Juri: «L’Unione Italiana resti così com’è»

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Juri: «L’Unione Italiana resti così com’è»
Palazzo Modello, sede della comunità degli Italiani di Fiume e dell'UI. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Caro Maurizio e cari connazionali,

Non conosco le ragioni della manovra dei rispettabili 12 “riformatori o riformisti” – ognuno li chiami come vuole – manovra che così come leggo dall’allegato, crea i presupposti per una chiara e netta divisione dell’ Unione italiana fra Croazia e Slovenia, anzi la divide da subito, ovvero dal momento dell’elezione dei vari suoi rappresentanti nelle rispettive Repubbliche. Come uno dei parlamentari sloveni, appartenenti alla comunità italiana, accanto al “specifico seggio” – vedi Roberto Battelli, ma ricordiamo ancora Franco Juri, Isabella Flego, Marino Domio, Mario Gasparini… – mi sono dato da fare anch’io, con gli altri, per vedere che la nascita sul nostro territorio storico, di due nuovi Stati indipendenti e sovrani, seguita al crollo della Federazione jugoslava, con conseguente divisione di brutto anche del nostro corpo nazionale, incidesse quanto meno sulla sua unitarietà, condizione prima perché si conservasse anche di numero, non solo di ruolo. E unitarietà significava tenere insieme anche le sue istituzioni, cercare di farle funzionare al massimo di regime pur in due ordinamenti giuridici, amministrativi e organizzativi ormai separati e differenziati. Andati a vuoto tutti gli appelli ai governanti delle due Repubbliche a convergere su un accordo che ci riconoscesse un’unitarietà per lo meno funzionale – era la posizione della frontiera a tenerli occupati –, la soluzione si è trovata nella registrazione dell’UI anche in Slovenia senza interventi importanti nel suo sistema elettivo e organizzativo. Per cui esprimo da subito la mia contrarietà a qualsiasi tentativo di riforma che svilisca quanto fatto, che paradossalmente, nel mentre in cui con Schengen Slovenia e Croazia ritrovano in un certo qual modo il matrimonio di un tempo, sciolga in noi il collante che ci tiene insieme ormai da 33 anni.

Se qualcosa va cambiato e qui il mio riconoscimento a te, Maurizio, per le posizioni che prendi e non nascondi, sulle grandi sfide che l’umanità sta vivendo e soffrendo – sei uno dei pochi italiani delle nostre parti a farlo – è uscire più numerosi da quel ghetto culturale e di opinioni che ci porta a piangerci addosso, a occuparci solo dai fatti nostri. C’è una guerra in Ucraina, un confronto sempre più acceso e bellicoso fra le grandi potenze, c’è “la strage degli innocenti” a Gaza, c’è Israele che se ne sbatte dell’ONU, ci sono migrazioni bibliche, soffiano venti di conflitto mondiale e nucleare, e quelli che abbattono anche sequoie secolari a firma “clima compromesso”, accompagnati da alluvioni, inondazioni, incendi, riscaldamento climatico, causa l’agire sbagliato dell’uomo, ormai irreversibile. Diamoci da fare, diciamo qualcosa anche su questi temi, rendiamolo pubblico, stimoliamo in qualsiasi modo chi detiene il potere e decide delle nostre sorti, a darsi una mossa ed agire meglio, nel bene di tutti. E l’Unione italiana? Resti così com’è. Funziona e ci tiene insieme!

Con rispetto anche degli innovatori

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