TACKLE Nations League: sì, no, nì

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TACKLE Nations League: sì, no, nì
Un duello tra Nkunku e Brozović durante Croazia e Francia di lunedì 6 giugno. Foto: Luka Stanzl/PIXSELL

Quando l’UEFA decise di creare la Nations League l’obiettivo dichiarato del massimo organo calcistico europeo era quello di sostituire le amichevoli delle nazionali con partite ufficiali per dare vita a sfide di maggiore fascino e tradizione tra avversari che più o meno si equivalgono in quanto a qualità tecnica. Ad esempio per evitare un test Spagna- Andorra oppure Italia-San Marino in quanto sicuramente Croazia-Francia attira più attenzione a livello mediatico e non solo. Un’idea lodevole, anche se l’obiettivo è stato raggiunto a metà perché se la composizione delle cosiddette Leghe in base al coefficiente, con tanto di promozioni, retrocessioni e fase finale a quattro, può anche andare bene: quello che fa discutere sono le cosiddette finestre dedicate agli impegni delle nazionali. Quella di inizio
giugno, con quattro partite racchiuse in dieci giorni, è decisamente fuori luogo, un tour de force massacrante per i giocatori, “aperta” al termine di una stagione lunga ed estenuante, con gli “attori principali” che non hanno avuto il tempo per riprendere un pochino il fiato. Va anche detto che la seconda metà di questo 2022 calcistico sarà congestionata.
Tutto inizierà prima (preparazione, preliminari della Coppe europee, campionati) per poi dare spazio al Mondiale in Qatar, in programma nel tardo autunno.
Il problema è stato sollevato da più parti, soprattutto da diversi selezionatori e giocatori che si sono ritrovati con le spalle al muro, rassegnandosi (o adattandosi) alla situazione. Luka Modrić, stella della Croazia e del Real Madrid, è una persona che usa le parole per farsi capire e non fraintendere. In pratica, ha lamentato il fatto che ai giocatori non si chieda mai niente e vengano messi di fronte al fatto compiuto. Sembra quasi di disputare un torneo – è il suo pensiero – mentre si potrebbero spalmare le partite in un periodo di
tempo più lungo, magari in tre mesi. È difficile per tutti noi perché la stagione è stata lunghissima – il numero dieci ha disputato l’ultima partita ufficiale, la finale di Champions, il 28 maggio – però accettiamo le cose così come sono e cerchiamo tutti di onorare la maglia che indossiamo. Chi gioca deve essere pronto a dare sempre il massimo.

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