Uljanik. O ristrutturazione o liquidazione

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Uljanik. O ristrutturazione o liquidazione

POLA | Paura fondata, quella della liquidazione, per il cantiere navale di Pola. Lo scenario di una completa cancellazione della cantieristica dall’area che è campata anche bene, per un secolo e mezzo, d’industria navale, è saltato fuori – in certi momenti a tinte forti, in altri offuscato dal vespaio di mille parole – alla seduta annuale dell’Assemblea societaria dell’Uljanik di ieri. Quando si è rimasti impigliati per ore nella macchina del voto, tanto che con un quorum assestatosi intorno al 67,95 per cento (pari a 2,2 milioni di azioni), gli azionisti (il 47 per cento è rappresentato dagli stessi dipendenti del cantiere, il 25 p. c. dallo Stato o da istituzioni statali) hanno votato via via sfiducia alla direzione e al Comitato di sorveglianza del cantiere. Respingendo di pari passo il Resoconto sull’operato della Direzione per il 2017, proposto dallo stesso Comitato di sorveglianza, e il Resoconto sulla gestione finanziaria della Società, sempre per il 2017, presentato dallo stesso Consiglio direttivo.

Respinto il Resoconto di gestione

Giunti al Resoconto di gestione (che come abbiamo già detto è stato respinto avendo ottenuto il 77 per cento di voti contrari), Gianni Rossanda, direttore dell’Uljanik si è rivolto ai presenti affermando la volontà della direzione per il mantenimento del comparto della cantieristica su questi territori. Detta volontà, secondo Rossanda, è stata espressa il 16 febbraio scorso all’Assemblea straordinaria di Scoglio Olivi, quando il gruppo Kermas con l’imprenditore Danko Končar era entrato ufficialmente al cantiere in qualità di partner strategico dell’impianto, proponendo per esso una diversificazione dell’attività produttiva, che in altre parole avrebbe significato la cessione di una parte della costa e dei terreni che si vorrebbe (ancora) fossero trasformati in contenuti rivolti al turismo. Quello che ne fosse rimasto, avrebbe riguardato il Programma di ristrutturazione, ch’è tuttora il nodo dell’aggrovigliata matassa, perché lo Stato, – così Rossanda –, non ha ancora deciso nulla in merito alla manovra che, o ci sarà, oppure sarà la fine per il cantiere di Pola.
“Dopo il prestito ‘rescue aid’ avallato dall’Unione europea – ha detto ancora Rossanda –, noi avevamo sperato per il meglio. Ovvero che ci sarebbe stata la manovra di ristrutturazione e che avremmo continuato a costruire navi, anche se in una sede più piccola. Nessuno però, ai vertici dello Stato, sembra essersi impietosito. Il ministro dell’Economia (Darko Horvat, nda) straparla: lui il Piano di ristrutturazione non l’ha nemmeno letto, e di cantieristica ha dimostrato di non intendersi affatto dopo avere dichiarato che saremmo intenzionati a produrre 3 navi in due scali: ma quando mai! Il programma è ben più articolato”.

L’appello al governo

“Mi appello al governo affinché trovi un nuovo partner strategico oppure approvi la manovra ch’è stata già votata, e mantenga così la cantieristica in quest’area. Con me o senza di me”, ha concluso Rossanda, il quale nel dibattito che è seguito al suo intervento, ha trovato la disapprovazione di parte dei presenti, che hanno dissentito su un punto fondamentale.
“Come faremo a fare le navi se diamo a Končar l’arsenale?”, ha detto infatti uno dei rappresentanti sindacali nel cantiere, Đino Šverko, dei Metalmeccanici. Per lui una riduzione così drastica dello spazio di lavoro sarebbe una rovina, la morte del cantiere. “Trovino chi entrerà nello stabilimento con un’iniezione finanziaria di tutto rispetto, perché il tempo rimasto sta per scadere. Sono andati via dal cantiere già 500 operai qualificati. Trovino anche il modo di darci la paga, perché la reazione dei dipendenti che vivono del solo salario, potrebbe essere questa volta, più forte che mai”, ha concluso Šverko. In sala, l’intervento di uno degli astanti, che si è presentato come “uno dei tanti piccoli azionisti”, ha suscitato gli applausi dei presenti dopo che lo stesso si è chiesto come è potuto succedere che il cantiere arrivi al punto di dover pregare di essere salvato “da un Končar”. “Ci rimettano in piedi come hanno fatto con l’Agrokor”.
Serve ricordare a questo punto che nella scorsa assise era stato specificato che il (lungimirante) piano di ristrutturazione studiato dal consiglio direttivo, – un piano poi rivisto e rivisitato – avrebbe cercato di mantenere la produzione in modo da produrre navi tecnologicamente sofisticate in tutti e tre gli impianti dello stabilimento, a Pola, Fiume e Dignano. Si era parlato di 3 o 4 navi all’anno impiegando 3,7 milioni di ore di lavoro con 3.500 dipendenti.

Copertura della perdita d’esercizio

Nel corso dell’assise, ha fatto seguito la proposta con la conseguente approvazione, della Delibera che porterà alla copertura della perdita d’esercizio, pari a 1 miliardo 246 milioni 416.460,99 kune; conseguentemente a questo, la perdita è stata ridotta e risulterà essere pertanto in questo 2018, di 995 milioni. La grossa cifra delle perdite include le commissioni delle navi disdette dai committenti in questo periodo di grave crisi.

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