Le opere degli scrittori fiumani testimonianza di una mentalità

A Trieste si è tenuto l’incontro «Letteratura sopra i confini»

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Le opere degli scrittori fiumani testimonianza di una mentalità
L’incontro ha riunito numerosi relatori. Foto: ROSSANA POLETTI

Il 10 gennaio 2023, esattamente un anno fa, si tenne alla Comunità degli Italiani di Fiume “Mai più confini”, l’incontro che segnava l’entrata in area Schengen della Croazia, con la partecipazione dei sindaci di Trieste, Gorizia e Fiume e di moltissimi intellettuali impegnati a comprendere la nuova geopolitica del territorio. Gli organizzatori si erano ripromessi allora di “verificare” ogni anno lo stato delle cose.

“Era d’obbligo incontrarci di nuovo con la voglia di stare assieme”, ha aperto così l’incontro, nella Sala Luttazzi di Magazzino 26 (Porto vecchio di Trieste) Rosanna Turcinovich Giuricin, un evento voluto da AFIM, Comunità degli Italiani di Fiume, Unione Italiana, Comune di Trieste, SKGZ, SSO, Comunità croata di Trieste, Ordine dei giornalisti del FVG e dal Circolo di cultura istro-veneta “Istria”, incontro che è entrato nello specifico con un dibattito su “Gli autori che uniscono le genti”. Al centro la riflessione su un progetto congiunto di traduzione di opere importanti, che promuove gli scrittori fiumani del Novecento che hanno lasciato il segno: Enrico Morovich, Paolo Santarcangeli e Franco Vegliani.

Con la cultura fare l’Europa
Il presidente dell’Afim, Franco Papetti, ha ricordato che solo con la cultura riusciremo a fare l’Europa. “Da tre anni insieme alla Comunità italiana di Fiume – ha affermato – portiamo avanti il progetto di far conoscere gli artisti nati a Fiume, non solo ai fiumani italiani, ma anche a quelli di lingua croata, affinchè questi scrittori diventino parte della loro storia. Melita Sciucca, presidente della Comunità degli Italiani di Fiume, ha affermato l’esigenza di far capire anche a coloro che arrivano dall’Italia che i fiumani italiani ci sono ben prima dell’arrivo di D’Annunzio e la sorte dei tre letterati, che sono divenuti famosi altrove ma non nella loro città. “Questo è l’anno di Osvaldo Ramous e con questi vogliamo far capire a un fiumano croato, autoctono o arrivato da altre parti della ex Jugoslavia, che leggendo questi scrittori può entrare a far parte della città, comprendendola meglio. Come comunità italiana facciamo anche un lavoro diverso, far conoscere agli italiani i maggiori letterati e studiosi croati”.

La questione del non confine
Il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, presente all’incontro, ha ricordato come la Commissione Europea abbia conferito il riconoscimento di capitali europee della cultura a Gorizia e Nova Gorica esclusivamente per la questione del confine o meglio del non confine. “L’8 febbraio 2025 si inaugurerà l’evento europeo trasfrontaliero, la data è stata scelta perché l’8 febbraio moriva Prešeren, il maggior poeta sloveno, e nasceva il nostro Ungaretti”.
Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Cristiano Degano, ha riferito di un convegno dal titolo “Contaminazione tra cultura e giornalismo di confine”, realizzato una decina di anni fa, trasformato poi in un programma televisivo grazie alle testimonianze di scrittori e giornalisti che vi parteciparono. “Quarantotti Gambini fu direttore di Radio Venezia Giulia, radio clandestina di controinformazione a Trieste sotto l’amministrazione angloamericana. La radio era posta a Venezia, da qui non aveva ostacoli per arrivare sulla costa triestina e istriana. Fu da questa radio – ha raccontato Degano – che partì il programma ‘L’ora della Venezia Giulia’ poi divenuto trasmissione della Rai. Oggi questa si chiama ‘Sconfinamenti’, eredità di quella radio clandestina. Voglio tra gli altri ricordare Demetrio Volcic che raccontava del suo essere ragazzo tra Trieste e Lubiana: fu direttore del TG1, parlamentare ed europarlamentare, personaggio importante per l’ingresso della Slovenia nell’Unione europea”.

Un incontro tra i gruppi linguistici
A Elvio Guagnini è stato chiesto di parlare dei tre autori fiumani tradotti. “È diventato di moda citare Prezzolini, il quale nel 1909 si espresse a difesa delle ‘lettere triestine’ di Slataper e contro gli attacchi che gli erano stati mossi, per la necessità espressa di un incontro tra i diversi gruppi linguistici presenti a Trieste – ha affermato –. Prezzolini credeva che ci si dovesse conoscere e oggi la politica della traduzione è la via per farlo e deve essere guidata dalla reciprocità. Gino Brazzoduro, poeta e saggista, studiò lo sloveno per poter capire gli scrittori e attraverso questi ‘gli altri’. I fatti e questi libri rimangono a testimonianza di una mentalità, i tre cofanetti rappresentano l’abbattimento di un muro. La scelta di questi autori è indovinata, perché sono grandi scrittori. Morovich, presenza illustre nella letteratura italiana – i suoi esordi si inseriscono in Solaria, rivista che tra gli anni Venti e Trenta parla di cultura europea –, diventò uno degli autori portanti di una grande antologia in francese degli autori di racconti surreali moderni. Nel 1993 fu pubblicato il suo ultimo libro ‘Un italiano di Fiume’, un anno prima della sua morte. In esso si nota la mano di un uomo sofferente, turbato, che però dà un ritratto della sua Fiume multilingue e multiculturale, di un mondo ricco e straordinario. Rimprovera a Santarcangeli di aver dato un’idea troppo allegra della città, nella quale invece ci sono tanti suicidi, una città che vive male, in cui pagheranno la sofferenza anche coloro che si credono vittoriosi. Paolo Santarcangeli in ‘Cattività babilonese’ parla di una storia collettiva di Fiume. Fondatore della cattedra di ungherese a Torino, fu grande saggista e studioso dell’umorismo. Di Vegliani a Fiume – ha concluso Guagnini – mi era capitato di vedere il film ‘La frontiera’ tratto dal suo libro. In esso lo scrittore affronta il rapporto tra nazionalità diverse, l’effetto del potere, la guerra che incattivisce gli uomini, è un’opera importante per capire la coscienza delle persone che vivono sulla frontiera”.

Lo sforzo per conoscersi
Molti gli apporti diversi all’incontro, tra questi Damir Murković, presidente della Comunità croata di Trieste, che ha ricordato che il confine è una linea, mentre la frontiera è uno spazio. In questo spazio la sfida è come fare che il terzo, quello che non si conosce, faccia parte della comunità in questa Europa che sta profondamente cambiando. Marija Brecelj, della Comunità slovena di Trieste, ha ricordato Alojz Rebula, scrittore che incontrò Manlio Cecovini, decidendo di scriversi, una corrispondenza tra i due pubblicata a suo tempo dalla Provincia di Trieste: dialogo unico tra due intellettuali, uno italiano e uno sloveno. Ha espresso il pensiero che a volte non facciamo uno sforzo sufficiente per conoscersi. Martin Lisjak, presidente dell’Unione economica culturale slovena, ha anch’egli affermato l’importanza delle traduzioni nella letteratura.
L’evento, organizzato in collaborazione con il Comune di Trieste nell’ambito della manifestazione “Una luce sempre accesa”, è stato concluso da Ezio Giuricin, presidente del Circolo Istria, il quale ha ricordato il ruolo del sodalizio, anticipatore più di 40 anni fa del dialogo e collaborazione tra andati e rimasti e tra diverse componenti linguistiche per il superamento delle divisioni.

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