La prima rappresentazione del monumentale melodramma “L’oro del Reno” (Das Rheingold) di Richard Wagner nel Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume, avvenuta ben 155 anni dopo la sua première nel 1869, si è rivelata uno spettacolo di altissimo livello. Come noto, questo è il secondo allestimento di un’opera di Wagner nel Teatro fiumano, in quanto quattro anni fa a… rompere il ghiaccio fu il dramma musicale “Tristano e Isolda”.
Il prologo della tetralogia
Ricordiamo che “L’oro del Reno” è la prima parte, ovvero il prologo della monumentale tetralogia “L’anello del Nibelungo” (Der Ring des Nibelungen), una delle opere più impegnative del teatro musicale. Wagner iniziò a comporre l’opera nel 1853 e la completò nella metà del 1854, ma passarono altri quindici anni prima che il melodramma, per il quale il compositore scrisse anche il libretto, avesse la sua première, il 22 settembre 1869 a Monaco di Baviera.
L’opera inizia con le figlie del Reno, che custodiscono un oro potente. Colui che rinuncia per sempre all’amore e forgia un anello utilizzando quest’oro diventerà onnipotente. Anche se sono convinte che il loro oro è sicuro perché non può esistere nessuno pronto a rinunciare al potere dell’amore, il nibelungo Alberich lo fa senza esitazione, ruba l’oro, maledice l’amore e sottomette il suo popolo. Il dio supremo Wotan, avendo sentito parlare dell’anello, scende nel sottosuolo alla sua ricerca. Dopo essere stato catturato e costretto a consegnarlo, Alberich maledice l’anello con il quale gli dei pagheranno la costruzione dei loro palazzi. Erda, la saggia dea della terra, mette in guardia il dio Wotan di guardarsi dall’anello perché sia Wotan che i suoi discendenti saranno perseguitati dalla maledizione fino alla fine dell’epica saga composta, oltre che dall’“Oro del Reno”, anche dalle opere “La walchiria”, “Sigfrido” e “Il crepuscolo degli dei”.
L’interazione tra i protagonisti
La regia dello spettacolo fiumano è stata affidata al direttore dell’Opera fiumana, Dražen Siriščević, mentre l’Orchestra sinfonica è stata diretta dal Maestro Valentin Egel. Quando si parla di Richard Wagner e dei suoi drammi musicali dalle proporzioni epiche, che nonostante il loro contenuto mitologico parlano sempre, come tutte le opere d’arte, delle virtù, dei difetti, delle debolezze e dei desideri dell’essere umano, la prima associazione è la parola “monumentale”. Ne “L’oro del Reno”, osservando il numero di solisti e generalmente di persone in scena, ci si rende conto però che la monumentalità non deriva dalla complessità o meno dell’allestimento, bensì in primo luogo dalla musica e dalla tematica trattata. Tutto il dramma si “consuma” tra i protagonisti, non ci sono il coro e il balletto a rendere più imponente la messinscena. A renderla tale sono, come detto, la straordinaria musica e l’orchestrazione.
Scenografia minimalista
L’allestimento fiumano è minimalista dal punto di vista scenografico (la scenografia è firmata da Alan Vukelić), in quanto si basa esclusivamente sulle proiezioni video sullo sfondo del palcoscenico, mentre gli unici elementi in scena sono due schermi che riprendono le succitate proiezioni. La parte visivamente più interessante e riuscita ci sono sembrate le scene nel regno sotterraneo, con proiezioni video che associano al fuoco, con i Nibelunghi intenti a lavorare l’oro.
Il dramma dell’opera sta nei rapporti e nelle interazioni tra i protagonisti. Infatti, nell’intera opera non c’è molta azione, non si combatte, non si corre e non si balla, bensì i protagonisti sono in continuazione coinvolti in dialoghi che non offrono molte possibilità di rendere più dinamica la scena. Ciò che, però, è stato ottenuto, è un’ottima caratterizzazione dei personaggi, che sono stati delineati con precisione, mentre l’intensità delle interazioni tra i solisti si è rivelata oltremodo coinvolgente, tanto che l’opera si segue come un thriller.
Ottimo ensemble di solisti
Uno dei segmenti più forti dello spettacolo sono senza dubbio i solisti, che si sono dimostrati all’altezza del compito da ogni aspetto, sia quello vocale che attoriale. Nel ruolo di Wotan si è esibito il basso Goran Jurić, che con la sua imponente presenza scenica e con la sua voce potente e calda è stato un dio supremo davvero convincente. Il ruolo di Loge, l’astuto semidio del fuoco, è stato interpretato con gusto dal tenore statunitense Brett Sprague. Anche se la sua voce non è particolarmente voluminosa, il cantante ha sopperito a questa mancanza con la sua grintosa interpretazione, alleggerendo il dramma con un tocco di umorismo.
Il baritono sloveno Jure Počkaj ha offerto un’interpretazione convincente nei panni di Alberich, mentre il mezzosoprano Stefany Findrik, con la sua calda voce, ha interpretato il ruolo di Fricka, moglie di Wotan. Il soprano Josipa Gvozdanić, che si è esibita nel ruolo di Freia, vanta una voce potente, che si proietta “in avanti” senza difficoltà. Sempre imponente in scena il rinomato mezzosoprano Dubravka Šeparović Mušović come Erda, la saggia dea della terra. Sono stati ottimi anche il baritono polacco Paweł Konik nei panni di Donner, il tenore Marko Fortunato nel ruolo di Mime e il tenore Bože Jurić Pešić nei panni di Froh. Il regista ha deciso a non trasformare i bassi Luka Ortar (Fasolt) e Slavko Sekulić (Fafner) letteralmente in giganti (essi si distinguono dagli dei con il loro abbigliamento e con le dita lunghissime che assomigliano a degli artigli). Luka Ortar ha espresso con particolare sensibilità il tormento interiore del gigante innamorato di Freia. Sono stati molto belli gli interventi solistici e di gruppo delle “figlie del Reno” Gabriela Hrženjak (Woglinde), Gabrijela Deglin (Wellgunde) ed Emilia Rukavina (Floßhilde). Si è esibito con precisione l’ensemble di percussioni “Sinkopa” della Scuola di musica “Ivan Matetić Ronjgov” di Fiume istruito dalla prof.ssa Anita Primorac.
Un’esecuzione trascinante
Oltre alla tematica e alla durata dell’opera, a renderla monumentale, come detto più sopra, sono la straordinaria musica e l’orchestrazione di Wagner. L’Orchestra sinfonica di Fiume, sotto la guida del Maestro Valentin Egel, ha espresso con energia e convinzione tutta la ricchezza delle idee musicali del compositore tedesco in un’esecuzione trascinante e ispirata, seguendo con precisione gli interventi dei solisti.
Hanno fatto bella figura i costumi di Manuela Paladin Šabanović, che hanno compreso anche alcuni capi ripresi da altri spettacoli. Le luci sono firmate da Dubravka Kurobasa, i video da Vedran Perišić Pero.
Le repliche dell’opera sono in programma il 18 e il 20 giugno.
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