ROBE DE MATTEONI Un centro (anti)sportivo

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ROBE DE MATTEONI Un centro (anti)sportivo

Sono passati 29 anni da quando a Pola si giocò per la prima volta una partita del massimo campionato croato. Ma è appena dal 2004 che iniziò a evolversi la storia del club che ha cambiato varie denominazioni fino a quella attuale, Istra 1961. Uljanik, Pula 1856, Pula Staro Češko, Pula: quattro denominazioni con un unico scopo – avere uno sponsor. Tempi duri per il calcio polese prima che si trovassero imprenditori seri e soprattutto intenzionati a investire. Dopo il russo Scheglov e l’americano Glover, partiti con grande entusiasmo, ma finiti con amarezze e debiti, è iniziata l’era degli spagnoli, ovvero del Deportivo Alaves. Il club di Vitoria-Gasteiz, quarta forza del calcio basco (dopo Real Sociedad, Athletic Bilbao ed Eibar), ha acquistato l’85% delle azioni dell’Istra 1961. L’obiettivo è una società che si autogestisca e che al tempo stesso sia un centro dove radunare e far crescere giovani calciatori da tutta la penisola balcanica. I più talentuosi andrebbero all’Alaves, quelli che invece non hanno le potenzialità per la Liga verrebbero girati altrove. Da due anni e mezzo però il progetto stenta a decollare. Non perché il club spagnolo non abbia investito capitali, anzi, ma perché ha gestito male la politica sportiva. I baschi hanno speso fin qui 11 milioni di euro. Per una realtà come Pola un’enormità. Hanno pure saldato tutti i debiti del club. Parliamo di quasi 3 milioni di euro. Oggi l’Istra 1961 è una società economicamente sana. Sono 45 anni che seguo da vicino la storia del calcio in quel di Pola e posso dire con certezza che mai come oggi la situazione finanziaria è stata cosi rosea.
Il problema del progetto sta nell’ambizione. La tifoseria vorrebbe una squadra più competitiva, ma anche nel terzo anno della gestione basca l’Istra 1961 continua a navigare in fondo alla classifica. Considerando quanto è stato speso, posso dire liberamente che è un vero flop. Stando ad alcune voci vicine alla proprietà, si starebbe lavorando per rimediare questo danno d’immagine per Basconia-Alaves…
Torno ora alle proprietà, partite con entusiasmo e poi finite nel caos. La Città di Pola aveva promesso al proprietario russo prima, a quello americano poi, e adesso pure agli spagnoli, appoggio nel progetto. Dal primo giorno il punto cardine era la costruzione del centro sportivo Campo Marzio. Se ai tempi di Scheglov e Glover qualcuno avrebbe potuto pensare che dietro alla faccenda del centro sportivo ci fosse la volontà di costruire edifici commerciali (che poi non è stato mai provato), i baschi ne fanno una questione di assoluto bisogno sportivo. Al di là dell’accordo firmato con l’amministrazione cittadina, nel quale Pola si impegna ad assicurare i terreni, e al di là del fattore fiducia (la Città detiene il 13% delle azioni) tra partner, per i baschi il centro sportivo è la base della crescita dell’Istra 1961. Me lo hanno spiegato Haritz Qerejeta e i suoi collaboratori in persona. Il club non ha un campo d’allenamento e neppure uno per le partite delle giovanili. Pertanto è costretto a pagare per allenarsi a Medolino, nel centro dell’Arena Hospitality Group, spendendo 100mila euro a stagione, a cui si aggiungono le spese per le partite delle categorie giovanili. Con questo tipo di “affari” si perdono soldi, oltre che una normale quotidianità (metodologica) calcistica di una società del massimo campionato nazionale. Poi c’è la questione dell’immagine. Ramon Mierez, ad esempio, è stato l’ariete che l’Istra 1961 cercava da tantissimi anni. Però l’argentino, dopo soli sei mesi trascorsi a Pola, con gli allenamenti nel piccolo campo di Stignano e le fatiscenti infrastrutture societarie, voleva andarsene. Dopo un anno all’Alaves e poi un altro al Tenerife, ha raccolto l’invito dell’Osijek e adesso è la punta di diamante della nuova capolista. Lì stanno costruendo un nuovo stadio e un nuovo centro sportivo, ci sono grandi ambizioni e così ecco che Mierez è tornato in Croazia. E non solo. L’Osijek sta preparando il riscatto del centravanti sudamericano. Si parla di una cifra tra 1,5-2 milioni di euro che soddisferebbe le richieste del Deportivo Alaves.
Senza il centro sportivo, e gli standard di lavoro e funzionalità di alto livello, l’Istra 1961 non può pretendere di essere una meta allettante per i vari Mierez, Rodriguez e compagnia bella. Ancor più difficile è, semmai accettassero di venire, che si fermino a lungo a Pola. Così è praticamente impossibile fare progetti che portino a risultati e di conseguenza a profitti. Siccome i baschi i soldi ce li hanno, la domanda delle domande è una sola: perché la Città di Pola da un decennio a questa parte non prende sul serio coloro che vogliono investire milioni di euro per un bene sportivo della città?

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