Leonessa, dea, femminista, prostituta Da Ishtar alla «gentil signora»

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Leonessa, dea, femminista, prostituta Da Ishtar alla «gentil signora»

Il British Museum di Londra possiede ca. 330.000 reperti archeologici provenienti dalla Mesopotamia: si tratta della più grande collezione d’opere babilonesi, assire e sumere al di fuori dell’Iraq. Tra i bassorilievi in pietra dell’VIII secolo a.C., rinvenuti nella città assira di Ninive e sistemati sulle pareti nei pressi dell’entrata, spicca per il suo valore artistico ed espressivo la Caccia reale al leone. Osservando la sequenza è inevitabile che si venga sopraffatti dalla plastica bellezza della Leonessa morente. La fiera, trafitta dalle frecce scoccate dal carro reale, è in agonia. Con un sussulto, mentre si trascina con gli arti posteriori ormai inermi, la leonessa si erge verso l’alto e, vinta, col capo proteso, emette il suo ultimo ruggito di rivolta contro al nemico – l’uomo. La dinamica non è molto cambiata, a 28 secoli di distanza, con la differenza che a infierire, in un giorno particolare, non è più l’uomo ma la leonessa. Tempi che cambiano. L’8 marzo si celebra in Italia dal 1922, ma sono stati gli Stati Uniti ad indire nel 1909 la Giornata internazionale della donna. In realtà la prima festa fu celebrata il 23 febbraio 1909 dal Partito socialista americano per manifestare a favore del diritto di voto femminile. Non è una festività mondiale. Secondo quanto pubblicato dall’operatore turistico inglese Cuba Holidays (1° operatore indipendente per viaggi a Cuba), la prima ad approvare il suffragio femminile sarebbe stata la Nuova Zelanda nel lontano 1893, seguita dall’Australia nel 1902, da Danimarca e Islanda nel 1910, Germania, Austria, Inghilterra, Irlanda e Polonia nel 1918, poi USA e Cecoslovacchia nel 1920, Svezia nel 1921, e infine Italia ed ex-Jugoslavia solo nel 1945, precedute dalla Francia nel 1944. Ultima in lista l’Arabia Saudita nel 2011. I processi di sviluppo e civilizzazione dovrebbero essere lineari, cioè progressivi nel tempo, ma purtroppo ogni tanto qualcosa va storto e non sempre è così. Esistono anche i moti retrogradi, nella storia dell’umanità: ricadute catastrofiche che paiono non fare tesoro del passato, ma pare siano dei processi inevitabili. Quest’anno, in Italia, l’8 marzo si sono registrati atti vandalici e turpiloqui senza precedenti. Cortei di “gentili signore” agguerrite sono scese in piazza lungo tutto lo Stivale. A Milano è stata presa di mira la statua di Indro Montanelli (imbrattato di vernice rossa con l’accusa di essere stato fascista, revisionista, colonialista e conservatore). A Roma è stata la volta delle saracinesche dell’associazione Pro Vita Onlus, firmate con graffiti inneggianti alla libertà di abortire. L’apice della blasfemia si è raggiunto quando le femministe hanno esibito striscioni con scritto “Il corpo è mio, e non di quel porco di Dio”. A Palermo hanno dato fuoco alle bandiere della Lega, al che il consigliere del Carroccio Tony Rizzotto, già al centro di polemiche per un volantino secondo cui la donna dovrebbe attenersi alla triade casa-chiesa-famiglia, ha parlato di “tempi bui”. A Perugia le bombolette spray hanno aggredito la memoria di Sergio Ramelli, reo di essere stato assassinato a soli 19 anni dagli antifascisti: le attiviste hanno firmato la rotatoria a lui dedicata con lo slogan “Tremate, le streghe son tornate”. Del Medioevo, in effetti, è naturale ricordarsi meglio, rispetto alla vecchia porta del tempio di Nimrud, innalzato dagli Assiri alla dea Ishtar. Poi si legge di due genitori che in provincia di Napoli, a Carnevale, non solo conciano la figlia minorenne con autoreggenti a rete, tacchi a spillo, bustino di pizzo nero e boa di piume rosso, ma la postano pure su Instagram. Parrebbe un segno di degrado, il fatto che 3.000 anni fa si avesse premura di festeggiare una donna come dea, ponendo a difesa dell’entrata nel suo tempio due colossali leoni alati, mentre oggi, in una società che tutti ritengono evoluta e civile, si preferisca esporla a inopportune attenzioni, morbose in quanto inadeguate alla sua tenera età, trasformandola da bambina in prostituta. Quest’ondata di insensatezze autolesive o violente, comunque sovversive ma prive di un bersaglio convincente che ne possa giustificare l’irruente militanza, a fronte della gravità delle situazioni in cui tutti versiamo (gli inarrestabili flussi migratori, la precarietà professionale, la fragilità finanziaria transnazionale) e a cui non c’è alternativa possibile, in positivo, se non ricercare forme probe di riordino etico e sociale, non è passata inosservata ai Servizi di Sicurezza. Nella relazione annuale rilevano infatti, con preoccupazione, la tendenza non solo alla crescita di moti anarchico-insurrezionalisti, ma ne temono una radicalizzazione. Soprattutto in vista delle prossime elezioni europee. Gli antagonisti sono collegati a livello internazionale, agiscono coordinandosi in tempo reale grazie ai media, esprimono solidarietà rivoluzionaria agli attivisti “prigionieri” e sfruttano i fronti tradizionali di attivazione libertaria dichiarandosi “antifascisti”, “antirazzisti”, “antimilitaristi”. Tempi moderni? Niente di nuovo, per Ishtar, sulla cui porta nell’875 a.C. già gli Assiri incisero un saggio motto “Io Ishtar, la dea, sono prostituta, madre, sposa e divinità. Sono ciò che si chiama Vita, benché voi la chiamiate Morte. Sono ciò che si chiama Legge, benché voi la chiamiate Emarginazione. Io sono ciò che voi cercate e quello che avete ottenuto. Sono ciò che avete diffuso, e ora raccogliete i miei pezzi.”

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