LO SGUARDO L’Istria e il turismo. Puntare alla sostenibilità

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LO SGUARDO L’Istria e il turismo. Puntare alla sostenibilità
Villeggianti per le vie di Rovigno

L’Istria rischia di morire di troppo turismo. Il problema dell’eccessiva densità di turisti sta affliggendo diverse località istriane. Secondo i dati delle diverse aziende turistiche locali, nel 2019 l’attività turistica in Istria aveva realizzato un record assoluto con cifre mai raggiunte prima di arrivi e di pernottamenti. Pare che quest’anno il record sarà ampiamente superato. Il segreto di un turismo sostenibile è quella di una struttura urbana e territoriale non alterata, che dia luogo ad una propria identità, abbandonando quanto avvenuto in molte località istriane in cui si era assistito ad una crescita edilizia invasiva e ad uno svuotamento dei propri elementi di specificità locale.
Lo spopolamento dei borghi istriani ha ragioni storiche più profonde degli effetti del turismo moderno, che riguardano anche l’esodo del dopoguerra, ma in ogni caso la vendita e la conversione di case e alloggi turistici, ma anche di terreni da parte degli stessi istriani ha accelerato il processo. Nel cosiddetto periodo non turistico alcuni borghi possono essere definiti fantasmi, per via del numero davvero esiguo di persone che vi abitano stabilmente tutto l’anno.
Nel secondo dopoguerra in Istria la vita era dura, gli effetti devastanti sulla popolazione autoctona con l’esodo e la povertà spingeva molti ad emigrare. Con l’arrivo del turismo, la bauxite, l’agricoltura, la pesca, le industrie locali, solo come esempio – l’Ampelea e la Fabbrica Tabacchi a Rovigno – sono stati abbandonati o delocalizzati. Il turismo nel suo periodo di maggiore sviluppo, dopo avere cancellato ogni altra attività economica, è diventato insostenibile.
Ai giorni nostri pare essere diventato un problema di ordine pubblico, anziché intervenire a monte si interviene a valle. Professionisti che si occupano di gestione del turismo, sanno che il primo modo di regolarlo è intervenire sulla capacità ricettiva, come sta provando a fare l’Alto Adige. Alla spesa turistica pare che non si voglia rinunciare, così con una mano si promuove il turismo, e con l’altra si prova a contrastare gli effetti normando in senso securitario lo spazio pubblico. Comunque, pur di non ammettere i limiti e le contraddizioni con un modello di crescita insostenibile fondato sul consumo di territorio, si evita di intervenire alla radice del problema. Probabilmente, forse, la futura riduzione dei flussi turistici passerà sempre più per la gestione securitaria dello spazio pubblico e del territorio, colpendo la fascia meno ricca della popolazione. In ogni caso, bisognerebbe aprire un dibattito su questo tema della modalità di riduzione dei flussi, non di facile soluzione.
Si potrebbe smettere di incentivare il turismo con fondi pubblici, soprattutto in aree già affollate. Il potenziamento dell’attrattiva turistica dei luoghi e dei territori è uno degli assi della politica di coesione economica, sociale e territoriale europea che mira a ridurre ogni possibile divario fra le diverse regioni e a promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile.
L’industria del turismo sta forse mettendo a repentaglio le condizioni di vita degli istriani? La qualità dell’ambiente sia di tipo paesaggistico che ecologico, non può essere prerogativa di pochi che se lo possono permettere in base alla capacità di spesa.
Negli Stati Uniti, per esempio, lungo la costa dell’Oregon non vi sono edifici né concessioni private: la costa è interamente pubblica ed è tutelata contro l’edificazione. La sua bellezza dipende da una cura del territorio. Su tutta la costa, dove le case in affitto turistico esistono, ma in numero limitato, sono state create oasi naturali pensate per chi viaggia a piedi o in bicicletta. Chi sceglie questi metodi sostenibili gode di un trattamento privilegiato: non deve prenotare, paga una cifra simbolica, pianta la tenda e si ferma dove vuole. Chi viaggia in automobile, invece, paga molto di più e deve prenotare e siccome i posti sono limitati, può darsi che semplicemente non vi sia posto. La ricchezza naturale del posto viene gestita in maniera sostenibile, che si concretizza nel premiare alcuni comportamenti e nel limitare altri, che consente di godere del territorio anche ai turisti che hanno una capacità di spesa minore. Una visione di un domani diverso e sostenibile.
Tuttavia, forse i divieti finiranno per pesare su alcuni tipi di turisti, non quelli che arrivano in yacht. Purtroppo, senza toccare i veri nodi del turismo di massa, con la capacità ricettiva o gli arrivi, cioè senza cercare di risolvere il problema l’Istria rischia di morire di troppa ricchezza.

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