Valentin Egel: «La mia priorità è il bene della musica»

A colloquio con il Mº Valentin Egel, che ci ha raccontato i particolari del gettonatissimo concerto di Capodanno al Teatro Nazionale Croato «Ivan de Zajc» di Fiume, soffermandosi anche su altri temi

0
Valentin Egel: «La mia priorità è il bene della musica»
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Il concerto di Capodanno di Vienna è ormai da decenni un appuntamento imperdibile, che nella mattinata dell’1º gennaio porta allegria e buonumore in ogni angolo del pianeta con i suoi maestosi valzer, le marce e le trascinanti polke. Com’è il caso con ogni tradizione, anche qui ci sono delle regole ben consolidate che devono essere osservate affinché un concerto di Capodanno possa portare questo nome. Nel programma, infatti, non devono mancare la Marcia di Radetzky e i celeberrimi valzer della famiglia Strauss. Questo lieto e spumeggiante evento è stato adottato con il tempo anche da teatri e sale concertistiche in altri Paesi: uno di questi è anche il Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume, che organizza il concerto di Capodanno dagli anni Ottanta. Oggigiorno, questo è l’appuntamento più gettonato della stagione teatrale fiumana, tanto che ogni dicembre, per accontentare tutti gli interessati a prendere parte alla spensierata serata, il concerto di Capodanno viene proposto in più date nell’ultima settimana del mese. Negli ultimi anni, a dirigere l’Orchestra sinfonica di Fiume, protagonista del festoso evento è il giovane e talentuoso Mº Valentin Egel, che nel corso di una piacevolissima chiacchierata ci ha raccontato perché quest’anno il concerto è intitolato “Tutti al valzer!”, come mette insieme il repertorio dell’Orchestra e quant’altro.

Quest’anno, il concerto di Capodanno è dedicato al valzer. Come mai questa scelta?
“Credo che tutti si aspettino un valzer durante il concerto di Capodanno e il titolo del concerto di quest’anno è un invito al pubblico di venire a teatro, celebrare con noi l’Anno nuovo e meditare su quello che ci siamo appena lasciati alle spalle. Il titolo del concerto è una citazione e proviene dal Gran ballo dell’Opera di Vienna, ovvero il comando con il quale il direttore d’orchestra indica che la pista da ballo è aperta a tutti. Noi abbiamo preso questo comando come ispirazione per l’intero programma, incentrandolo sul valzer. Ovviamente, vi abbiamo incluso diversi tipi di valzer: da quello russo di Čajkovskij a quello viennese, anche se per quanto riguarda quest’ultimo parliamo di diverse fasi del valzer. Il ‘Gold und Silber’ valzer di Franz Lehár, ad esempio, è già una riflessione sui valzer della dinastia degli Strauss e questo aspetto risulta ancora più evidente nei valzer di Richard Strauss ‘Der Rosenkavalier’, che si possono considerare come dei valzer sul valzer, come c’è il teatro sul teatro. Qui Richard Strauss ha innalzato un monumento al valzer viennese di Johann Strauss e della sua dinastia. Parlando di questi ultimi, nel programma abbiamo incluso sia i valzer di Johann Strauss figlio, ma anche quelli del padre e del fratello Eduard Strauss. Credo che abbiamo messo insieme un programma celebrativo in cui il pubblico ha modo di riflettere sull’anno appena trascorso e prepararsi a quello che arriva”.

Le piacciono i valzer?
“Li adoro. E amo molto la musica di Johann Strauss, ma anche ciascuno dei brani che proponiamo quest’anno. Tutti sono molto noti e amati, di facile fruizione, ma si tratta di musica di altissimo valore, scritta in maniera straordinaria. Si tratta di vera arte. Nessuno di questi brani è dozzinale. Credo che piacciano anche all’orchestra. I nostri musicisti sanno come godere di un brano musicale, anche perché durante la stagione sinfonica lavoriamo a un programma molto serio e impegnativo, che è ovviamente fantastico e importante, ma credo che sia bello anche suonare per una settimana un programma un poco più fruibile in un periodo dell’anno davvero speciale”.

Immagino che il concerto di Capodanno porti con sé anche una responsabilità essendo così gettonato e seguito.
“Direi di sì. Il nostro compito è preparare un programma che lasci un’impressione favorevole sul pubblico e che proponga anche brani più contemplativi, oltre che energetici e allegri. D’altro canto, abbiamo anche la responsabilità di catturare l’interesse di persone che si trovano in teatro per la prima volta e magari invogliarle a venire più spesso. Questa è quindi un’opportunità di mostrare loro che cosa possiamo fare e di invitarle a venire di nuovo. Il nostro compito è dimostrare che Fiume vanta un’Orchestra eccellente”.

Qual è il suo approccio nel lavoro con l’Orchestra? È autoritario o democratico?
“Credo che i membri dell’Orchestra dovrebbero esprimersi su questo punto (risata). La mia impressione è che in genere sono una persona democratica e cerco di comunicare e includere il maggior numero di persone nelle mie idee. Non mi piace imporle, ma cerco di convincere e motivare le persone a farle proprie. Musicalmente parlando, è importante andare nella stessa direzione. Molte volte mi chiedono come impongo la mia autorità sui musicisti essendo giovane ed essendo molti di loro più grandi di me, ma spero che sia chiaro che tutto ciò che faccio è per la musica. Quindi, tutti noi lavoriamo per il bene della musica e, in ultima istanza, del pubblico.
Per quanto riguarda l’Orchestra in sé, mi piace molto e ci sono momenti durante le nostre esibizioni quando mi sento quasi innamorare di questo ensemble. Credo che all’interno dell’organico regni una bella atmosfera di collegialità e che durante le nostre esibizioni, soprattutto durante i concerti sinfonici, ciascuno si impegni a dare il meglio di sé. Generalmente abbiamo una visione chiara di cosa vogliamo ottenere durante l’esecuzione di un brano, anche se questa non deve essere accettata dai critici. Vorrei anche sottolineare che nell’Orchestra abbiamo dei solisti straordinari e quando durante il concerto hanno occasione di sciorinare le loro doti succede qualcosa di magico. Inoltre, siccome sono qui da più di tre anni, sento che abbiamo sviluppato una bella intesa, molte cose si sottintendono. Si giunge a questo livello soltanto durante una lunga collaborazione. Credo che musicalmente si tratti di una collaborazione di successo e che siamo riusciti a crescere dal punto di vista del repertorio e della qualità”.

Come viene scelto il programma per i concerti?
“La maggior parte delle proposte sono mie, ma nelle decisioni sono inclusi anche il direttore dell’Opera, il sovrintendente, come pure il Consiglio artistico dell’Orchestra. Il sovrintendente dà molte proposte e può anche cambiare i brani musicali in precedenza accordati perché bisogna prendere in considerazione molti fattori quando viene stilato un programma sinfonico. In primo luogo, bisogna tener conto della grandezza dell’organico e quale brano musicale attirerà di più il pubblico e quale meno. Quindi, di solito facciamo una combinazione di questi brani. Da musicista, sono sempre portato a fare ciò che ritengo più interessante, per cui spesso ho bisogno di qualcuno che mi dica cosa sia più opportuno dal punto di vista dello sviluppo del pubblico”.

Qual è stato per lei il concerto o spettacolo più bello proposto nello “Zajc” dal punto di vista musicale, emotivo e artistico?
“Ce ne sono stati diversi. Dal punto di vista emotivo, il concerto che ho diretto nel mio primo anno a Fiume, quando il solista al violino è stato mio padre. Questo è stato un momento indimenticabile per me, anche perché avevo percepito la sensibilità dell’Orchestra nei confronti di mio padre, che non è più tanto giovane. Questa esperienza mi avvicinò molto all’Orchestra.
Dal punto di vista artistico, invece, ci sono stati momenti davvero straordinari: uno di questi è stato quando abbiamo eseguito la Quarta sinfonia di Mahler, come pure l’Ottava sinfonia di Bruckner all’inizio della scorsa stagione – un’esperienza indimenticabile –, come pure quando abbiamo suonato per cinque volte la Sinfonia n. 7 di Beethoven per il primo concerto di Capodanno che abbiamo fatto insieme. Non devo dimenticare nemmeno la Seconda sinfonia di Papandopulo, che quest’anno abbiamo suonato due volte. Si tratta di una composizione stupenda che abbiamo davvero apprezzato e abbiamo pensato che meriti di trovarsi sul repertorio e di venire registrata”.

C’è qualche composizione che vorrebbe eseguire con l’Orchestra in futuro?
“Ci sono diverse composizioni che l’Orchestra dovrebbe avere sul suo repertorio e che non abbiamo ancora eseguito. Quando stilo un programma, il mio obiettivo è pure ampliare il fondo di brani che l’Orchestra suona. Quando sono venuto a lavorare allo ‘Zajc’ ho capito che l’Orchestra ha suonato le sinfonie di Brahms negli anni Novanta e soltanto una volta prima che arrivassi in questo Teatro. Si tratta, però, di composizioni che rientrano nel repertorio ordinario di un’orchestra. Inoltre, ritengo che sia necessario avere sul repertorio anche composizioni celeberrime e forse anche un po’ scontate, ma è importante suonarle ed è pure importante che il pubblico abbia la possibilità di sentirle. Quindi, vorrei avere l’opportunità di eseguire il ciclo di sinfonie di Brahms con questa Orchestra. Lo stesso vale anche per le sinfonie di Beethoven e anche quelle di Mozart – anche se negli ultimi anni abbiamo dato un po’ più spazio a quest’ultimo –, soprattutto mettendo in scena ‘Il flauto magico’.
Credo che sia importante fare come abbiamo fatto con Papandopulo: trovare brani che meritano di venire eseguiti, ma che il vasto pubblico non conosce perché vengono proposti raramente nelle sale concertistiche. Ci sono anche altri compositori croati che apprezzo molto, tra cui in primo luogo Krešimir Baranović, di cui ho anche diretto il brano ‘Z mojih bregov’ nell’ambito del concorso per direttori d’orchestra ‘Lovro von Matačić’ a Zagabria e con questa composizione l’ho vinto. Per me era una grande sorpresa e ricordo che erano sorpresi anche i membri della giuria in quanto non credevano che fosse possibile che uno vinca con Baranović quando al contempo in programma c’è anche, ad esempio, Richard Strauss. ‘Z mojih bregov’ è uno splendido brano del quale c’è anche una fantastica registrazione. Di Baranović mi piacerebbe realizzare con l’Orchestra la composizione ‘Licitarsko srce’, oltre che ‘Z mojih bregov’. L’idea è comunque quello che ho detto prima, di includere nel repertorio brani di compositori croati che meritano più attenzione accanto ai pezzi più noti e amati del repertorio sinfonico come quelli di Brahms, Bruckner e altri. Questo è importante perché contribuisce a sviluppare il suono dell’orchestra e in generale l’arte del suonare insieme”.

Il suo primo soggiorno in Croazia è stato in occasione del concorso “Lovro von Matačić”, oppure ci è stato anche prima? Come è arrivato a Fiume?
“In Croazia sono stato per la prima volta come turista e mi ha lasciato una bellissima impressione. Successivamente, ho partecipato al concorso, dopodiché sono stato chiamato a dirigere a Fiume dall’ex direttore dell’Opera, Petar Kovačić. Fin dal primo momento, e così è tuttora, mi sono sentito il benvenuto. Le persone hanno una mentalità aperta ed è stato facile per me sentirmi a casa molto presto. Ovviamente, viaggio spesso per dirigere in altre città croate e in altri Paesi, ma quando torno a Fiume sento di tornare a casa. Oltre all’accoglienza cordiale delle persone, mi ha affascinato anche il circondario della città, la splendida natura e la posizione geografica davvero incomparabile. Oltre al mare, che è meraviglioso – non avrei mai creduto che un giorno la vita mi avrebbe portato a vivere in riva al mare, un ragazzo nato nella Foresta Nera –, ci sono le stupende montagne del Gorski kotar. Proprio l’altro giorno, viaggiando verso Zagabria, abbiamo attraversato un paesaggio innevato e magico, mentre qui in città sembra fosse primavera. Per non parlare delle isole, dell’Istria e del Monte maggiore. È davvero bellissimo”.

Le manca la sua città?
“Mi manca la mia famiglia e sarebbe davvero bellissimo se Freiburg fosse più vicina, ma la mia casa è qui”.

Quando studia un nuovo brano orchestrale, come si prepara e quanto tempo richiede questo tipo di lavoro?
“Il tempo che investo nello studio di un brano dipende innanzitutto dal brano stesso e dalla sua complessità. È molto differente lavorare a una sinfonia, a un’opera o a un brano solistico. Servono mesi per preparare un’opera perché essa si compone di diversi strati e significati, ma c’è sempre qualcosa di più da fare durante lo studio. Infatti, affinché un’Orchestra accetti il direttore è indispensabile che egli sappia ciò che fa e che abbia le idee chiare su ciò che vuole ottenere. A questo si giunge soltanto dopo uno studio approfondito e una buona preparazione. Naturalmente, è importante anche conoscere l’opus del compositore, anche se qualche volta è difficile trovare informazioni. La musica, per fortuna, parla da sola, ma è sempre bene conoscere anche la mente e l’ambiente che l’ha creata. Con l’opera cerco di fare il più possibile al pianoforte. Ho studiato in un sistema che pone l’accento sullo studio delle partiture al pianoforte, per cui durante gli studi ho dovuto suonare molto e ho avuto molte ore di direzione con l’orchestra. Sono molto riconoscente per questo tipo di studio perché questa è la chiave per diventare un buon direttore d’orchestra. Inoltre, ho dovuto lavorare molto con i solisti, il che ha richiesto da me la capacità di suonare tutte le parti della partitura e di cantare tutte le voci accompagnandomi al pianoforte, anche in diverse lingue. È difficile, ma è molto importante.
Per quanto riguarda il lavoro alle sinfonie, qui mi preparo pure al pianoforte e ascolto diverse registrazioni del brano per vedere come altri direttori lo hanno concepito. Inoltre, è importante conoscere la tradizione dell’esecuzione di un determinato brano o di un’opera, soprattutto in un’opera importante, anche perché le prove non sono molte. Ovviamente, una cosa si può fare anche diversamente, me per poterlo fare bisogna conoscere la tradizione. Per poter rompere le regole, bisogna prima conoscerle. Personalmente, non mi vedo come uno che rompe le regole, ma cerco sempre ad attenermi alla partitura, a ciò che ha scritto il compositore. Il mio ruolo è leggere il testo e decidere in base a esso, non inventarmi cose che non sono state scritte”.

Quando ha deciso di diventare un direttore d’orchestra?
“Anche se sia mia madre che mio padre sono musicisti, sono l’unico dei miei fratelli e sorelle (sono il più giovane di otto figli) che ha scelto la musica come professione. I nostri genitori ci hanno sempre dato la possibilità di studiare uno strumento o di cantare in un coro. I miei fratelli si occuparono di musica elettronica da adolescenti, mentre alcune mie sorelle di musica classica. Per me il vero amore è sempre stata la musica classica. Dopo le lezioni a scuola non vedevo l’ora di andare a casa a suonare il pianoforte.
Ritengo che sia importante impartire ai giovani un’istruzione musicale perché, anche se nella vita non si occuperanno di musica, questa li avrà arricchiti. Sono molto fortunato di aver avuto l’opportunità di studiare e occuparmi di musica senza sentirmi costretto a diventare un professionista. I miei genitori non mi hanno mai imposto questo ruolo, anche se hanno investito molto nella mia istruzione. Dal canto mio, mi sono impegnato molto a diventare un direttore d’orchestra perché desideravo fare questo nella vita. Ero, però, sempre consapevole che non è facile diventare un musicista di successo, per cui questa è stata una decisione ben ponderata. Non volevo essere un pianista, ma un direttore d’orchestra. Volevo almeno provarci. Ricordo che andai all’esame di ammissione all’Accademia di Musica con un atteggiamento fatalista perché non ero sicuro se l’avrei superato”.

Ci troviamo alla fine dell’anno, in un periodo che molti amano. È così anche per lei?
“Sono cresciuto con una grande tradizione natalizia, a partire dal grande Oratorio di Natale di J.S. Bach che cantavo nel coro maschile di voci bianche e successivamente in un coro grande, ma anche prima di entrare nel coro, in quanto mia madre cantava nel coro ‘Bach’, fondato da mio nonno. Mia mamma era molto consapevole della magia del Natale, particolarmente sentita dai bambini. Quindi, posso dire che amo questo periodo dell’anno e cerco di ricreare la sua magia anche qui”.

Le piacciono altri generi musicali? Come si rilassa quando non lavora?
“L’ispirazione si trova ovunque e in diversi modi, ma tutto dipende dal tempo che ho a disposizione. Mi piace molto andare in natura e vorrei poterlo fare più spesso. La natura è una grande ispirazione, ma lo è anche la musica stessa. Per quanto riguarda la musica, anche per rilassarmi scelgo sempre quella classica. Ultimamente ho ascoltato molto le Cantate di Bach, il che mi ha reso molto felice. Quando si tratta di altri generi, mi piace la musica più vecchia, come ad esempio quella di Ella Fitzgerald”.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display