Tripcovich. Successo e fallimento della famiglia di origini dalmate

Presentato al Circolo della Stampa di Trieste il volume di Sergio Flegar che raccoglie memorie e fotografie sulla storia dei grandi capitani e armatori dediti ai traffici marittimi

0
Tripcovich. Successo e fallimento della famiglia di origini dalmate
Una foto della famiglia Tripcovich. Foto: ARCHIVIO DELLA FAMIGLIA TRIPCOVICH

La discendenza dei Tripcovich, le loro memorie, i matrimoni, gli affari, sono i punti salienti del libro di Sergio Flegar dal titolo “Tripcovich – raccolta di memorie di una famiglia e di un’azienda” ed. Luglio, presentato a Trieste al Circolo della Stampa. L’autore fu l’ultimo direttore amministrativo dell’azienda che con il suo fallimento fece grande scalpore nel capoluogo giuliano. Dedito per una vita alla società, fondata da Diodato Tripcovich nel 1912 a Trieste, ne era dirigente all’atto del fallimento del 1994 e collaborò fino al ‘97 con la procedura fallimentare. Ha raccolto un’immensa mole di documenti vari, provenienti dall’archivio della società, parte di questi conservati ora all’Archivio di Stato perché di preminente interesse nazionale, dalla famiglia de Banfield, tra cui i diarietti di Ermenegilda Balsani, moglie di Diodato, nei quali esprimeva le sue riflessioni e da particolari interessanti ritrovamenti, avvenuti nel tempo.

Immagini e documenti storici
Flegar, parlando del libro, ne ha fatto un’illustrazione per immagini e infatti molte sono le foto che corredano la pubblicazione, raffiguranti la famiglia e i suoi membri, ma anche i tanti documenti storici, le lettere che hanno consentito la ricostruzione di un mondo perduto, lo straordinario patrimonio dei Tripcovich – de Banfield, che le aste fallimentari hanno disseminato: la bellissima villa in Strada del Friuli, arredi e quadri, rimorchi, mentre l’attività dell’Agenzia Marittima Tripcovich, la prima società fondata da Diodato nel 1895, prosegue la sua attività, salvata da alcuni dipendenti che la acquistarono dopo il fallimento.

Un’azienda modello
“Era una società stupenda, – ha affermato Flegar – il dipendente che aveva avuto un figlio veniva retribuito con una mensilità in più, per permettergli di far fronte alle prime esigenze del nuovo nato. Ogni anno venivano distribuiti premi di produzione, la paga era anticipata. La società era una seconda famiglia, avevamo una squadra di calcio, eravamo invitati alle cene conviviali, veniva corrisposta la tredicesima ben prima che questo diventasse consuetudine anche nelle altre aziende”.

Rispetto per il prossimo
Nelle prime pagine del volume Flegar riporta l’albero genealogico della famiglia a partire da Diodato, che era nato nel 1862 a Dobrota, cittadina delle Bocche di Cattaro. Più importante per lui il titolo militare che quello nobiliare, ufficiale di marina era stato assunto al Lloyd austriaco, aveva sposato Ermenegilda Balzani Pozza de Zagorje, matrimonio dal quale erano nati tre figli, Mario, Maria e Oliviero. A Diodato era stata insegnata l’importanza di studiare le lingue e avere rispetto per i naviganti, curare le amicizie anche quelle meno importanti e portare riconoscenza verso coloro che ti avevano aiutato, ripagandoli con la stessa moneta. I de Banfield compaiono nella discendenza con il matrimonio di Maria e Goffredo de Banfield.
“Tutto era filato liscio – ha ricordato l’autore – fino a quel 1982 quando, dopo la morte del presidente Orsino Orsi Mangeli, gli subentrò Raffaello de Banfield e furono nominati amministratori delegati Livio Pesle e Agostino della Zonca, fu la rovina”.

Un passato glorioso
La prima parte del libro racconta degli anni in cui la famiglia a Trieste fonda la prima società di armamento e agenzia marittima, grazie anche ad alcuni finanziatori, Rodolfo Brunner e Filippo Artelli. Il clima di grande vitalità commerciale caratterizza in quegli anni il porto della città giuliana. I Tripcovich erano sempre stati gente di mare: capitani e armatori dediti ai traffici marittimi, ma anche proprietari di navigli armati che combatterono contro i turchi già nella battaglia di Lepanto del 1571. Il Museo del mare di Cattaro conserva numerose testimonianze della storia di questa famiglia. La narrazione e documentazione prosegue con le tante vicende di quegli anni personali e societarie, l’attraversamento dell’epoca fascista, l’acquisto delle navi, la crisi del ‘29, la guerra, il rimorchiatore Hercules e i cilindri di spinta, utili per il recupero navale nel dopoguerra. Un esauriente gruppo di articoli pubblicati sui giornali ai tempi del fallimento corredano la parte finale della storia, assieme ad un corposo gruppo di documenti, lettere e foto in appendice.

Lo sviluppo della città giuliana
Di Trieste già un altro giornalista si era occupato, come ha raccontato Pierluigi Sabatti, aprendo la presentazione assieme a Cristiano Degano, Carlo Marx, che in un lungo articolo del 1857 aveva affermato come la fortuna di Trieste in quel momento era quella di non possedere un passato, rispetto a Venezia che un passato l’aveva ed era enormemente ingombrante. Una città che cresceva di anno in anno, arricchendosi di traffici e ricchezze, portate da investitori e imprenditori in cerca di nuove fortune, sotto l’ombrello dell’Impero Austroungarico, quello nel quale si erano infilati i dalmati Tripcovich.
Sergio Flegar è di Moncalvo di Pisino ed è arrivato a Trieste nel 1948 con l’esodo. Suo padre Francesco lavorò sulle navi della Tripcovich e sui rimorchiatori per quarant’anni, a lui l’autore dedica il libro e al cap. Giacomo Mizzan, grande amico e uomo di mare.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display