Per sopravvivere gli stabilimenti navali devono essere competitivi sul mercato

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Per sopravvivere gli stabilimenti navali devono essere competitivi sul mercato

FIUME | L’obiettivo del governo è trovare una soluzione valida per i cantieri navali Uljanik e 3. maj in modo che entrambi gli stabilimenti possano in futuro operare autonomamente sul mercato. A rilevarlo è stato ieri il primo ministro Andrej Plenković che ha fatto visita in mattinata al cantiere quarnerino, dove da settimane i lavoratori sono in sciopero e i conti aziendali sono bloccati ormai da più di due mesi. Il premier, assieme ai ministri Predrag Štromar (Edilizia), Oleg Butković (Marineria e Infrastrutture) e Darko Horvat (Economia), ha incontrato sia il nuovo CdA del Gruppo Uljanik sia i rappresentanti dei lavoratori. “Il governo ha fatto il possibile per i cantieri, concedendo le necessarie garanzie all’inizio dell’anno, che hanno permesso di procedere con la ristrutturazione dell’intero Gruppo”, ha dichiarato il primo ministro, dopo gli incontri, ribadendo l’impegno dell’Esecutivo anche sul versante degli stipendi, in particolare per quanto concerne la corresponsione di quelli di luglio e agosto. In questo contesto ha annunciato che altri tre salari minimi potrebbero essere saldati per il tramite dell’Agenzia per la riscossione dei debiti dei lavoratori. “Questo è quanto possiamo fare per ora”, ha dichiarato il premier, sottolineando che il governo è sempre stato chiaro con le sigle sindacali durante gli incontri passati: “Stiamo facendo tutto il possibile, in linea con i meccanismi giuridici a nostra disposizione”.

Cantieri importanti

Andrej Plenković si è detto consapevole dell’importanza che i due cantieri rivestono sia per l’Istria che per il Quarnero, sottolineando che il loro ruolo è importante anche a livello nazionale, soprattutto perché “parliamo di realtà votate alla produzione e all’esportazione, segmenti questi fondamentali per la crescita del Paese”. Alla domanda su quando si potrà giungere a una soluzione concreta dei nodi della cantieristica, il premier ha risposto che da mesi si stanno cercando vie d’uscita da questa situazione. Ha confermato che ci sono stati colloqui costruttivi con diversi potenziali investitori anche se non ha voluto sbilanciarsi più di tanto sull’esito degli stessi vista la delicatezza della situazione. In merito alla possibilità che lo Stato assuma il controllo del Gruppo Uljanik per un determinato periodo, Plenković ha ricordato che la presenza statale è già marcata e che a metà ottobre al governo è stata presentata la relazione sulle precedenti garanzie concesse per un importo totale di 4,3 miliardi di kune: “Di conseguenza lo Stato, sia per quanto riguarda il programma di ristrutturazione che per quanto concerne gli aiuti concessi negli ultimi anni e persino decenni, è eccome presente nel comparto della cantieristica”. Sulla possibilità che i due cantieri tornino a operare in maniera autonoma, ovvero che il 3. maj venga scorporato dal Gruppo Uljanik, il titolare dei Banski Dvori non si è sbilanciato, limitandosi a rilevare che in questo momento è difficile fare pronostici. “Quello che conta è la sostenibilità a lungo termine della cantieristica. Comprendo sia il punto di vista di Fiume che quello di Pola, ma la cosa fondamentale è che il Gruppo sia capace di essere competitivo sul mercato”, ha ribadito il premier.

L’interesse c’è

Stando al ministro Darko Horvat l’interesse per i cantieri c’è. Ma prima di entrare nei dettagli è meglio attendere “di avere sul tavolo un’offerta concreta”. “Stiamo portando avanti le trattative. Quattro potenziali partner hanno espresso il desiderio di rilevare la proprietà dei due cantieri”, ha puntualizzato Horvat, senza fare i nomi dei probabili futuri proprietari. A suo avviso gli incontri di ieri mattina sono stati positivi perché “è nell’interesse di tutte le parti il mantenimento della cantieristica navale sia nel Quarnero che in Istria”. “Però il modello dev’essere diverso rispetto a quello a cui si è ricorsi finora, ovvero dev’essere sostenibile. Non si può continuare a costruire navi accumulando perdite. Bisogna puntare al guadagno se si vuole avere uno sviluppo a lungo termine sia della cantieristica che della produzione e delle esportazioni croate”, ha sottolineato Horvat.

Piano di ristrutturazione

Si sta ancora lavorando per mettere a punto il piano di ristrutturazione. Lo ha affermarlo il nuovo presidente del CdA del Gruppo Uljanik, Emil Bulić, che si è detto soddisfatto degli incontri avuti sia con il governo che con i rappresentanti dei lavoratori. Il neodirettore ha confermato di essere giornalmente in contatto anche con gli armatori “che hanno espresso piena fiducia al nostro piano di ristrutturazione”. Allo stesso tempo ha confermato che prosegue il dialogo con le parti sociali sia a Pola che a Fiume, sostenendo che una parte dei dipendenti, dopo il pagamento dei salari minimi, gli avrebbe garantito in maniera informale di essere disponibile a concludere lo sciopero e a riprendere a lavorare nei prossimi giorni. “Pertanto, tutte le risorse disponibili “saranno utilizzate per il completamento delle navi prossime alla consegna”. Alla domanda se questo voglia dire che lo sciopero terminerà, ha risposto: “L’agitazione proseguirà finché non sarà il Comitato per lo sciopero a decidere diversamente”. “Da parte nostra possiamo chiedere ai lavoratori soltanto comprensione con l’auspicio di poter iniziare a lavorare il prima possibile “, ha concluso Bulić.
Dal canto loro i lavoratori hanno presentato le loro richieste: il benservito al Consiglio di Vigilanza e al direttore del 3. maj, la reintegrazione nell’ambito del cantiere di tutti i servizi, tra cui la fabbrica di gru e motori e, infine, il coinvolgimento dei dipendenti nella realizzazione del programma di ristrutturazione e nel processo di selezione del partner strategico. Sulla possibilità di interrompere lo sciopero, il presidente del Comitato sindacale per la sopravvivenza del 3. maj, Juraj Šoljić, ha dichiarato che si proseguirà con l’agitazione fino a quando non saranno stati versati gli importi completi degli stipendi. “Anche se riprendessimo a lavorare non sapremmo cosa fare perché non ci sono i semilavorati necessari per proseguire con la produzione”, ha dichiarato il sindacalista.

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