Kočevje, il più grande comune sloveno (foto)

Una città tranquilla con poco movimento che ci accoglie in una giornata lavorativa. La sua storia presenta aspetti eccezionali, ma è purtroppo anche la più colpita dai massacri disumani dopo la guerra

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Kočevje, il più grande comune sloveno (foto)

Sapete qual è il comune della Slovenia con la più grande superficie? Di sicuro penserete ai centri principali del Paese, in primis la capitale Lubiana, quindi Maribor, Capodistria, Celje, Novo Mesto, Nuova Gorizia… Sono città importanti, con tanti abitanti, però con superfici minori rispetto a quella che detiene il record in Slovenia: Kočevje! In tedesco Gottschee (e in passato, in forma italiana, nota come Cocevie) è poco conosciuta e in molti si chiederanno “ma dove si trova?” e perché se ne parla?
Domande legittime, se si considera che, in generale, è solo negli ultimi anni che Kočevje, nella Slovenia sudorientale, si sta “aprendo” ai visitatori e quindi anche dal punto di vista turistico. Collocato tra i fiumi Krca (Cherca) e Kolpa, il comune conta una popolazione di circa 16.500 persone (di cui la metà nella sola Kočevje) ma ben 563,7 chilometri quadrati.

PRIMI CENNI STORICI
I primi riferimenti storici all’esistenza della cittadina risalgono all’anno 1363 (Gutschee) come feudo dei conti di Ortenburg, i quali fecero giungere dalla Germania alcune famiglie di agricoltori che popolarono le campagne e fondarono alcuni villaggi sulle colline e tra i monti del Kočevsko. In pochi decenni, Kočevje divenne il centro commerciale della valle del fiume Rinža e delle terre circostanti, ottenendo il titolo di città nel 1471 (civitas Gotsche).
Assalita più volte dai Turchi, cercò di resistere grazie a un giro di mura circondato dalle acque del fiume, deviate in un profondo fossato. Malgrado ciò, nel 1491 Gottschee fu conquistata e incendiata. Risorse faticosamente sempre come centro commerciale e artigianale, e verso la fine del XIX secolo giunse ad essere un modesto centro industriale. Dal 1941 al 1943, durante la Seconda guerra mondiale, fu occupata dall’Italia fascista, inquadrata nella Provincia di Lubiana.

Il fiume Rinža

COME ARRIVARCI
Per chi viene, come noi, da Fiume, la via obbligatoria ci porta a imboccare l’autostrada verso Zagabria. Usciti a Delnice, si prosegue lungo strade secondarie, con direzione verso il “confine” in località Brod na Kupi (siamo ancora nella Regione litoraneo-montana). Arrivati in territorio sloveno, si apre davanti a noi una meravigliosa zona verde e ben curata, con poche case e parecchi animali, tra cavalli e mucche. Dopo qualche decina di chilometri siamo già a Kočevje.
Quella che ci accoglie in una giornata lavorativa è una città tranquilla, con poco movimento. Prima di entrare nel centro urbano ci fermiamo nella periferia della città e decidiamo di recarci al lago artificiale chiamato lago di Kočevje, detto non a caso anche Lago della miniera, perché in quest’area un tempo c’era appunto una miniera. Oggi figura tra i laghi più puliti della Slovenia, habitat di numerose specie animali e vegetali. È un’autentica zona relax per gli abitanti di Kočevje e un paradiso per i pescatori. D’estate non mancano i bagnanti. L’acqua del bacino è abbastanza calda, ma attenzione al vento,che sa rendere l’aria fredda.

Il lago artificiale

PASSATO TRAVAGLIATO
Lasciate le sponde del lago, ci avviciniamo al centro, cercando il Museo regionale. Infatti, è un posto ideale per conoscere i trascorsi di Kočevje dagli albori ai giorni nostri. È situato in una parte secondaria, in un vecchio edificio che da sempre non è solo un museo, ma pure un centro per manifestazioni. Al pianterreno della palazzina c’è un’ampia stanza che ospita un percorso attraverso i secoli, che riassume e spiega la ricca e travagliata storia di questa città e di tutto il territorio.
Subito all’entrata sono collocate delle lapidi-pietre tombali che ricordano il passato, nonché una mappa dettagliata della regione. Basta dare un’occhiata per rendersi conto della vastezza di quest’area, con tantissimi paesini attorno al capoluogo. Ciò che colpisce è anche il fatto che i centri sono indicati con due colori, bianchi e neri, a seconda se sono paesi che vivono ancora oggi oppure se si tratta di cittadine abbandonate. Ed è, purtroppo, la sorte toccata alla gran parte dei paesi negli ultimi due secoli, a causa principalmente delle vicende legate alle due guerre mondiali.

Le lapidi delle tombe nel museo

LA «SIBERIA» DELLA SLOVENIA
Nonostante l’abbondante vegetazione, questa è una zona molto fredda d’inverno, tant’è che qui si registrano le temperature più basse in tutta la Slovenia. Non per niente viene definita la Siberia della Slovenia. E non soltanto per un fatto di “clima polare”, ma anche perché è ritenuta la zona meno abitabile del Paese: qui si finiva al confino, praticamente per punizione.
Bisogna pure sapere che Kočevje e dintorni negli anni hanno avuto una fortissima presenza germanica, che si è mantenuta fino alle ultime guerre mondiali, che qui hanno visto dopo la capitolazione dell’Austro-Ungheria la presenza italiana e successivamente quella tedesca. I conflitti hanno provocato il grande esodo della popolazione da queste terre che hanno visto dure battaglie e tanta distruzione. La popolazione di lingua tedesca fu costretta a esiliare in Germania o trucidata subendo una pulizia etnica.
Finite le ostilità, nel secondo dopoguerra fu allestito un campo prigionia per prigionieri politici, attivo fino al marzo del 1946: una specie di Goli otok sulla terraferma. Dopo la ricostruzione avvenne la militarizzazione delle regione. Nell’allestimento, il Museo presenta una serie di foto che registrano il prima e il dopo. E si capisce subito come sia cambiata la vita non solo in città, ma pure nella campagna.

Il fiume Rinža

LA FORESTA DEI MASSACRI
Prima di fare una passeggiata nel centro storico e conoscere meglio la Kočevje d’oggi, facciamo una breve tappa in montagna. E non per il gusto di fare un po’ d’alpinismo, ma per raggiungere lo specialissimo Kočevski rog, un altopiano carsico ricco di foibe e cavità naturali e in buona parte ricoperto da foresta. Qui, subito dopo il conflitto, avvennero i massacri di Kočevski rog – o massacri di Cocevie, come li chiamano vari storici –, le esecuzioni sommarie di massa di prigionieri di guerra, in buona parte domobranci sloveni, ma anche collaborazionisti croati, serbi e montenegrini, avvenute a opera di reparti speciali dei partigiani comunisti jugoslavi nell’estate del 1945.
I domobranci sloveni, con numerosi civili al seguito, erano fuggiti in Austria attraverso il passo Ljubelj nella seconda settimana di maggio. A partire dal 18 maggio iniziarono i rimpatri forzati via treno di croati e cetnici. Seguirono gli sloveni e i prigionieri vennero confinati dai partigiani in campi di concentramento attorno Lubiana e Celje. Poi vennero fatti venire in questo altopiano e nelle isolate foibe di Kočevski rog vennero liquidati, perlopiù con un colpo alla nuca. Le vittime delle stragi avvenute a Kočevski rog vengono stimate in 14.000, sebbene alcune testimonianze forniscano numeri più alti. Oggi a ricordo di quei tempi drammatici c’è una zona “mausoleo” con diversi croci per le diverse nazionalità e religioni con scritte in latinico e cirillico, una specie di via crucis.
Ritorniamo a valle, perché sì, Kočevje si trova in una valle tranquilla e verde. Oggi è difficile definire il centro cittadino: Kočevje può sembrare una città piccola, visto che ha poco meno di 10mila abitanti, ma ha edifici vecchi e pieni di storia. Tra questi bisogna far notare quello della scuola media. Infatti, l’istruzione ha origini lontane e di recente la scuola media ha festeggiato i suoi 150 anni.

Le croci che ricordano le vittime delle epurazioni post 1945: un anno fa, nelle foreste di Kočevski rog, furono esumati i resti di 3.200 persone

LE VILLE LIBERTY
La città come tale è divisa in due parti dal fiume Rinža, il corso d’acqua principale, che si snoda lentamente attraverso la città e sopra il quale passano diversi ponti, di differenti epoche. Il più vecchio e importante è il ponte Carlo del XIX secolo, quello più recente è stato innalzato pochi anni fa nelle immediate vicinanze del nucleo storico della chiesa. Ed è solo pedonale.
A pochi passi, sorge la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, costruita alla fine dell’Ottocento, sul sito della chiesa precedente. Andando a nord, lungo la vecchia strada arriviamo nella zona delle osterie, oltre che il quartiere delle ville storiche, dei tempi d’oro della città, quando si affermò l’Art Nouveau. Oggi purtroppo gran parte di queste costruzioni stanno decadendo, hanno perso il loro ruolo e splendore. Troviamo così la villa Sajovic, dai colori vivaci (giallo, beige e bianco) con motivi geometrici a forma di rettangoli e quadrati che dominano il primo piano, le decorazioni floreali sul lato del cortile, oltre ad ampi spazi vetrati e due portici. È del 1909, commissionata da Uršula Vitoslava Nosan (nata Kajfež), che si ispirò a una sconosciuta residenza di caccia reale in Svezia che aveva visto durante i suoi viaggi in Europa. Il nome della villa deriva dall’avvocato Ivan Sajovic, suo secondo marito.
Ma tra i migliori esempi di architettura Art Nouveau di Kočevje c’è la villa di uno dei più importanti uomini d’affari della Slovenia, Anton Kajfež del 1901, la cui mezza scala a chiocciola davanti alla porta principale è decorata con un mosaico.
Qui c’erano pure diversi alberghi. Di aperti oggi ne esiste solo uno ed è un ostello. Tra i vecchi alberghi c’era l’albergo Trieste del 1853. Un palazzo importante che era la sede pure del primo cinema e di svariati eventi mondani. Parallelamente a questa via, nella via Lubiana troviamo la zona sportiva e verde della città. Non è un parco, ma una specie di grande prato dove hanno trovato posto la scuola elementare e media, il palazzetto dello sport e lo stadio di calcio.
Inevitabile un altro ponte che offre un’ottima panoramica alla principale chiesa cittadina. Andando avanti ritorniamo al nostro punto di partenza e all’unico centro commerciale.
Finisce così la nostra passeggiata per la città di Kočevje, città che sta trovando una sua via dello sviluppo nel mondo del turismo. La parola d’ordine è Kočevsko, un brand dietro al quale sta l’ente turistico locale, con un’offerta variegata che va dall’ostello al bunker di Škrilj, dal museo alle guide turistiche cittadine e di montagna. Non solo di Kočevje, ma anche di Kostel e Osilnica. E il loro sito è pure in italiano. Da ritornare e da continuare a esplorare.

Il nuovo ponte

UN AMORE PROIBITO
La zona di Kočevje non è speciale soltanto per la sua natura eccezionale, ma anche per la sua ricca storia e per i suoi abitanti, le leggende che si raccontano. E merita davvero incamminarsi in un entusiasmante viaggio nel mondo del patrimonio culturale di quest’area. Ad esempio, si può salire fino alle rovine del castello di Friedrichstein (Fridrihštajn), che sorge su una collina alta 970 metri, a sud di Kočevje. È raggiungibile con una breve arrampicata, o con il consueto percorso escursionistico, più facile. Da quest’altura si gode una stupenda vista sulla valle. Interessante anche la storia del maniero, costruito nel XV secolo (tra il 1423 e il 1425), oggi ridotto a un cumulo di ruderi, che sono stati ricostruiti e quindi protetti da un ulteriore degrado.
È conosciuto soprattutto per una (tragica) storia d’amore “mitteleuropea”, che collega le attuali Slovenia e Croazia, andando pure oltre, in Austria, Ungheria… Il castello fu fatto erigere (per la sua amante e futura consorte) da Federico II (1379-1454), figlio di Herman II, conte di Celje. Era un principe e magnate della Stiria, fedele sostenitore e suocero di Sigismondo di Lussemburgo, re d’Ungheria, re di Croazia e in seguito anche imperatore del Sacro Romano Impero, che lo ricompensò con terre e privilegi. Al culmine del suo potere, Hermann controllava due terzi della terra in Carniola, la maggior parte della Bassa Stiria e diverse parti della Croazia. Infatti, Sigismondo gli assegnò in eredità Varaždin e vari altri distretti nello Zagorje. I conti risiedevano al castello di Veliki Tabor, una fortificazione sita nelle vicinanze di Desinić.
E fu proprio qui che il suo primogenito Federico II (1379-1454), che aveva sposato Elisabetta (Frankopan) di Veglia ma della quale nel 1422 era rimasto vedovo – la donna morì in circostanze sospette, probabilmente per mano dello stesso marito –, incontrò e s’innamorò perdutamente di sposare Veronika di Desenice (in sloveno Veronika Deseniška, in croato Veronika Desinićka), una giovane contadina. Era di rango inferiore, ma la sposò, contro il volere del padre. La coppia fuggì nella città di Friedrichstein, al confine tra Croazia e Slovenia, non distante dal Gorski kotar. Qui pronunciarono la loro reciproca promessa d’amore, ma la loro felicità non durò a lungo.
Il potente Hermann si rifiutò di riconoscere la nuova nuora e con l’intento di mettere fine a quell’unione mandò il suo esercito con l’ordine di arrestare i due amanti. Alla fine, gli scagnozzi del conte riuscirono a catturarli. Hermann accusò Veronica di stregoneria (fu il primo processo del genere registrato in Slovenia) per aver ammaliato il giovane Federico. Durante l’interrogatorio, durato ben 48 ore, i giudici non riuscirono a trovare neppure un piccolo indizio della sua colpevolezza. Veronika fu assolta dal tribunale di Celje, ma il conte decise lo stesso di far sopprimere la ragazza: ordinò che fosse fatta annegare in una tinozza piena d’acqua (era il 17 ottobre 1425) e il suo corpo senza vita fosse murato nel castello. Il figlio, invece, fu mandato a Celje, e per quattro anni rimase imprigionato in una torre priva di porte e finestre, con solo una feritoia attraverso la quale riceveva cibo e acqua.
Dopo l’estinzione della dinastia, nel 1456 il castello passò all’imperatore asburgico Federico III; in seguito fu affittato dal barone Jurij Thurn e nel 1641 fu acquistato dal conte Auersperg, che utilizzò anche i materiali di Friedrichstein per costruire il suo nuovo castello a Kočevje. Oggi di Friedrichstein rimangono solo le mura in rovina e i resti delle fondamenta. Il sito è stato ripulito e restaurato nel 1993. Un interessante residuo di quei tempi è la roccia viva su cui è rimasta l’impronta di Veronika: la leggenda narra che quando Federico II la baciò il giorno del loro matrimonio, la roccia su cui era seduta in quel momento si sciolse sotto l’effetto del loro amore appassionato. Il personaggio di Veronika ha ispirato diverse opere letterarie in sloveno, croato, tedesco, italiano e ceco.

La mappa della regione di Kočevje
Ricostruzione della vita dei contadini di un tempo
La sala con le scritte del 1943

Una delle vecchie case in legno
La chiesa di San Bartolomeo

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