DIARIO ROMANO DI UN DIPLOMATICO FIUMANO Console onorario, versione croata

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DIARIO ROMANO DI UN DIPLOMATICO FIUMANO Console onorario, versione croata

Il Console onorario: questo è il titolo del famoso romanzo thriller di Graham Greene pubblicato nel 1973, e poi adattato a film, nel 1983, con un sempre bravissimo Michael Caine nei panni del Console onorario di Sua Maestà Britannica nella sperduta cittadina di Corrientes, in Argentina. Nel romanzo, come nel film, il Console onorario, Charles Fortnum, è un ex -alcolizzato che approfitta del suo titolo per fare loschi affari. Certamente non è proprio d’esempio per una carica ad honorem, però alla fine, più che altro per una serie di casi fortuiti, Fortnum ci diventa simpatico.
Essendo appassionato di Graham Greene, avevo letto il libro e non ho potuto mancare di vedere nemmeno il film. Nel 1992 mi sono imbattuto in una replica di Charles Fortnum, sull’isola di Bali, in Indonesia. All’epoca, nel maggio del 1992, si tenne a Bali la Conferenza dei Paesi non allineati, e io, che allora ero capo di gabinetto del ministro degli Affari esteri croato, avevo proposto al Ministero di fare richiesta per ottenere il ruolo di osservatore nel Movimento dei non allineati, anche per fronteggiare la diplomazia della Serbia che si era appropriata del seggio jugoslavo in seno al Movimento e nonostante la guerra già scoppiata in territorio croato, come anche in Bosnia, usava i non allineati per la propria propaganda internazionale.
Nonostante il Ministero degli esteri e il governo croato fossero poco inclini ad accettare questa proposta, io riuscii a spuntarla e cosi fui incaricato di andare a Bali. E lì conobbi, tra l’altro, il Console onorario britannico, il “sosia” di Charles Fortnum. E passai con lui delle ore allegre al bancone del bar, all’hotel Four Seasons. L’unica differenza tra lui e Fortnum era che Fortnum, nella storia, era – un ex alcolizzato.
E cosi, quando venni a Roma a fare l’Ambasciatore, mi imbattei nella figura del Console onorario croato a Napoli, che, dopo la morte del fratello, si era appropriato della sua identità di avvocato e professore universitario. Il Console Mariano – ometto il suo cognome per rispetto alla sua famiglia – era, come avrebbe detto Camilleri, un “ultrasettantino” e la prima volta che mi recai a Napoli, in visita istituzionale, rimasi un po’ sospettoso. Era un tipo mingherlino, ma elegante e composto: mi diede appuntamento al famoso caffè Gambrinus di Napoli, una leggenda urbana della cultura partenopea. E proprio dal caffè Gambrinus si vedeva, su per la famosa via Chiaia di Napoli, sventolare la bandiera croata su un balcone. E il Console Mariano, orgoglioso, mi fece notare che proprio quella era la sede del Consolato onorario croato a Napoli. Poi ci portò a casa sua e da qui cominciarono i miei sospetti. Entrammo in un angusto palazzo, e la sua abitazione, che era anche la cancelleria del Consolato onorario, non mi apparve come dall’esterno.
Avendomi informato sul suo curriculum – in quanto professore universitario di diritto ed ex avvocato – mi sarei aspettato una fornitissima biblioteca, a casa sua. Invece faticai a trovare qualche libro. E angusto era pure il suo appartamento: una stanza dava su via Chiaia, indubbiamente una via pedonale battutissima dai turisti, ma tutto il resto dell’alloggio dava dall’altra parte, sui Quartieri spagnoli. E per arrivare alla stanzetta dove il Console onorario riceveva gli ospiti si doveva passare per la camera da letto, dove stavano in bella mostra sul letto matrimoniale due grandi bambole. Ma non era quello che mi aveva un po’ spiazzato: era la vecchia macchina da scrivere sul suo scrittoio, piccolo piccolo, dove stavano i sigilli consolari. Già in un’epoca avanzata di computer e Internet, il nostro Console onorario si serviva di una macchina da scrivere un po’ smessa e naturalmente di computer neanche l’ombra.
Poi ci aveva portato – oltre a me, anche la capoufficio consolare dell’Ambasciata di Roma – a fare visita alla Regione Campania, al prefetto e anche al sindaco di Napoli De Magistris. Così appresi che i Consolati a Napoli erano tanti, addirittura 69, dei quali 7 titolari, cioè retti da un diplomatico inviato del proprio Paese, mentre i Consoli onorari erano 53, tra cui anche il nostro. Le visite istituzionali andarono bene; in fin dei conti erano visite di cortesia anche perché a Napoli non abitavano tanti croati e neanche come affari o turisti Napoli era una meta tanto gettonata.
Ma il tarlo del dubbio non mi dava pace, e così alla fine della visita, al rientro a Roma, i miei sospetti crebbero quando invece di una pubblicazione scientifica o in materia di legge – visto che il nostro Console si fregiava del titolo di professore universitario e avvocato – mi regalò un disco. Infatti, era molto orgoglioso di questo disco, di canzoni napoletane da lui incise, con un accompagnamento al pianoforte. E cosi, quando ritornai a Roma, seppi dai cancellieri dell’Ambasciata che un giorno il nostro Mariano si era presentato nella sede diplomatica per chiedere delle informazioni per suo figlio, che stava per laurearsi in economia con una tesi sul commercio tra Italia e Croazia. E piano piano, riuscì a diventare amico dell’Ambasciatore croato, che dopo un po’ di frequentazioni lo propose per il ruolo di Console onorario. Dopo, quando il nostro Mariano morì improvvisamente, mi fu svelata la verità da parte del segretario dell’Associazione Consoli onorari in Italia. E io ebbi la prova che i miei dubbi non erano, dopo tutto, così infondati. E ancora una volta mi ricordai di Graham Greene, o meglio di Michael Caine…

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