Quando il ricordo boicotta la morte

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Quando il ricordo boicotta la morte

È singolare come la storia, a volte, fissi certi appuntamenti agli uomini con un preciso disegno, che tutto è tranne che casuale. Il Giorno della Memoria (celebrato il 27 gennaio di ogni anno, a commemorazione delle vittime dell’Olocausto) e il Giorno del Ricordo (celebrato il 10 febbraio dal 2004 come solennità civile italiana, a ricordo degli esuli istriani, fiumani, dalmati e delle vittime delle foibe) cadono a breve distanza l’uno dall’altro. Altrettanto singolare è la loro prossimità a un’altra storica celebrazione di matrice cristiana, il Mercoledì delle ceneri, col quale nella liturgia cristiana si avvia un periodo penitenziale, in preparazione della Santa Pasqua. I Cristiani sono chiamati a digiunare e all’astinenza delle carni, una disposizione ecclesiastica da cui sono derivati sia la locuzione di Carnevale (dal latino carnem levare, eliminare la carne) sia quella di Martedì grasso (ultimo giorno di festa in cui è ancora permesso mangiare “grasso”). Il rito prevede lo spargimento, sul capo del penitente, delle ceneri ricavate dai ramoscelli di ulivo, benedetti il giorno di Pasqua dell’anno precedente. Il celebrante pronuncia una formula rituale di monito, che allude alla fugacità della vita. Un memento mori tratto dalla Genesi 3,19 (ricordati che sei polvere e in polvere tornerai), ma che dopo il Concilio Vaticano II è stato sostituito con le parole di Gesù, riportate da Marco 1,15 (convertitevi e credete al Vangelo). A monte di questi riti c’è però una ricorrenza più antica. Il primo mese dell’anno, gennaio, prende infatti il nome da una divinità italica arcaica (il dio romano Giano o Ianus) raffigurata con due facce. Simbolo di passaggio e trasformazione, il dio prendeva commiato dal passato ma guardava al futuro. Per l’analogia che presenta con l’omonimo dio sumero Ušmu (Ismud), non è da escludere che il suo antico culto rimandi alle tradizioni babilonesi legate alla ciclicità della vita. Le celebrazioni del trapasso legate però alla speranza della rinascita, nei primi mesi dell’anno, hanno dunque antichissime radici. Il seme muore nella morsa del gelo ma conserva la memoria della propria identità, per sbocciare in una nuova vita a primavera. La morte ammonisce, additando la coscienza, ma la vita rinasce, affinché con le sue creature si rinnovi e tramandi il ricordo del passato. Tutto questo è un ciclo naturale. Il problema sorge quando alla morte si nega il diritto di ritrasformarsi in vita, mentre il degrado etico subentra quando l’inibizione viene imposta dal profitto. Pochi mesi fa è occorso il primo decennio dalla fondazione della filiale romana di una ditta svizzera, la Algordanza Memorial Diamonds, con sede a Chur, in Svizzera. Una ditta pienamente in regola, con tanto di consiglio di amministrazione, team e soci fondatori, ritratti sulle pagine del sito anche sorridenti, se non fosse per la tetra scelta di vestire tutti dei completi neri, unica eccezione i due tecnici di laboratorio, in camice bianco. I soci fondatori offrono un servizio di “diamantificazione delle ceneri” al modico prezzo dai 3.500,- ai 12.000,- €, secondo il corpo del defunto. Più pesa, più cenere si otterrà dalla cremazione, e più cenere c’è, più carati avrà il diamante sintetizzato dalle spoglie. Un diamante bluastro, con fumature cinerine, dovuto alla presenza di boro nel corpo umano. 80 Kg di salma producono 3 Kg di ceneri, da cui si estraggono 2 gr di carbonio, equivalenti a un diamante da un carato. Macchinari da 15 t l’uno trattano la grafite a 1.200-1.400 °C a 60.000 Bar, simulando la pressione tellurica per 3 fino a un massimo di 6 mesi, dopodiché il gioiello è pronto. Gli italiani portano in negozio l’urna, svizzeri e tedeschi inviano il defunto per posta. Viene persino offerto un servizio di accoglimento delle ceneri per chi ne avesse in esubero, con la possibilità di cospargerle nel cimitero Friedwald Pax Montana, nel comune di Poschiavo, con vista panoramica sulle Alpi svizzere. Della clientela (quella viva) fanno parte soprattutto donne: che esibiscono il solitario del fidanzamento allietato dall’aggiunta dell’ex coniuge “in persona”, o che declamano quanto il loro tesoro (letteralmente), ora goda di luce eterna. E mentre il dolore si trasforma in vanità, il fondatore svizzero, Rinaldo Willy, sostiene quanto sia vicino a chi soffre. Tanto da recarsi fin sino in Thailandia per offrire la propria consolazione alle vittime dello tsunami, e poi in Francia sul luogo del disastro aereo di Germanwings. Perché gli affari, sono affari. Ma mentre don Angelo Lameri, ordinario di Liturgia sacramentaria alla PUL e professore invitato alla Pontificia Univ. della S. Croce, lamenta l’oggettificazione dell’essere umano, e il senatore Carlo Giovanardi inoltra una proposta di DL contro il vilipendio di cadavere, si apprende che il settore non solo è inarrestabile, ma pure in crescita: oltre al diamante, è possibile convertire il defunto anche in un vaso biodegradabile, in cui far crescere piantine in casa, oppure in un disco di vinile con tanto di musica a scelta. E ci si domanda che fine facciano, a questo punto, il ricordo e la Memoria. Forse Giano è tornato a voltare entrambi i volti al futuro, scordandosi della dignità che merita il passato. Ma forse è anche lui, come tanti in questo periodo dell’anno, niente più che una maschera di Carnevale.

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