Un uomo ha deciso di rischiare la sua vita arrampicato su una gru a 77 metri d’altezza, piuttosto che soccombere all’intreccio di impedimenti burocratici che l’hanno portato alla rovina. “Ma no, è un mitomane”, commenta qualcuno che probabilmente non è neppure in buonafede, “un esagitato”. Ferma tutto. Facciamo qualche considerazione. Quante storie conosciamo di gente che ha vinto la propria battaglia contro i regolamenti, le leggi, i decreti, dura lex sed lex, recita uno dei principi della legalità. Ma si può morire di frustrazione quando nessuno ci da più ascolto?
«La voce della Luna»
È la storia di Marcello Di Finizio, 53 anni, vive tra i tralicci della gru galleggiante Ursus nel porto di Trieste da 39 giorni e da dodici non tocca più cibo poiché ha intrapreso anche uno sciopero della fame. Il motivo? La sua è una protesta pacifica, ma ferma, decisa. È (o era) titolare dello stabilimento “La voce della Luna”, un punto di ristoro e divertimento, un gioiellino incastonato tra gli scogli del lungomare di Barcola a Trieste. Oggi lo stabilimento è chiuso dopo un incendio doloso e due mareggiate. Dopo ogni “tragedia” Marcello era riuscito a ricostruire il sito, fino all’ultima quando,rivoltosi alle banche gli è stato risposto che una direttiva europea sulle concessioni non gli assicurava automaticamente tale diritto che sarebbe diventato oggetto di bando. Per cui le banche rifiutavano il prestito. Marcello non ha una famiglia a cui ricorrere, l’attività è ferma, e non ha più neanche una casa. È stata pignorata perché con l’impresa paralizzata non era più riuscito a pagare i mutui che aveva aperto con le banche proprio per costruire la sua attività. Avrebbe voluto lavorare per far fronte a tutto ciò, ma tale “privilegio” non gli viene concesso. Quindi protesta e minaccia di morire con lo sciopero della fame.
Marcello ha ragione, poiché sia il governo centrale sia il sindaco avevano fin da subito gli strumenti politici e giuridici per superare la Bolkestein, e concedergli un lasso di anni adeguato a recuperare gli investimenti fatti e quelli da effettuare, ma non lo hanno voluto aiutare. Lo hanno illuso, gli hanno fatto perdere un sacco di tempo, ma il tempo ha la sua ragione e lo sta portando via.
Bulimia legislativa
Il suo non è un esempio isolato, vivere l’ingiustizia è il leitmotiv della realtà odierna. La bulimia legislativa ha portato a inventare leggi e regolamenti per ogni occasione, per ogni situazione, in modo da non lasciare nulla alla libertà di pensiero, alla capacità di decidere, alla possibilità di scegliere, ma anche di sbagliare, mettendo in campo il buon senso, l’umanità, la generosità. Chi finisce nelle maglie del ragno non ha via di scampo. Marcello nel 2000 aveva rilevato lo stabilimento grazie a una concessione della Regione di 6 anni, rinnovabile per altri 6 automaticamente a scadenza. Lo ricostruisce da zero, investe negli anni circa 500mila euro e dà lavoro a 15 dipendenti. Il mezzo milione di euro serve per i lavori di ristrutturazione e per riparare i danni subiti dopo l’incendio e le mareggiate. La seconda arriva nel 2010. Ed è allora che per Marcello la vita cambia radicalmente. In peggio.
La direttiva Bolkenstein
Lui non lo sapeva, ma nel 2010 era entrata in vigore la direttiva Bolkenstein, di matrice europea e relativa ai servizi nel mercato comune. Nonostante le imprese balneari non rientrino nella categoria dei servizi, ma sono concessionari di beni, curiosamente nessun politico italiano si è accorto di questa ‘piccola’ incongruenza e la Bolkestein viene applicata anche per le imprese balneari. Rappresentano i servizi oltre il 70 p.c. dell’economia europea, è bene questi vengano liberalizzati e se ne faciliti la circolazione all’interno dei 28 Paesi UE. Questo significa semplificare i procedimenti burocratici e, attraverso sportelli unici europei, abbattere le barriere nazionali per chi intende fornire un servizio in un Paese dell’UE che non sia quello di origine. Porte aperte, dunque, a qualsiasi impresa in qualsiasi Paese. Nessun rinnovo automatico delle concessioni, ma nuovi bandi pubblici internazionali a ogni scadenza. Il che, in parole povere, significa strada spianata soprattutto per i grandi gruppi in grado di sostenere la concorrenza all’estero. Non certo per le piccole realtà imprenditoriali come quelle che esistono in Italia.
Come si è mosso il governo italiano? Ne ha prorogato prima l’entrata in vigore dal 2010 al 2012, poi dal 2012 al 2015 e ora si parla di un’ulteriore proroga al 2034. Sulla quale però l’Europa non si è ancora espressa. Una società perfetta per chi non eccelle, per chi non ha iniziativa, si adegua alle regole generali, rimane nell’ombra perché è nessuno, non esprime opinioni perché non ne possiede.
La logica delle regole
Non è solo il caso di Marcello, è la realtà di tanti che, nello scegliere di emergere, vanno ridimensionati paurosamente a colpi di leggi e regolamenti supportati da uomini spesso capaci di applicare, ma non di capire. Anche le regole hanno delle regole se vogliamo che tali siano. Così un malessere generale trova conferma in questi atti estremi. Di persone che non chinano la testa e si mettono in gioco.
Marcello è solo un esibizionista o è un uomo che non ha più nulla da perdere? In un tempo in cui nessuno osa protestare, la sua protesta da quasi fastidio, obbliga a guardarsi nello specchio e a ragionare su ciò che subiamo ogni giorno nascondendo la testa sotto la sabbia.
L’inclemenza del tempo
Per Marcello si sono mossi in tanti, hanno chiamato anche i suoi amici dall’Istria per chiedere che non scendesse il silenzio sulla sua vicenda. Si sono mossi politici in sua difesa, per convinzione personale o per visibilità mediatica ma nulla è cambiato. Egli rimane nella sua piccola tana a sessanta metri d’altezza, ad affrontare l’inclemenza del tempo, sperando che sotto qualcuno capisca, comprenda, offra una soluzione. La legge, dal canto suo, sta macinando giorni e dovrebbe portarlo in giudizio dove magari la sua protesta potrebbe avere soddisfazione, o forse no. Marcello non si fida della giustizia italiana. A questa speranza ha rinunciato da tempo, da quando ha iniziato a rifiutare il cibo. Di ingiustizia si può morire. Diranno che quello stare arrampicato, sospeso, gli ha tolto forse la ragione, meglio crederlo folle che grillo parlante di un mondo che vorremmo diverso, ma non sappiamo come dirlo.
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