Sicari e sciacalli nel mondo dell’economia

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Sicari e sciacalli nel mondo dell’economia

“Possiamo avere la democrazia o la ricchezza concentrate nelle mani di una minoranza, ma non possiamo permettere che lo siano entrambe”.
(Louis D. Brandeis, membro della Corte suprema USA dal 1916 al 1939)

Stando ai dati diffusi dall’ONU (Unctad, World Investment Report, 2011), le 82mila multinazionali contano nel mondo 810mila filiali, impiegano più di 124 milioni di persone e controllano i 2/3 del mercato di beni e servizi. Gli utili annui complessivi superano i 42mila miliardi di dollari USA. Nella maggior parte dietro alle multinazionali non ci sono persone fisiche bensì investitori (banche, compagnie di assicurazione, fondi pensionistici e di investimento…), Stando a una ricerca fatta nel 2011 da esperti svizzeri su 43mila multinazionali, 757 soggetti controllerebbero direttamente o indirettamente l’80 p.c. della proprietà. I 50 più grandi controllerebbero il 40 p.c. del capitale globale. Considerato che le multinazionali operano per definizione in un gran numero di Paesi va da sé che sfruttano al massimo i benefit offerti dalle cosiddette oasi fiscali. Prendiamo l’esempio della Mc Donald’s, che in Europa ha stabilito la sede nel Granducato del Lussemburgo. La Mc Donald’s ha fondato nel 2009 la società “McD Europe Franchising Sàrl” che dà impiego a 13 persone e registra utili per 4 miliardi di euro. Stando a quanto riporta la pubblicazione della CEO, The financial lobby (09/2014) la Mc Donald’s avrebbe così evitato di versare circa un miliardo di euro di tasse. Stando alle stime di “Tax Justice Network” nelle oasi fiscali sarebbero confluiti circa 30mila miliardi di dollari assicurando così ai loro proprietari di risparmiare un importo compreso tra i 200 e i 280 miliardi di dollari.

Multinazionali e lobbisti

Ma, parlando di multinazionali, non bisogna dimenticare che queste spendono importi non indifferenti per l’attività di lobby. Ad esempio, la “Corporate Europe Observatory (CEO)”, un’associazione che segue i rapporti tra le multinazionali e le istituzioni politiche UE, sostiene che a governare l’Europa non sono né i governi né i cittadini, bensì le banche e le multinazionali. La CEO valuta che le multinazionali pagano a ciascuno dei loro circa 15mila lobbisti – 1.700 dei quali sarebbero impegnati soltanto dal settore finanziario – un importo compreso tra i 70 e i 100mila euro all’anno. Come dire, le multinazionali sarebbero ben presenti nelle strutture dell’Unione europea, Europarlamento compreso e particolarmente attive sarebbero le più grandi: “JP Morgan”, “Goldman Sachs”, “Deutsche Bank”, “Unicredit”… Avere un accesso diretto al Parlamento di Bruxelles consentirebbe loro di attuare gli obiettivi che si sono fissati.

La distribuzione della ricchezza

Le tendenze attuali in materia di funzionamento delle istituzioni hanno conseguenze dirette anche sui cittadini. Stando ai dati pubblicati dalla “Credit Suiss” (Global Wealth Report, 2014.), per quanto riguarda le disuguaglianze le cose starebbero così: su un campione di 4. 670.542.635 cittadini (adulti residenti in tutti i Paesi del mondo) l’1 p.c. sarebbero i “superricchi” (46 milioni di persone che dispongono del 46 p.c. della ricchezza complessiva), il 9 p.c. sarebbero i “ricchi” che dispongono del 40 p.c. della ricchezza. I mediamente ricchi sarebbero circa il 20 p.c. e controllerebbero l’11 p.c. della ricchezza globale, mentre un altro 20 p.c. sarebbero i “mediamente poveri” sui quali ricadrebbe il 2,3 p.c. della ricchezza. Ai piedi della piramide ci sarebbero i “poveri”: il 50 p.c. della popolazione che controlla lo 0,7 p.c. della ricchezza. L’organizzazione britannica “Oxfam” spiega invece che le 8 famiglie/persone più ricche al mondo dispongono di una ricchezza pari a quella che ricade sulla metà della popolazione globale. E va tenuto da conto che molte multinazionali hanno bilanci più ricchi di alcuni Paesi.

Professionisti ben pagati

L’economista John Perkins (National Security Agency (NSA) e MAIN, la società di consulenza delle quale si avvale la Banca Mondiale per i cosiddetti Paesi del Terzo mondo) ha descritto nel suo libro “Confessioni di un sicario dell’economia – La costruzione dell’impero americano nel racconto di un insider” (2004), titolo originale Confessions of an Economic Hit Man – The shocking inside story of how America really took over the world, i metodi che la categoria di persone – della quale ha fatto parte prima di fare i conti con i rimorsi di coscienza – usa per corrompere gli Stati e i politici. Metodi che incidono direttamente sull’andamento dell’indice di disuguaglianza nel mondo. I “sicari dell’economia” sono una categoria lautamente pagata di professionisti che riescono a estorcere ai Paesi, in particolare a quelli in via di sviluppo, miliardi di dollari. Stando a quanto scrive Perkins operano per far sì che il denaro assicurato dalla Banca Mondiale, dall’USAID e da altre corporazioni finisca nelle tasche dei superricchi che controllano la maggior parte delle risorse (petrolio, acqua, gas, miniere…). Agiscono anche sul piano politico incidendo sull’andamento delle elezioni, ma uno dei ruoli chiave, a detta di Perkins, consiste nel “fissare e rafforzare il sistema corporativo”. La loro fedeltà e la loro correttezza nei confronti della corporazione viene premiata con yaht di lusso, aerei privati, ville con piscina…

Legami indissolubili

“Ma – scrive Perkins – se i nostri metodi falliscono, entrano in scena gli sciacalli, i più crudeli tra i sicari. Laddove nemmeno loro dovessero produrre risultati – come avvenuto ad esempio in Iraq – scatta l’intervento militare”. In un capitolo del libro Perkins cita il nome della persona che lo istruiva per lo svolgimento degli “affari sporchi”. “Due sono gli obiettivi principali del tuo lavoro. Primo, devi giustificare gli enormi prestiti internazionali grazie ai quali il denaro tornerà nella nostra e in altre società americane, ad esempio Bechtel, Halliburton, Stone & Webster… Così, gradualmente, questi Paesi rimarranno per sempre legati ai loro creditori e rappresenteranno un bersaglio facile quando avremo bisogno di un nuovo favore; basi miliari, voto all’ONU, accesso al petrolio, al gas e alle altre risorse naturali inclusi”, scrive Perkins. Verso la fine del libro si legge poi: “La vera storia sull’impero moderno, sul sistema che sfrutta le persone disperate e attua uno sciacallaggio brutale, egoistico e distruttivo delle risorse umane, non ha nulla a che vedere con quello che ascoltiamo quotidianamente sui media, ma ci riguarda direttamente. Questo sistema è un pericolo ben maggiore di un complotto terroristico, viene propagato da un piccolo gruppo di persone che sa molto bene che dietro alla storiella sulla crescita economica si cela l’idea di un sempre maggiore guadagno per i prescelti a danno della maggior parte dei cittadini”. In altre parole, è molto importante che un Paese come la Croazia, che ha vissuto numerosi scandali legati alla corruzione che hanno provocato danni ingenti, comprenda bene i meccanismi della globalizzazione e il suo ruolo nel mondo delle finanze globali. Ma soprattutto è importante che riconosca in tempo “i sicari dell’economia”, gli “sciacalli” e i loro collaboratori.

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