Fiume, una città con tante stelline

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Fiume, una città con tante stelline

Nemmeno la pandemia da coronavirus è riuscita a fermare il posizionamento della stella rossa a cinque punte sul Grattacielo fiumano. Con la graduale ripresa delle iniziative legate alla Capitale europea della Cultura 2020, anche l’installazione artistica di Nemanja Cvijanović, sicuramente l’opera rivelatasi più controversa dell’appuntamento di Fiume con la storia, ha trovato il suo posto. Quasi in incognito, quasi di soppiatto, forse per evitare altre code polemiche o incidenti a sfondo politico, peraltro poco probabili in una città che ha perlomeno saputo finora tenere tutte le diatribe a un livello dignitoso di decoro civico. Quella stella, come si evince anche dalle dichiarazioni rilasciate dallo scultore e dalla foto con il pugno chiuso alzato, vuole essere una sorta di omaggio a un periodo storico che oggi viene letto a volte con occhi diversi rispetto al passato pure sulla scena politica croata, caratterizzata anche al Sabor da quelle che vengono definite dagli osservatori le discussioni infinite “su ustascia e partigiani”.
Si tratta di dibattiti pepati che almeno nelle passate legislature si sono puntualmente ripresentati anche quando all’ordine del giorno c’erano argomenti che trattavano soltanto di sfuggita o forse anche per niente la storia. Ma d’altronde dopo lunghi decenni caratterizzati da una coltre impenetrabile di silenzio sui lati bui del secondo dopoguerra, simili discussioni, almeno in parte, hanno avuto un effetto salutare perché hanno permesso all’opinione pubblica nazionale di conoscere, seppure a singhiozzo, l’altra faccia della storia. Dicevamo a singhiozzo perché specie dalle nostre parti un certo qual velo di silenzio ufficiale permane ancora. L’appuntamento con la Capitale europea della Cultura doveva essere un’occasione per affrontare tutti i tabù della storia, per rivisitare un passato complesso e capire che l’identità municipale fiumana – e per esteso pure quella dell’Alto Adriatico nel suo insieme – è complessa, articolata, formata da tanti tasselli che si compenetrano, per cui dimenticando volutamente alcuni non si fa altro che offrire una visione alquanto incompleta del passato, per non dire forse distorta. La stella rossa a cinque punte, un po’ piegata, quasi piangente, vuole rappresentare chiaramente un sobbalzo d’orgoglio di quanti sentono che la loro lotta e il loro sacrificio storico non vengono più valorizzati come un tempo. Vuole ricordare le vittime partigiane della battaglia per Fiume, una delle più importanti sul finire della Seconda guerra mondiale. Giustamente. Ma il sempiterno quesito che si pone è se l’oblio possa scendere o meglio rimanere su altre vittime, spesso innocenti, molto spesso civili, che attendono ancora cristiana sepoltura o almeno un contrassegno sul luogo in cui finirono i loro giorni, dove si possa recitare una preghiera. Coltivare il ricordo dovrebbe essere un imperativo, sempre. Se la stella rossa ritornata a svettare con fierezza sulla sommità del Grattacielo è un modo per iniziare a recuperare la storia in tutte le sue sfaccettature, allora ben venga. Ci sono altre iniziative, legate anche alla cultura e all’identità composita di Fiume, pure quella italiana, che attendono d’essere realizzate. Qualcosa anche d’importante finora s’è visto, pensiamo soprattutto agli odonimi storici. Ma altro resta da fare. Sarebbe bello se, almeno quanto annunciato e quanto auspicato dalle stesse autorità, si realizzasse. Se rimanesse qualche segno tangibile che Fiume ha riscoperto tutta la sua identità, senza zone d’ombra, senza timori per il fatto di avere un passato composito – e in parte anche un presente – anzi orgogliosa di tutto ciò. Non soltanto una stella, ma più stelle nel firmamento fiumano per assaporare la storia nel suo insieme e respirare a pieni polmoni nell’odierna e futura realtà comune europea.

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