Quando la mancata permeabilità del confine detta nuove grammatiche

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Quando la mancata permeabilità del confine detta nuove grammatiche

L’avvento, nei riti cristiani, è quel periodo liturgico che precede il Natale – tempo di nascita e cambiamento col quale, per i fedeli, l’umanità si apre ad un modo del tutto nuovo di intendere la vita. Quest’anno, all’attesa fiduciosa di un’istanza superiore ispirata e benigna, capace di intervenire e porre finalmente rimedio ai mali di un’Europa sempre meno unita sul fronte dei problemi che ne minano la stabilità, si è sostituito l’interventismo dei suoi cittadini. I gilet gialli francesi, inaspriti dai casseurs (gli spaccatutto) insorgono in Francia, da Parigi, Toulouse, Lion, Limoges, Réunion ai villaggi rurali, e le rivolte ora dilagano anche a Bruxelles, presa a sassate, dove contro la stessa sede della Commissione europea sono stati lanciati i petardi. In Italia i cittadini si mobilitano a favore di altri cittadini: scendono in piazza manifestando per Fredy Pacini che, reo per eccesso di difesa secondo la magistratura, dopo 38 furti subiti e mesi passati in officina a guardia dei propri beni, spara e uccide il malvivente che tenta di portare a segno il 39.esimo colpo; acciuffano e consegnano alla polizia di Casoria (Napoli) un extracomunitario pregiudicato, dopo che questi rapina una giovane del suo cellulare; a Monza, sul treno, bloccano un gruppo di manigoldi e un rumeno mentre pestano un 55enne, colpevole solo di averli rimproverati perché, sdraiati sui sedili, impedivano ai passeggeri di prendere posto. Aggrediti, raggirati, tacitamente controllati, abbandonati, vilipesi, derubati ma soprattutto emarginati da quelle stesse strutture statali, che i cittadini credevano aver legittimato col proprio voto affinché tutelassero i diritti della comunità, mentre invece, ormai, queste non ne rappresentano più la voce. Le strutture politiche e amministrative, complesse macchine gerarchiche articolate su più livelli, si sono cristallizzate in compagini societarie fortemente accentrate, ma il problema è che il loro scopo è diventato assicurare omogeneità interna al sistema, non mantenere un dialogo col tessuto sociale, garantire dinamicità allo sviluppo e stabilità alla sicurezza. Ai poteri forti (le istituzioni governative, gli enti statali, le grandi società), convogliati magneticamente al centro di un’architettura elitaria sempre meno credibile e per questo debole, si contrappone oggi una periferia (i comuni cittadini, o chi fa del loro malcontento il proprio vessillo) ancora instabile e umorale ma numerosa, sempre più presente e agguerrita. In sostanza, il vero centro, inteso come forma di potere che si afferma con un interventismo a sua volta espressione dell’autorità che detiene, sta migrando verso l’esterno, dove, quando la trasmigrazione sarà completata, prenderà forma un nuovo sistema. Il nuovo centro, è inevitabile, affermandosi segnerà la disgregazione di quello attuale. Quel che più colpisce, è che il motore di questa rivoluzione ormai in atto sia proprio quello che, nel 1984, il semiologo russo Jurij Lotman definì fenomeno di creolizzazione, cioè il formarsi di nuovi legami, in periferia, tra forze prima anche contrarie, ma accomunate ora dalla volontà di delegittimare un centro obsoleto, percepito come inetto ed inefficiente. È normale che lungo il confine si agitino forze differenti tra loro e diverse dai poteri forti: fa parte, questo, di ogni sana democrazia.
Ma per mantenere sani gli equilibri di un regime democratico è doveroso permettere a tali forze di puntare alla permeabilità del tessuto sociale che ne costituisce l’essenza, potendo dunque prendere parte al dibattito in seno alla struttura. Se queste forze vengono invece emarginate e il dialogo col centro negato, è normale che in periferia si manifestino fenomeni di attrazione altamente elettrizzati ed esplosivi, volti a ribaltare gli equilibri (paralizzati e malsani) del potere in carica. Questo spiega come il Rassemblement national di Marine Le Pen solidarizzi con La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon (estrema destra con estrema sinistra, accoppiata ineccepibile solo un decennio fa) nell’intento di destituire l’Esecutivo di Macron, il cui piedistallo fu scolpito nei salotti parigini di Jacques Attali (economista e potente banchiere francese di fama internazionale). Ma spiega anche perché, apparentemente senza essere interconnessi, don Luca Favarin (un sacerdote di Pordenone secondo cui non è necessario fare il presepe a Natale), Gino Strada (fondatore di Emergency e contrario all’attuazione del Dl Sicurezza), Luigi De Magistris (sindaco di Napoli) e Vincenzo Boccia (presidente di Confindustria) in questi giorni parlino tutti di coerenza. In altre parole, non ammettono che qualcuno disturbi gli equilibri di quel centro, alla cui costituzione ha lavorato tutto un sistema (di poteri forti interconnessi a livello transnazionale), messo ora in crisi dalla realtà dei fatti, ma soprattutto dalla massa dei cittadini in rivolta, stanchi di chi non più li rappresenta né li tutela, svendendo menzogne per sacrifici e falsi buonismi per carità. Può piacere o meno, ma la visione della cometa è più nitida nei cieli della periferia che in quelli di città. Quel che sgomenta è ciò che annuncia: la stesura di una nuova grammatica di sensi e valori che, dalle parole, sta già passando ai fatti.

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