Petra Blašković e l’Istria raccontata con (auto)ironia

A colloquio con la regista della pièce che inaugurerà domani al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume la stagione 2023/2024 del Dramma Italiano. Pur burlandosi dei difetti della popolazione locale, nella messinscena non si rinuncia al rispetto della penisola di una volta

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Petra Blašković e l’Istria raccontata con (auto)ironia
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

È tutto pronto per una nuova première del Dramma Italiano, la nostra compagnia attiva in seno al TNC “Ivan de Zajc” di Fiume, che domani alle ore 19.30 porterà in scena lo spettacolo “Dall’Istria… con amor!”, con la regia di Petra Blašković, la scenografia di Ivan Botički, i costumi di Morana Petrović, il disegno luci di Ivan Bauk, le musiche di Andrej Pezić e i disegni di Marianna Nardini. Sulla scena saliranno Aleksandar Cvjetković, Leonora Surian Popov, Mirko Soldano, Giulio Settimo, Serena Ferraiuolo, Giuseppe Nicodemo, Ivna Bruck, Andrea Tich, Elena Brumini, Stefano Maria Iagulli e Annamaria Ghirardelli. Direttore di scena è Marin Butorac. Ci siamo rivolti alla regista, Petra Blašković, per tastare terreno e cercare di scoprire qualche dettaglio in anteprima sulla nuova pièce della stagione teatrale 2023/2024 del Dramma Italiano.

Qual è stato il suo percorso professionale?
“Il mio percorso professionale inizia prima della mia nascita visto che i miei genitori sono artisti, sono musicisti, ma hanno sempre fatto anche spettacoli e parti sceniche. Da piccola inizio a sentire la musica e andare in giro a sentire concerti. A cinque anni inizio a fare danza e successivamente frequento anche la scuola di musica suonando pianoforte e flauto. Con l’arrivo di Elvia e Bruno Nacinovich a Pola quando eravamo alle scuole superiori incontro anche il mondo del teatro. Da premettere che all’epoca a Pola il teatro non c’era e dunque il loro ruolo è stato fondamentale perché ci hanno accolto e ci hanno dato il primo avvio alla recitazione. Da quel momento decido di lasciare la danza e la musica e dedicarmi esclusivamente alla recitazione. Con Elvia e Bruno abbiamo fatto un adattamento della ‘Mirandolina’ di Goldoni che si chiamava ‘Istriolina’ ed era uno spettacolo con una non tanto leggera satira politica perché i pretendenti erano uno sloveno, un serbo e un croato. In quel momento ho capito che nel teatro di prosa potevo inserire sia la musica che la danza, ma che fondamentalmente mi interessava anche la recitazione e da lì ho continuato a farlo e studiarlo in tutte le sue forme. Una parte della mia carriera l’ho dedicata alla didattica teatrale all’interno delle scuole. Ho vissuto in Italia dal 1992 al 2007 e poi sono tornata in Croazia. Ho fatto gli studi con il teatro di figura dei pupazzi, perché mi sono innamorata di Zlatko Bourek quando ho fatto uno spettacolo con lui e dunque lascio l’Italia e ritorno in Croazia per finire gli studi a Osijek, dove sono rimasta e sono prima attrice del Dramma Croato. Ho mantenuto, però, sempre i legami con Pola e con l’Istria. Da aggiungere che ho lavorato anche come coreografa, regista, ho scritto tanti testi e ho tenuto un laboratorio sperimentale di teatro a Trieste”.

Non si è occupata mai di film?
“Fino a un anno e mezzo fa mi sono occupata soltanto di teatro, poi il regista del film ‘Hotel Pula’, Andrej Korovljev, mi ha chiamato per propormi una parte. L’esperienza è stata interessante, ma penso che dipenda anche da lui, che è una persona splendida, che ha saputo indirizzarmi e tirare fuori il meglio della mia esperienza teatrale adattandola alla telecamera”.

Progetti comuni e appartenenza
Com’è nata la collaborazione con il Dramma Italiano?
“Mentre abitavo a Trieste Giulio Settimo è stato mio allievo al laboratorio sperimentale di teatro e posso dire di averlo visto crescere e di avergli suggerito l’Accademia di Osijek, perché avevo notato la sua creatività e sapevo che la dimensione del teatro dei pupazzi, che è rara nelle accademie d’arte, avrebbe destato il suo interesse, come è successo con me. Lui ha lavorato come regista in Italia e poi abbiamo continuato a fare dei progetti sporadici anche in Istria, quindi lui mi conosce molto bene sia come regista, che autrice e attrice. Mi ha visto lavorare, conosce i miei obiettivi e il mio pensiero. Penso che per questo motivo mi abbia contattato per questo progetto, ovvero per fare la regia e il testo di questa pièce dedicata all’Istria”.

Com’è stato lavorare con la nostra compagnia?
“Con il Dramma Italiano mi sono trovata a casa perché ho trovato persone che parlano il mio stesso linguaggio teatrale e hanno la stessa impronta del teatro italiano della commedia dell’arte, della satira politica e dell’amore per l’Istria. Questi sono stati gli elementi che abbiamo in comune e che abbiamo riconosciuto da subito. Non ho mai avuto la sensazione di essere una regista, ma più che altro un’attrice come loro, che cura la regia. L’importante per me è avere questa sensazione di appartenere”.

Cosa ci possiamo aspettare dallo spettacolo «Dall’Istria… con amor!»?
“L’idea era di raccontare l’Istria a qualcuno che la conosce o non la conosce e di proporre tanti tipi di cartoline per rendere l’idea della complessità dell’Istria. Quando Giulio mi ha detto di fare uno spettacolo sull’Istria io ho subito detto che è impossibile racchiudere tutto in un solo spettacolo, perché è difficile scegliere una sola linea narrativa. La diversità culturale, linguistica, storica, gastronomica, paesaggistica è tale che il lavoro sembrava quasi impossibile. Allora abbiamo scelto due spiriti guida in questo percorso. Il primo è lo scrittore Drago Orlić, che ha scritto dell’Istria in maniera molto satirica e si è potuto permettere di fare dell’autoironia e una satira molto diretta. Lo può fare chi ama l’Istria e chi l’ha vissuta. Anch’io faccio parte di una famiglia che spesso ha preso posizioni scomode, non populistiche. Anche in questo spettacolo, attraverso diversi generi teatrali, la commedia e la satira politica, ridiamo dei nostri difetti, ma non rinunciamo al rispetto dell’Istria di una volta, dell’acqua, dell’ambiente, degli animali, delle piccole cose della vita. Mi interessa la multiculturalità, la tolleranza e il fatto che gli istriani non manifestino mai uno spirito violento. Non vorrei dire qual è il messaggio dello spettacolo, perché non voglio che gli spettatori guardino lo spettacolo con dei preconcetti. Credo che ognuno ritroverà dei pezzettini di sé e dei messaggi che sono importanti per lui”.

La complessità del territorio
È uno spettacolo che fa riflettere?
”Assolutamente. Lo spero almeno (ride). Però è anche uno spettacolo assolutamente divertente. Molière diceva che quando si va a teatro e si guarda una tragedia per quanto uno possa immedesimarsi, una volta uscito da teatro dorme tranquillo. Il discorso politico gli scivola addosso. Quando, invece, a teatro si ride, il cervello si apre e ci si ficcano i chiodi della ragione. Il fatto di far ridere non vuol dire che facciamo cose superficiali. Nello spettacolo facciamo uso di tante tecniche teatrali e c’è tanta musica, che potremmo definirlo un musical, ma anche teatro dei pupazzi. C’è anche la dimensione dei costumi, che è quasi un travestirsi, un impersonare. A raccontare tutto sono le capre autoctone istriane, che non è politica, ma piuttosto una silenziosa osservatrice del mondo che cambia e delle persone che passano in questi territori. Per questo può permettersi di dire molte cose in più rispetto a una persona, che porta un’etichetta”.

È uno spettacolo fatto per il vasto pubblico?
“Certamente. Non c’è una cultura di fondo. Anche nella dimensione linguistica si vede la complessità istriana e quando è impossibile tradurre delle espressioni non resta da fare altro che coniare termini nuovi che rendano l’idea di ciò che si vuole descrivere. La produzione di Drago Orlić in dialetto ciacavo fa uso di parole che non si potevano tradurre e allora noi le abbiamo inventate perché anche questo è teatro, sia finzione che vita reale”.

Emozione e ricordi di un’epoca passata
Possiamo considerarlo una sorta di cartolina?
“Sono diverse cartoline di diverso genere. Una è digitale, un’altra è analogica, una in bianco e nero, una è un disegno da bambini. Non ci sono elementi multimediali in senso vero è proprio, è tutto presentato dagli attori. Non ci sono solo temi politici e reali, ma anche creature fantastiche, tutto quello che fa parte del bagaglio dei racconti e credenze popolari, anche superstizioni alle quali Drago Orlić ha dedicato un grande lavoro che si chiama ‘Štorice od štrig i štriguni’. Un capitolo è dedicato ai personaggi istriani che hanno fatto grandi cose, hanno cambiato o toccato la vita degli altri. Sono tanti elementi, ma sono comunque troppo pochi. Li raccontiamo in maniera sintetica come si faceva una volta con le cartoline, che in due o tre frasi trasmettevano un’emozione o un ricordo”.

Il Dramma Italiano ha afferrato subito l’essenza dello spettacolo?
“Direi proprio di sì. Ovviamente ci siamo dati il tempo per conoscerci, ma non ho dovuto spiegare molte cose perché gli attori hanno colto al volo quello che volevo dire. Non ho usato nessun tipo di maschere e non ho preso le distanze dagli attori. Il mio approccio è stato quello di una persona umile, servitore dell’arte, e penso che loro mi abbiano accolto così. Ciascun attore ha dato una dimensione nuova allo spettacolo. Il nostro primo incontro è stato a giugno, quando abbiamo lavorato insieme per tre giorni e poi il pezzo l’ho scritto su misura loro, ricordandomi di quello che mi hanno mostrato in quei tre giorni, del loro potenziale sulla scena. Dunque questo non è uno spettacolo di solisti, ma è un’orchestra”.

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