L’Europa rimane alla finestra

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L’Europa rimane alla finestra

BRUXELLES | La Commissione europea ha deciso di avvalersi del diritto di non esprimersi in merito all’esposto presentato dalla Slovenia nei confronti della Croazia. Un’azione intrapresa da Lubiana nel marzo scorso, in segno di disappunto per la mancata attuazione da parte di Zagabria della sentenza della Corte permanente d’arbitrato (CPA) sul contenzioso confinario. Nel farlo, la Slovenia, che si è richiamata all’articolo 259 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ha imputato alla Croazia di non rispettare l’acquis communautaire né il diritto internazionale. Tesi seccamente respinte dalla diplomazia croata. A questo punto, se lo riterrà opportuno, Lubiana potrà tentare di far valere le sue rivendicazioni denunciando Zagabria alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE).

“L’articolo 259 non obbliga la Commissione europea a esprimersi in materia. Nei precedenti otto casi di questo tipo, la Commissione si è pronunciata soltanto quattro volte”, ha chiarito ieri il portavoce della Commissione europea, Margiritis Schinas. “Rimaniamo del parere – ha proseguito – che la soluzione debba essere individuata dai due Paesi, entrambi membri dell’UE. La Commissione europea rimane pronta a porgere il suo aiuto nel ruolo di intermediario imparziale”. Ai giornalisti che gli hanno chiesto se sia vero che gli esperti legali della Commissione abbiano avvalorato, parzialmente, le argomentazioni contenute nell’istanza presentata da Lubiana, Schinas non ha fornito una risposta. Ha semplicemente confermato che l’argomento è stato trattato dalla Commissione nel luglio scorso. Ha poi puntualizzato che la Commissione europea non commenta i dibatti che conduce a porte chiuse.

Favorita la Croazia?

E se a un osservatore disinteressato potrebbe sembrare che Bruxelles abbia deciso di rimanere alla finestra, diversi analisti hanno espresso il giudizio che la decisione della Commissione europea di non esprimersi favorisce la Croazia. Una valutazione, quest’ultima, avvalorata anche da numerosi commentatori sloveni. Una tesi di questo tipo è stata espressa dal Delo. Il quotidiano di Lubiana non esclude la possibilità che l’atteggiamento della Commissione europea possa essere stato influenzato dal Partito popolare europeo (PPE) – i cui esponenti occupano i posti chiave nelle istituzioni dell’UE –, incline alla Croazia. D’altronde, la scorsa settimana, il Presidente della Repubblica di Croazia, Kolinda Grabar-Kitarović, in occasione di una visita a Bruxelles aveva dato a intendere che un’intromissione della Commissione nella disputa sarebbe risultata controproducente.
Stando al Delo, ma anche ad altri mass media sloveni, a questo punto Lubiana non avrebbe altra scelta se non quella di rivolgersi alla CGUE nel tentativo di far valere le sue ragioni. In teoria, trascorsa la moratoria di tre mesi stabilita dall’acquis communautaire, Lubiana potrebbe rivolgersi ai giudici lussemburghesi già nel corso della giornata odierna.
I commentatori sloveni non hanno tralasciato di osservare che la denuncia non è priva di rischi, considerato soprattutto che si tratta di un’opzione invisa a Bruxelles. Tuttavia, hanno fatto presente che si tratta forse dell’unico modo per depoliticizzare la vicenda. Ritengono che il ricorso ai giudici permetterebbe anche alla Croazia di individuare una soluzione “creativa”, per attuare l’arbitrato, ma evitando di macchiare il suo onore. In caso contrario, se la vicenda dovesse mantenere i contorni di una diatriba politica, i giornalisti sloveni non escludono che Lubiana possa decidere di bloccare l’adesione della Croazia allo Spazio Schengen e a Eurolandia.

Posizioni contrastanti

Dal punto di vista sloveno, la Croazia, rifiutandosi di riconoscere la decisione comunicata nel giugno dell’anno scorso dalla CPA, avrebbe infranto il diritto comunitario. A sua volta la Croazia ritiene di non essere tenuta a riconoscere un procedimento (l’arbitrato) che considera compromesso dal modus operandi sloveno. Zagabria, lo ricordiamo, si è ritirata dall’arbitrato nel luglio del 2015. Una decisione presa all’unanimità dal Sabor, a causa dei contatti tra l’allora rappresentante sloveno nella commissione arbitrale istituita in seno alla CPA, Jernej Sekolec, e la dipendente del ministero degli Esteri di Lubiana, Simona Drenik. In seguito allo scoppio del cosiddetto scandalo telefonico, portato alla luce dalla stampa, si erano dimessi entrambi.
A differenza di Lubiana, che insiste per l’attuazione della decisione della CPA, Zagabria preme affinché la disputa sia risolta a livello bilaterale. Stando alla decisione della CPA, il territorio sloveno risulterebbe più piccolo di circa due chilometri quadrati. D’altro canto, Lubiana si è vista aggiudicare circa tre quarti del Golfo di Pirano (ma non l’accesso diretto al mare aperto).

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