Fiume CEC 2020. Salvare il progetto è fondamentale

Kristian Benić, Sebastian Valenčić, Iva Šušnjar e Sanja Perinić Švorinić ci hanno raccontato che cosa pensano dell’andamento della manifestazione

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Fiume CEC 2020. Salvare il progetto è fondamentale

Tra i tanti progetti che sono stati messi a rischio dalla pandemia quello più significativo per il capoluogo quarnerino e che raggruppa la maggior parte degli eventi culturali previsti per quest’anno è Fiume Capitale europea della Cultura. Nel momento della maggior crisi l’organizzazione e la Città di Fiume hanno preso la difficile (ma necessaria) decisione di licenziare la maggior parte dei dipendenti, considerati ormai una zavorra che metteva a rischio il futuro dei programmi, e mantenere soltanto i dirigenti dei vari indirizzi programmatici. Si è parlato di responsabilità, poca trasparenza, illegalità, nepotismo e tanto altro e l’immagine di Fiume CEC 2020 che traspare in questi giorni non è certo delle più brillanti. Abbiamo chiesto ad alcuni cittadini, di cui alcuni erano ferventi sostenitori dell’iniziativa, altri lavorano nel settore culturale e terzi hanno soltanto seguito le notizie trasmesse dai media, cosa ne pensano di Fiume CEC e cosa si potrebbe fare ancora per salvare il salvabile.

Kristian Benić

Kristian Benić, caporedattore delle riviste Brickzine e Magazine GKR e direttore del marketing e dei nuovi progetti della Biblioteca civica, ha condiviso volentieri con noi la sua visione dei fatti.
“Siccome ero membro già dagli esordi dell’idea del gruppo per la realizzazione del concetto del progetto e successivamente uno degli autori del libro delle notifiche ai progetti, posso affermare che non mi sarei esposto e impegnato se non avessi creduto da subito nella genuinità del progetto Fiume CEC 2020, una delle iniezioni di adrenalina più costruttive e positive per lo sviluppo di Fiume a numerosi livelli, di cui alcuni non sono immediati, ma daranno risultati negli anni a venire. Si trattava di una vera e propria lotta di lavoro e impegno per un progetto che non ci è caduto tra le braccia dal cielo. Dopo l’assegnazione è iniziata la fase della realizzazione e qui mi sono trovato coinvolto soprattutto tramite i progetti della Biblioteca civica, che sono concentrati principalmente sul fronte della Casa dell’Infanzia, struttura o infrastruttura che ospiterà la maggior parte delle nostre attività e che ci permetterà dii usufruire di un potenziale di sviluppo nuovo. Stiamo cercando di creare una vera e propria fabbrica di idee nella struttura che ospitava il zuccherificio, e questa consapevolezza mi motiva molto”.
Il colpo della quarantena
“Per quanto riguarda la situazione nel corso della quarantena – ha continuato Benić – devo ammettere di non essere al corrente dei dettagli se non per le informazioni che sono trapelate dai media. Non posso dire con certezza se si sia potuto fare di più e penso che un ragionamento di questo tipo non sia per niente collegiale. La pandemia, scoppiata all’inizio di marzo, è stata un duro colpo per tutti e il processo di ripresa sarà lungo e altrettanto impegnativo per tutti coloro che vorranno sopravvivere e salvare i propri posti di lavoro. La Biblioteca civica è stata colpita duramente, in quanto abbiamo dovuto rinunciare ad alcune manifestazioni alle quali abbiamo lavorato per tanto tempo, per non parlare della chiusura forzata. Si tratta di enormi perdite. Abbiamo continuato la produzione in digitale, ma essa non potrà mai sostituire quella fisica. Personalmente mi rendo conto che se si fosse trattato di un’azienda come la Rijeka 2020, ovvero un’organizzazione senza entrate fisse, non ci sarebbe rimasto altro da fare che smantellare tutto e sperare di ridurre al minimo le perdite nell’attesa che l’emergenza rientri. In ogni caso – ha continuato ancora Benić – tutti i partner al progetto, come gli enti culturali cittadini, hanno continuato la loro produzione, hanno lottato contro il silenzio, erano presenti e non si sono lasciati sopraffare dai problemi quotidiani. Il programma centrale è sicuramente stato una delle vittime più grandi della pandemia e non avrà sostituti, purtroppo, perché in un’era di distanza sociale, di blocco degli spostamenti e dei viaggi, nonché di tagli ai budget, non può esistere un programma di questo tipo. Mi piacciono le alternative della serie performance sui balconi, interventi artistici urbani e altri tipi di espressione artistica, però niente di tutto ciò potrà sostituire il grande programma centrale di Fiume CEC 2020. Si tratta soltanto di interventi ‘cosmetici’ per coprire una lacuna troppo vasta”. Sugli interventi della Città di Fiume, ovvero sulla possibilità di agire con più fermezza e salvare il progetto Fiume CEC 2020, Benić si dichiara combattuto.
Bisogna parlarne
“Per quanto ne so, l’organizzazione è nata esclusivamente con lo scopo di realizzare i progetti culturali – ha illustrato – e in quanto tale tutti i dipendenti avevano contratti a tempo determinato. Quando si è giunti a un punto in cui non era possibile realizzare le attività programmate e non si è potuto più attingere ai fondi per i finanziamenti, secondo me è diventato superfluo discutere oltre. Tutta l’organizzazione è un organismo temporaneo e questo è un dato di fatto molto chiaro e lo si può trovare negli atti e nei documenti, dalla fondazione ad ora, quindi anche se non fosse stato per il virus, la sua esistenza si sarebbe spenta molto presto. Posso soltanto supporre che in questo momento le proporzioni della stessa siano state portate a un livello gestibile finanziariamente. Quello che più mi ha colpito sono state la leggerezza e la facilità con le quali il Ministero della Cultura e il ministro hanno scartato il progetto e hanno ritirato i finanziamenti, nonché il fatto che non se ne parli mai in pubblico, mentre si discute tantissimo di altri progetti culturali in altre città croate. Questo atteggiamento – ha dichiarato con una nota di amarezza l’operatore culturale – lo considero insensato. La Croazia non può vantare ogni anno una Capitale europea della Cultura e non parlarne è una mancanza di rispetto e perspicacia”.
Si va avanti
Per quanto riguarda il futuro e il “salvataggio“ di parte dei programmi nei mesi estivi, Benić non si sbilancia e afferma che è ancora molto difficile fare previsioni per l’estate, ma che è innegabile che ci aspettino mesi di duro lavoro e lotta. Stiamo assistendo ad un ritorno graduale alla normalità, ma le conseguenze della lunga chiusura sono presenti e bisognerà lavorare intensamente per sanare i danni. Le perdite finanziarie sono enormi, ma anche l’energia che si respira tra le persone è cambiata, afferma preoccupato.” In tutta questa situazione – ha concluso il nostro interlocutore – esiste una nota positiva e per me è il fatto che i lavori al complesso Benčić sono continuati e non hanno subito un arresto come tanti altri progetti edili. Il Benčić rappresenta il midollo, il succo della futura cultura fiumana e dell’industria culturale a essa legata. Si tratta di un progetto e di un processo di autentica urbanorigenerazione. Durante l’estate tutti gli enti culturali vi terranno programmi diversi e possiamo aspettarci di tutto, anche se dobbiamo essere coscienti che nonostante la situazione ci sembri normale e continuiamo a ripetercelo, di normale non c’è niente”.
Scetticismo

Sebastian Valenčić

Le stesse domande le abbiamo inoltrate anche al connazionale Sebastian Valenčić, il quale è stato molto diretto e aperto nelle sue risposte. “Devo ammettere che fin da quando scoprii che Fiume sarebbe stata Capitale europea della Cultura ebbi il presentimento che la città non sarebbe stata capace di organizzare e gestire l’immensa mole di lavoro e preparazione che sta dietro a un progetto simile – ha esordito Valenčić –. Onestamente non mi ero mai interessato a questa manifestazione né sapevo come fossero le precedenti edizioni. Presumevo si trattasse di spettacoli teatrali, mostre, concerti, avvenimenti culturali, sale di lettura e happenings di vari tipi. Da un lato mi faceva piacere che in una città noiosa come Fiume accadesse qualcosa di nuovo e insolito dall’altro invece ero scettico sulle possibilità di attirare persone e proporre un programma accattivante per i turisti e i visitatori. Tra cartelloni strappati, opere d’arte discutibili, solite polemiche da quattro soldi e ‘artisti’ che con lo spray cancellavano la bandiera Jugoslava dai tabelloni che rappresentano la storia della città hanno dato quel tocco di ‘cultura’ che in questo periodo scarseggia. Venendo al dunque: l’apertura è stata abbastanza carina anche se rovinata dalla pioggia. La mattina ho fatto un giro in centro per vedere cosa ci fosse. Ho visto qualche mostra e alcuni palchi con la musica ma nulla mi ha impressionato più di tanto. La sfilata invece è stata abbastanza piacevole e divertente. Il concertone l’ho visto solo in tv. Da quel che dicono l’audio dal vivo era pessimo e c’era troppa gente e troppa ressa. Devo dire che non mi ha impressionato anche perché non è un tipo di musica che mi piace. Ho letto un po’ il programma ma non ho assistito a nient’altro e mi sembra che in tutto il periodo successivo non ci siano stati grandi avvenimenti in città. Una volta iniziato il periodo della quarantena è stato abbastanza difficile per tutti e credo anche per gli organizzatori continuare con i progetti, dato che le decisioni devono essere prese molto in anticipo e nessuno poteva sapere come sarebbe andata a finire. Da un lato, se si fosse deciso di fate qualcosa si sarebbe potuto al massimo farlo negli spazi aperti tenendo le distanze, dall’altra parte invece gli artisti avrebbero comunque messo a repentaglio la propria incolumità lavorando assieme. Credo che la decisione di non fare nulla sia stata abbastanza condivisibile. La città può ancora recuperare qualcosa nei mesi estivi e autunnali per quanto riguarda gli spazi aperti e organizzare mostre e spettacoli al chiuso anche più avanti – ha concluso –. Non conosco le regole e le tempistiche quindi non me la sento di criticare tour court l’operato passato e futuro dell’ente che gestisce l’EPK“.
Si può fare di più

Iva Šušnjar

Iva Šušnjar, che recentemente si è trasferita a Brema, ma ha seguito attentamente la questione, pensa che si sarebbe potuto fare molto di più, anche durante la crisi epidemiologica. “Non posso dire di avere avuto grandi aspettative dal progetto CEC 2020 prima che iniziasse. L’ho sempre considerato un tentativo mal riuscito di creazione di una ‘nuova’ cultura che in realtà non riflette il vero spirito della nostra città. In un certo senso mi è sembrato che il valore della diversità e della multiculturalità sia stato portato agli estremi”. “Durante la chiusura e i mesi di quarantena – ha continuato – penso si sarebbe potuto fare di più, o comunque agire diversamente. Anche se la direzione non sapeva che pesci pigliare, sarebbe bastata una veloce ricerca su Internet per scoprire le tante possibilità offerte dalla rete.
Volere è potere, ma ho paura che in questo caso manchi la voglia. In tutta questa problematica non so quale sia la responsabilità della Città di Fiume, ma sono ottimista e dico che mancano ancora sei mesi alla fine dell’anno e il progetto CEC 2020 si può ancora salvare. È necessario soltanto darci dentro e avere tanta creatività ed è quello che mi aspetto per il futuro. Fiume dovrà impegnarsi al massimo, ridestarsi dal torpore in cui è caduta e riprendere vita, non per i turisti ma per gli stessi cittadini che se lo aspettano e se lo meritano”.
Artisti protagonisti

Sanja Perinić Švorinić

Sanja Perinić Švorinić si è dichiarata contenta che Fiume abbia ottenuto la possibilità di fare parte di un progetto internazionale di tale entità e altrettanto dispiaciuta del fatto che il coronavirus abbia messo in forse la realizzazione dello stesso.
“Personalmente le mie preoccupazioni erano rivolte all’aspetto finanziario visto che per il 99,5 per cento si tratta di denaro dei contribuenti fiscali, cioè denaro pubblico. Per quanto riguarda lo scoppio della pandemia, sono dell’opinione che la direzione dell’organizzazione Rijeka 2020 abbia reagito male e invece di preparare un piano B si sono presi una bella vacanza senza farsi sentire per settimane.
La loro ricomparsa in pubblico è stata soltanto per consegnare i licenziamenti. Contemporaneamente alcuni artisti, come ad esempio Damir Urban, hanno dimostrato che per l’arte non sono necessari grandi cifre, ma soltanto un po’ di creatività e spirito d’iniziativa“
Per quanto riguarda la questione della responsabilità, Perinić Švorinić afferma che la Città di Fiume non è il diretto “imputato”, anche se il capodipartimento della Cultura, Ivan Šarar, dovrebbe prendere una posizione chiara, ma lo è invece la direttrice dell’organizzazione, Emina Višnić. La realizzazione dei progetti iniziati, secondo la nostra interlocutrice, dovrebbe avvenire per concludere almeno la prima parte del progetto, mentre gli altri piani sarebbero da spostare al 2021 o cancellare del tutto.

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