LA RIFLESSIONE Fiume, un passato cancellato

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LA RIFLESSIONE Fiume, un passato cancellato
Foto Ivor Hreljanović

Quello della nuova, moderna, autostazione, è un progetto di cui Fiume necessitava da tempo e che, negli ultimi due decenni, è stato spesso il pomo della discordia in ambiti politici. Ora che il sogno sta per diventare realtà, è lecito chiedersi se il prezzo (alto) pagato sia stato davvero necessario. Infatti, per poterlo realizzare, l’amministrazione cittadina ha dovuto (davvero non si era potuta individuare un’altra, soluzione, meno invasiva?) vendere un lotto cittadino, dal quale spariranno per sempre due vecchi magazzini ferroviari, a nostro avviso, ancora in ottime condizioni, progettati e costruiti più di cent’anni fa, da importanti ingegneri e architetti dell’epoca. Ne avevamo già scritto ampiamente parecchio tempo fa, esprimendo il nostro disappunto in merito all’ormai imminente abbattimento degli stessi. Che, tra l’altro, ha ottenuto la benevolenza dei conservatori. Una cosa, che a nostro avviso, non sarebbe potuta succedere da nessun’altra parte al mondo. Riportiamo di seguito parte del nostro intervento pubblicato sulla Voce del 24 settembre 2022.

“Ciò che interessa ora, è la brutta sorte che toccherà ai magazzini 31 e 32, due costruzioni di indubbio valore architettonico, che a nostro avviso andrebbero salvaguardati e riqualificati. Come minimo perché a progettarli è stato il grande architetto ungherese Ferenc Pfaff, quello stesso a cui è dovuto il progetto di costruzione del palazzo neoclassico della Stazione ferroviaria, restaurato da poco. I due capannoni destinati alla demolizione risalgono agli inizi del XX secolo – Pfaff li progettò attorno al 1907 – e si presentano di effettiva qualità visto che per la costruzione dei muri esterni si tornò all’uso del mattone, dopo una parentesi in cui era stato usato prevalentemente il cemento armato, materiale nuovo per l’epoca, ma non ancora del tutto perfezionato in quegli anni. Da materiale rivoluzionario, bisognava infatti migliorarlo in alcune sue manchevolezze, come ad esempio le sue pessime proprietà isolanti. I magazzini 31 e 32 rientrano, così, nella fase in cui Pfaff tornò sui propri passi in quanto al tipo di materiali di costruzione da usare e in cui optò, per l’appunto, per il molto più rassicurante mattone, come pure per la pietra, usata per edificare i muri al pianterreno dei due magazzini. Le colonne sono invece in cemento armato. Stabili vecchi, in grado di sfidare il trascorrere del tempo, belli anche se lasciati a deperire, come tanti altri esempi di patrimonio industriale fiumano, per il quale nessuno ormai sembra badare più di tanto. Alcuni, come i capannoni ferroviari 31 e 32, risultano oggi addirittura d’intralcio, motivo per cui non si è pensato due volte se abbatterli o meno. L’unica speranza è che l’attuale proprietario del lotto su cui poggiano, l’azienda austriaca, che per contratto pare abbia la libertà di modificare alcuni aspetti del progetto, abbia un po’ più di sensibilità verso il passato di una città così bella come lo è Fiume”. La speranza da noi espressa nell’ultima frase, oggi a quanto pare, non ha più alcun senso…

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