Come salvare la Capitale europea della Cultura?

Si è tenuto ieri online il dibattito pubblico tra gli esponenti della Città di Fiume e del progetto Fiume CEC con gli operatori culturali nell’intento di individuare delle soluzioni

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Come salvare la Capitale europea della Cultura?

“CEC – che cosa fare?“ è il tema del dibattito pubblico tenutosi ieri tramite la piattaforma Zoom, indetto in seguito a diverse informazioni (di cui alcune errate) che circolano in questi giorni riguardo al progetto Capitale europea della Cultura. Alla riunione hanno preso parte un centinaio di persone, tra cui Emina Višnić, direttrice della società Rijeka 2020, Snježana Prijić-Samaržija, rettrice dell’Università degli studi di Fiume, Vojko Obersnel, sindaco di Fiume, Davor Mišković, coordinatore dell’indirizzo programmatico Dopolavoro, nonché membro dell’associazione “Drugo more” e Damir Čargonja, organizzatore del programma Zona autonoma temporanea. Stranamente, non il capodipartimento per la Cultura, Ivan Šarar. Ricordiamo che le controversie sono iniziate una decina di giorni fa, ovvero nel momento in cui è stata resa pubblica l’informazione che ben 59 dei 70 dipendenti della società Rijeka 2020 sono stati licenziati e che i programmi culturali previsti per il 2020 non verranno realizzati come pianificato, il che è stato successivamente smentito dal sindaco. Visto che tanti malintesi di questo genere sono nati proprio dalla scarsa comunicazione tra gli enti, al dibattito di ieri si è cercato di chiarire le questioni più importanti.
La cronologia degli eventi
L’incontro, al quale non hanno aderito i rappresentanti del ministero della Cultura, anche se invitati, è stato aperto da Emina Višnić, la quale ha esordito dicendo che il progetto CEC non si è fermato nonostante le attività abbiano subito un arresto il 12 marzo, in seguito alle direttive dell’Unità di crisi. All’inizio si sperava di salvare manifestazioni quali il Festival Tobogan e altri eventi previsti a giugno nel caso fossimo ritornati alla normalità, però qualche giorno fa è diventato palese che anche nella migliore delle ipotesi un ritorno alla (nuova) normalità dovrà attendere. “È necessario stilare un nuovo programma in maniera non democratica in quanto non abbiamo a disposizione il tempo necessario per contattare e consultarsi con tutti i partner”, ha puntualizzato Emina Višnić. “La maggior parte dei programmi presuppone l’assembramento – ha proseguito – e ciò vuol dire che parte dei programmi dovrà venire cancellata, una parte riorganizzata e una parte spostata al 2021. Non sappiamo a quanto ammonteranno i tagli e in questo momento anche per noi tantissime domande sono senza risposta”.
Trattative con i partner
La soluzione per il futuro è riavviare le trattative con i partner per riprendere l’organizzazione dei programmi, incoraggiare la produzione di contenuti online e cercare di riavviare la comunicazione con il pubblico. La direttrice ha spiegato anche che all’inizio di aprile c’erano due opzioni: mettere la società in ibernazione e licenziare tutto il personale o rimodellare il programma cercando di spostarlo a luglio e agosto. Ovviamente si è optato per la seconda, ma bisogna tener presente che i soldi dall’Europa non sono arrivati in un’unica tranche, bensì che i versamenti si verificavano mensilmente. Di conseguenza, da quando si è arrestato il programma sono stati interrotti pure i finanziamenti.
Sbagliato interrompere la comunicazione
“Il primo passo falso fatto dalla società è stato l’allontanamento dal pubblico nel mese di aprile, della durata di due settimane. A ciò si cerca di rimediare e se è necessario d’ora in poi tutto si metterà ‘su carta’”, ha assicurato la direttrice. A questa problematica si è ricollegato pure il sindaco Vojko Obersnel, il quale ha detto che non è vero che il ministero ha fondato la società Rijeka 2020 e che la decisione relativa al licenziamento dei 59 dipendenti è stata presa dall’Assemblea della quale fanno parte sia la Città di Fiume che la Regione. Di conseguenza, non è possibile che la Regione fosse all’oscuro di tali misure. Obersnel ha aggiunto anche che Fiume CEC2020 non è l’unico progetto ad avere problemi. Si sono bloccate le Olimpiadi, Galway CEC2020, il campionato di tennis a Wimbledon, i Campionati europei di calcio, fiere del libro, concerti e tanto altro. La comunicazione con i partner poteva essere migliore, ma non si torna indietro e bisogna guardare al futuro.
Meno critiche, più impegno
Snježana Prijić-Samaržija, rettrice dell’Università degli Studi di Fiume, ha voluto prendere le distanze dall’atmosfera di accuse e negatività che si andava creando e ha invitato i quasi 100 partecipanti alla riunione a non giudicare. “Potevamo fare di meglio – ha dichiarato -, la situazione è scioccante se si pensa alla perdita dei posti di lavoro, ma vorrei pensare al futuro senza rimuginare sul passato. È facile essere saggi col senno di poi. Non dobbiamo rinunciare a questo importante progetto, dobbiamo essere reali ma cercare l’impossibile come nel ’68 e soprattutto dobbiamo essere propositivi e pensare a come salvare i lavoratori in quanto sono la parte più vulnerabile della società. Anche noi all’Università pensavamo di non poter fare tutte le lezioni online in un mese ma ce l’abbiamo fatta. Non pensiamo ai nostri limiti, ma spingiamoci oltre, senza accusarci a vicenda”, ha concluso.
Disorientamento e insicurezza
Davor Mišković, coordinatore dell’indirizzo programmatico Dopolavoro, e Damir Čargonja hanno affermato “Stiamo brancolando nel buio“. Il programma non si è fermato ma è estremamente ridotto a causa dei limiti allo spostamento, la crisi si è fatta sentire sui partner che non riescono a funzionare nemmeno per le loro attività primarie. Una parte dei programmi può svolgersi online, ma buona parte di loro andrà perduta, hanno concluso.
Tra le innumerevoli critiche mosse soprattutto al sindaco, il quale si è definito un capro espiatorio della situazione, responsabile di avere “smantellato il progetto CEC e prodotto il virus“ hanno fatto da contraltare gli interventi di Irena Kregar Šegota, manager culturale della società Rijeka 2020, e Sanja Bojanić, docente all’Accademia di Arti applicate, le quali si sono soffermate sulle possibilità che ancora restano inesplorate. Kregar Šegota ha dichiarato che la precedenza nella realizzazione dei programmi verrà data a quelli a lungo termine, all’edilizia e ai programmi online pluriennali. Successivamente si sosterrà per quanto possibile la scena artistica locale. La comunicazione con l’Unione europea è buona e la prossima settimana si avrà un incontro internazionale con i rappresentanti europei, tra cui anche Galway, per valutare il da farsi. È importante sfruttare il sostegno internazionale e ciò che è stato creato finora, le collaborazioni, la rete di volontari e tanto altro. Sanja Bojanić ha parlato invece dello Spring Forward Festival alla Casa croata di Cultura (HKD) con Edvin Liverić, intitolato “Show must go on” e ha invitato tutti gli artisti e gli organizzatori ad andare avanti, a guardare al futuro. Bojanić ha annunciato pure la candidatura alla Fondazione culturale europea del progetto “Come salvare la CEC?“, che si rifà al titolo del noto film “Salvate il soldato Ryan“.
Impossibile riassumere tutti
Un ritorno alla dura realtà dei fatti è stato fornito dal sindaco il quale ha sottolineato che sarà impossibile riassumere tutti i 59 dipendenti licenziati. “È ingiusto che il governo abbia assicurato 4mila kune per gli allenatori dei club sportivi, ma non ha stanziato finanziamenti per gli artisti – ha osservato -. Per questo motivo abbiamo dovuto ridurre le spese o semplicemente bloccare tutto il progetto e ho scelto la prima possibilità, anche per lasciare uno spiraglio per il futuro. La soluzione si avrà entro la fine di luglio perché tra qualche mese avremo le idee molto più chiare. Spero solo che il ministero della Cultura non rinunci al progetto, ma avremo informazioni più concrete la settimana prossima”, ha concluso.

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