattere internazionale è la mostra ‘Brave new world’, inaugurata il 12 giugno nella sala espositiva della Filodrammatica e in seno al Festival internazionale delle Arti visive ‘Arcadia’, organizzato dall’artista concettuale tedesco Peter Kees”.

Sostenere il mercato artistico
Come sono state le prime settimane della Galleria O.K.?
“Abbiamo inaugurato la galleria il 18 maggio scorso e devo dire che l’interesse esiste, soprattutto tra i passanti, che si fermano e sbirciano. Già all’inaugurazione il pubblico è stato numeroso e in base alla mia esperienza succede sempre così. Alle aperture ci sono sempre tantissime persone, mentre negli altri giorni i visitatori sono piuttosto rari. La Galleria O.K. è aperta dal lunedì al sabato e non mancano mai i curiosi, anche se devo dire che la maggior parte di visitatori sono i turisti che passano per via Krešimir. Quello che rende interessante questo spazio per un pubblico solitamente non interessato all’arte è l’offerta legata alla ristorazione, perché nella nostra galleria si può sempre prendere un caffè senza dover per forza guardare le opere in allestimento, ma volendo si può dare un’occhiata a ciò che offriamo. Grazie, appunto, a questa combinazione di arte e ristorazione ci è già stato chiesto di vendere delle fotografie che compongono la mostra ‘Metamorfosi’ di Suk e le trattative sono in atto. Visto che si tratta di una galleria privata, ovvero di un’attività commerciale, sono contenta che esista anche un interesse di questo tipo, ovvero legato all’acquisto delle opere. In questo modo si sostiene non solo la galleria, ma anche il mercato artistico e gli artisti”.

Ci saranno anche contenuti performativi accanto a quelli visivi?
“Assolutamente sì. La Galleria O.K. non è stata pensata come uno spazio esclusivamente espositivo, ma anche uno spazio multimediale aperto a tutte le forme di espressività artistica, creativa, culturale e di altro tipo. Grazie a questo approccio abbiamo già ospitato le promozioni di alcuni libri, tra cui un volume di storie della scrittrice zagabrese Sandra Holetić e la promozione del libro ‘Priča o sporom, nešto bržem i brzom umiranju’ (Racconti di una morte lenta, più veloce e veloce) del letterato zagabrese Žarko Jovanovski. Siamo aperti anche ad altri programmi di carattere discorsivo e invitiamo gli artisti a proporceli senza dover partecipare alle spese per l’organizzazione”.

Come affronterete le spese di gestione senza gravare sugli artisti?
“La Galleria O.K. è uno spazio no profit. Čarli paga l’affitto all’azienda PIK, che possiede parte del palazzo e copre parte delle spese con la vendita di bibite. L’idea di base, però, non è di ottenere un interesse materiale da questa iniziativa né di diventare un posto che vende o commercializza l’arte a scopo di lucro. Credo che per Fiume queste aspettative siano irreali e il mercato di opere d’arte nella nostra città è pressoché inesistente. Quello che Čargonja faceva alla fine degli anni Novanta e continua a fare anche oggi è finanziare i contenuti artistici e culturali tramite altre attività commerciali. In questo modo arricchisce la vita culturale fiumana e nazionale, senza ottenere un interesse materiale. Quello che ottiene è di risvegliare la vita artistica cittadina e di offrire ai giovani artisti un posto dove presentarsi al pubblico. A Fiume non esiste una galleria nella quale i giovani non affermati possono esporre le loro opere. C’è la Galleria Kortil, che però non ha lo spazio necessario per tutti gli artisti emergenti. La nostra idea, dunque, era di offrire un altro spazio nel quale mostrare cosa si realizza a Fiume e devo dire che l’interesse esiste eccome. Tornando al discorso del connubio arte-ristorazione, mi rendo conto che il pubblico culturale deve venire plasmato, si sviluppa col tempo, e non possiamo aspettarci che esista un interesse, se non facciamo noi il primo passo per attirare i visitatori. Questo modello ci ha permesso di puntare su diverse categorie sociali e attirarle con prodotti a loro conosciuti, abbinandoli a contenuti artistici. Una serata musicale, ad esempio, attira sicuramente più giovani di una serata letteraria, ma le due cose si possono sempre abbinare. In questo modo il pubblico si abitua all’arte e va a visitare gli spazi nei quali l’arte viene esposta, prodotta e presentata”.

Una fuga dalla realtà
Com’è nata l’idea di mettere in atto un modello di questo tipo?
“Conoscendo Čarli, direi che la Galleria non è nata come un contenuto pensato per arricchire l’offerta commerciale, ma piuttosto il contrario. L’idea di base era la produzione artistica e negli anni Novanta l’arte univa diversi settori culturali, dalla musica, alla pittura, ad altri campi intellettuali. Non esisteva una distinzione netta, ad esempio, tra una performance e un concerto, le linee di demarcazione erano molto fluide. Per poter creare e sostenere uno spazio che ospiti artisti di questo tipo, Čarli ha dovuto per forza aprire anche un club con un’offerta commerciale”.

Qual è la differenza tra la scena artistica di allora e di oggi?
“Non è facile tracciare un parallelo, perché la situazione odierna è molto più ambigua. Gli anni Novanta erano un periodo di idee molto forti, di un forte attivismo, anche di carattere politico. Il tutto ovviamente era la conseguenza della Guerra patriottica e di tutti i travolgimenti che si sono verificati in quegli anni. Oggi l’arte non ha più quei connotati politici, come neppure la musica. La produzione si è spostata non solo verso sfere più commerciali, ma anche verso l’arte digitale, una sorta di metaverso nel quale gli artisti si nascondono fuggendo dalla realtà. Anche in senso musicale mi viene da dire che abbiamo avuto un periodo di decadenza musicale. Per questo motivo penso che per unire l’arte alla musica oggi dobbiamo per forza avere un prodotto commerciale che attiri l’acquirente, perché non esiste uno Zeitgeist o Spirito del tempo che faccia da filo rosso tra i diversi tipi di arte. Per questo penso che per attirare i visitatori oggi sia necessario un lavoro molto più grande che venti o trent’anni fa, perché una volta l’arte era un mezzo espressivo, mentre ora è una via di fuga”.

Potremmo dire che oggi l’arte è fine a sé stessa?
“Direi che siamo ancora molto lontani da quella che veniva definita ‘l’arte per l’arte’, ma non me la sento di esprimere un parere perché non è facile avere una visione d’insieme della produzione contemporanea. Quello che ho notato, però, è che i giovani artisti cercano mondi simulati che non hanno alcun legame con la realtà. Gli artisti tramite la finzione e la simulazione fuggono in mondi che offrono sicurezza e stabilità e in questo modo indirettamente criticano una società che desta in loro scontento e insicurezza. Non sono sicura che questo messaggio sia intenzionale, ma è sicuramente quello che io ho percepito e interpretato da questa tendenza. Gli artisti si rifiutano di prendere parte al dibattito politico o sociale e si distanziano da tutto e tutti. Ciò non avveniva negli anni Novanta, quando l’arte era impegnata e presente”.

Esiste oggi l’arte impegnata?
“Esiste, ma in una forma completamente diversa. Prima la sua azione era molto diretta e la critica e gli interventi erano intenzionali e presenti negli spazi pubblici. Il sistema veniva criticato senza mezzi termini. Oggi i nuovi media, i media digitali, offrono una piattaforma per l’impegno artistico, che distanzia l’arte dalla realtà. Voglio dire che l’impegno esiste, ma il commento sulla società arriva dall’esterno, da un artista che si isola e prende le distanze dalla società, e non più dall’interno. L’arte oggi diventa più fantascienza, che vita vissuta. Al Salone dei giovani dell’anno scorso, allestito al Padiglione di Meštrović di Zagabria dall’Associazione degli artisti visivi, il tema è stato quello dei ‘Parassiti’. Anche se il tema ha una chiara connotazione politica, in quanto può indicare una persona che vive sulle spalle dei cittadini e della società, la risposta artistica è stata deludente e indiretta. Un’ulteriore fuga dalla realtà, che secondo me denota disinteresse e malcontento”.

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