«Muro» al confine italo-sloveno: in campo quattro pattuglie miste

Il vicepremier Matteo Salvini e il governatore FVG Massimiliano Fedriga, prospettano l'innalzamento di una barriera lunga 232 chilometri

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«Muro» al confine italo-sloveno: in campo quattro pattuglie miste

Quattro pattuglie miste che ogni settimana, con a bordo due agenti della Polizia di frontiera italiani e due colleghi sloveni, presidieranno un’area di 10 km all’interno dei rispettivi confini. Tre pattuglie controlleranno il versante sloveno della frontiera e una quello italiano. Un breefing ogni 15 giorni per eventualmente rimodulare modalità di frequenza e percorsi. Poi il 30 settembre una panoramica definitiva dell’attività, che potrebbe essere estesa.
Sono le principali novità sui pattugliamenti misti italo-sloveni, per arginare i flussi di arrivi dalla rotta balcanica al confine, forniti dalle autorità slovene durante un incontro all’ex valico di Lipizza. I controlli, è stato ribadito, si terranno lungo la fascia confinaria dei comprensori di Trieste e Gorizia e di Capodistria e Nova Gorica. “Tra noi e i colleghi italiani, c’è una buona cooperazione in questa attività di controllo che verrà valorizzata grazie al nuovo protocollo sulle pattuglie miste”, hanno rilevato i dirigenti del dipartimento di Polizia del distretto di Capodistria.

L’ipotesi della barriera
“Un’ottantina di persone al giorno, ma è un numero difficile da stabilire. Ci sono giorni in cui ne arrivano 100, altri in cui non ne arriva nessuno – dice il Presidente del FVG Massimiliano Fedriga, in un’intervista a “Libero”. Insomma, “un muro o altro” aveva detto a Il Fatto. Ipotesi allo studio.
Se si dovesse fare, il muro ipotizzato da Salvini non sarà di 243 km bensì di 232. Tanto è, infatti, lungo il confine tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia. È un territorio non facile da scavare, spesso arido, a tratti alberato, prevalentemente roccioso. Vaghe stime parlano di un costo di 2 miliardi di euro. E se ancora nessuno è in grado di definirlo con precisione, un muro è comunque un muro. Di cemento, a pannelli modulari incastrati uno nell’altro, o di mattoni. Presumibilmente alto, con il filo spinato che corre in cima. Ma non è nemmeno detto che sia di cemento e che corra, più o meno lineare, lungo tutti i 232 km. Potrebbe essere anche costruito solo nei punti nevralgici, dove i passaggi dei migranti provenienti da Est sono più frequenti.

L’ipotesi della “cortina di ferro” riprende quota a quindici anni di distanza dalla notte del 2004 quando in piazza della Transalpina, a Gorizia, l’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi, chiamò a festeggiare l’eliminazione della rete che divideva la città da Nova Gorica per l’ingresso della Slovenia nell’Ue. E ora, invece, c’è la concreta possibilità che a poca distanza da quella piazza ci si possa ritrovare a fare i conti con la costruzione di nuove barriere di separazione.

“Ora partono i pattugliamenti misti con gli sloveni – ha ricordato il vicepremier Salvini solo pochi giorni fa –, ma se il flusso dei migranti non dovesse arrestarsi, a mali estremi, estremi rimedi: non escludiamo la costruzione di barriere fisiche alla frontiera come hanno fatto altri Paesi”, aveva poi avvertito. In ogni caso, si trattener dell’erezione di una barriera di filo spinato su modello Slovenia-Croazia di qualche anno fa o come l’Ungheria di Orban, che proprio venerdì 5 luglio sarà a Trieste per la firma di un accordo sul porto di Trieste, al quale potrebbe partecipare anche il vicepremier Matteo Salvini. È un’operazione non di così facile realizzazione. Il premier italiano Giuseppe Conte si è proclamato contrario a un muro in stile Trump e Orban al confine tra Italia e Slovenia. Allo stesso modo la pensa il capo politico dei 5 Stelle Luigi Di Maio. Intanto l’intellettuale e scrittore triestino Claudio Magris scrive di muro “che fa tornare i fantasmi del passato”.

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