Un memoriale per le vittime delle migrazioni

L’arte appare in questo caso uno dei mezzi più adatti a ripristinare la coscienza delle persone e la sensibilità con cui si approcciano verso il prossimo

0
Un memoriale per le vittime delle migrazioni
Un dettaglio del telo centrale della mostra. Foto: ORETTA BRESSAN

Al giorno d’oggi, come pure in passato, l’esistenza umana comprende una miriade di calamità e situazioni con cui, nonostante gli sforzi, stentiamo a fare i conti. Basta scorrere le notizie per renderci conto delle innumerevoli tragedie che avvengono ogni giorno a livello mondiale. Eppure, molto spesso capita che, per quanto ci colpiscano le tristi storie che sgorgano dai mass media, le osserviamo da una certa distanza, quasi fossero segni di un mondo lontanissimo.

Coscienza e sensibilità
È in questi casi che l’arte appare come uno dei mezzi più adatti a ripristinare la coscienza delle persone e la sensibilità con cui si approcciano verso il prossimo. Tra gli artisti croati che non sfuggono alla funzione sociale dell’arte – ma, anzi, ne fanno il proprio cavallo di battaglia – figura Selma Banich, la cui attività professionale intreccia la performance, le arti figurative e l’audiovisivo, senza però mai abbandonare l’attivismo e la partecipazione civile. La rappresentazione visiva del risultato della sua nuova iniziativa – portata avanti insieme alla professoressa Marijana Hameršak, attualmente collaboratrice nell’ambito del progetto “L’etnografia dei rifugiati: il contesto croato” (Etnografija izbjeglištva: hrvatski kontekst) dell’Istituto per l’etnologia e la folcloristica (IEF) di Zagabria, in collaborazione con il collettivo “Le donne per le donne” (Žene ženama) e il progetto “Il regime europeo delle migrazioni non regolarizzate nella periferia dell’Unione europea: dall’etnografia al thesaurus” (ERIM) dell’Istituto per l’etnologia e la folcloristica di Zagabria – è attualmente esposta presso la Galleria Kortil, in seno alla Casa croata di cultura (HKD) di Sušak.

La questione delle migrazioni
La mostra “Passaggio” (Prijelaz) verte sulla questione delle migrazioni e, nella sua sostanza, altro non è che il concentrato di un progetto di ampio respiro che si estende oltre l’artista o il singolo partecipante e prosegue al di là di un qualsiasi allestimento artistico. L’esposizione comprende due lavori distinti che si completano a vicenda. Il primo consiste in un breve filmato (realizzato dall’artista fiumana Sara Salamon) che, attraverso primissimi piani e inquadrature di particolari, mostra il lavoro dei partecipanti ai laboratori pratici tenutisi tra il novembre del 2020 e il febbraio del 2021 a Zagabria, condotti da Banich. Il secondo, invece, è costituito da un grande telo con figure umane realizzate a uncinetto dai partecipanti ai laboratori. Queste rappresentano i volti dei migranti che hanno perso la vita in cerca di un’esistenza migliore.

I fiumi come trappole
Nella Regione di Karlovac – diventata una delle aree più letali in Croazia per quanto riguarda gli spostamenti clandestini dalla Bosnia ed Erzegovina ai Paesi dell’Unione europea –, in particolare, i ricercatori e collaboratori dell’ERIM si sono recati a più riprese, tra l’estate e l’autunno del 2020, per studiare e documentare le prassi di un regime della morte che si estende lungo le strade percorse dai migranti verso l’Europa. I fiumi della Regione – come anche tutta una serie di ambienti urbani e naturali –, negli ultimi anni, hanno tragicamente rappresentato per molti (troppi!) clandestini l’ultima tappa del loro vano tentativo di raggiungere l’Europa, di arrivare alla possibilità di avere una vita dignitosa, una vita non segnata da gravi violazioni dei più basilari diritti umani.

Molteplici significati simbolici
Il tessuto al centro della mostra “Passaggio” è, quindi, un cimelio intriso di molteplici significati simbolici. In primo luogo, si tratta di un memoriale per tutte le vittime delle rotte migratorie dell’entroterra croato, fatto a mano e con la consapevolezza e la volontà di esprimere quella solidarietà che si trova alla base di ogni vera forma di umanità. Ma il telo lavorato dalle partecipanti degli incontri condotti da Selma Banich rappresenta anche la prova tangibile e una sorta di sineddoche della vera portata del progetto promosso dall’artista e attivista in collaborazione con la studiosa Marijana Hameršak.
Un’iniziativa fatta non solo di attività palpabili e quantificabili, come la lavorazione del tessuto oppure lo studio etnologico del fenomeno delle migrazioni, ma anche e soprattutto di sensazioni di conforto, affetto, tolleranza, comprensione, valorizzazione, socialità e forza, gli unici veri strumenti per il superamento del trauma della migrazione.

Incontro con le autrici
L’esposizione “Passaggio” può essere visitata fino alla fine della prossima settimana. Venerdì 3 marzo alle ore 17, in occasione della chiusura della mostra, avrà luogo un incontro con le partecipanti e autrici del progetto, nell’ambito del quale verranno realizzati dei piccoli teli con l’utilizzo di buste di plastica, utilizzati dalle “persone in movimento”. Tutti gli interessati a prendere parte al laboratorio (che verrà condotto da Josipa Lulić del collettivo “Le donne per le donne”) sono pregati di presentarsi presso la Galleria Kortil muniti di sacchetti di plastica di vari colori. Alle ore 19, invece, è in programma la tavola rotonda “Le città rifugi” (Gradovi utočišta), che vedrà la partecipazione di attivisti e volontari da Fiume, Zagabria, Ogulin e dall’Istria. L’evento di chiusura dell’esposizione si concluderà con una passeggiata verso il porto di Fiume, dove verranno ricordati i sette giovani ragazzi trovati morti nel 2020 in Paraguay, in un container per il trasporto di concime che, invece che verso l’Italia si diresse verso l’America del Sud.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display