La cultura del bello ispira il design

In occasione della mostra La grande bellezza, la direttrice del Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, Mariella Mengozzi, sulle particolarità del MAUTO e sui legami tra tradizione culturale, architettonica, paesaggistica e design italiano

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La cultura del bello ispira il design

Oggi ad Abbazia (Centro Gervais, ore 19) e domani a Fiume (Galleria Kortil, ore 19) s’inaugura la mostra “La Grande Bellezza – attraverso il design italiano dell’automobile”. L’evento, promosso nell’ambito della VI Giornata italiana del Design 2022 in Croazia, è stato realizzato dal MAUTO (Museo Nazionale dell’Automobile di Torino) e organizzato dall’Ambasciata d’Italia a Zagabria, dal Consolato Generale d’Italia a Fiume, dall’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria in collaborazione con il Museo della Tecnica “Nikola Tesla” di Zagabria, la Città di Fiume, la Città di Abbazia, l’Unione Italiana, il Festival Opatija e la Galleria Kortil. Media partner è il nostro quotidiano. Nell’occasione ci siamo rivolti alla direttrice del MAUTO, Mariella Mengozzi, che ci ha illustrato le peculiarità del MAUTO e non solo. La nostra interlocutrice ha spiegato i motivi alla base dell’eccellenza del Made in Italy nella sfera dell’industria automobilistica e perché lo Stivale può essere considerato a pieno diritto uno dei Paesi che più hanno contribuito allo sviluppo dell’automobile, non solo sul fronte del design, ma anche ingegneristico e motoristico.

La sede del Museo Nazionale dell’Automobile di Torino. Foto: Andrea Guermani

L’ingegno e il talento italiani hanno sfornato alcune delle automobili più belle e tecnologicamente avanzate. Come nasce la passione degli italiani per le automobili?
Per quanto riguarda l’aspetto del design – ed è un po’ anche il tema della mostra –, quello che si vuole dimostrare è che quello per cui l’Italia è famosa, ossia per il senso per l’estetica nasce dalla tradizione secolare artistica, architettonica, paesaggistica e culturale del nostro Paese. La cultura del bello ha contribuito a formare pure i grandi designer dell’automobile come Giorgetto Giugiaro, Marcello Gandini, Leonardo Fioravanti, Ercole Spada, Flaminio Bertoni…, cioè geni assoluti che hanno disegnato alcune tra le automobili più belle al mondo. E non lo diciamo noi, ma le aste, i concorsi d’eleganza e alla fin fine i collezionisti. Per quanto concerne l’ingegno possiamo ipotizzare che l’attitudine ingegneristica ha una radice nel nostro DNA. Leggevo in una disquisizione sugli antichi greci e romani che i primi erano grandi pensatori, filosofi, matematici. Avevano fatto delle grandi concettualizzazioni. A loro volta i romani erano degli ingegneri. Costruirono strade, acquedotti e quant’altro senza avere grandi nozioni teoriche, ma proprio ingegnerizzando l’attitudine, un po’ anche nostra, di trovare la soluzione al problema. Insomma, il discorso del pensiero laterale, il pensiero concreto, la capacità di trovare soluzioni senza seguire sempre le regole.
Nella parte motoristica, entra in gioco un po’ forse, anche una tradizione legata all’agricoltura, dove spesso bisogna risolvere il problema, trovare una soluzione immediata se si ferma la macchina o se si rompe l’attrezzo. Il motorsport è molto legato alla capacità di rispondere in modo immediato ai problemi. Nelle corse succede di tutto, bisogna essere capaci di progettare bene, ma anche di trovare le soluzioni giuste agli imprevisti. Lo stesso Mauro Forghieri, che per lungo tempo ha gestito in Ferrari la Squadra corse, mi ha raccontato che a Le Mans piuttosto che in Formula Uno facevano delle cose impensabili quando si rompeva qualcosa; andavano addirittura a cercare i pezzi di ricambio fuori dal circuito, nei parcheggi, nelle Ferrari di chi era venuto a guardare le corse. Una velocità di pensiero che può essere legato al mondo dell’agricoltura emiliano, dove se ci pensiamo bene nascono molte delle supercar (e superbike) italiane. Inoltre, quando c’è un competitor molto forte come Ferrari poi il know how si estende e si creano i comparti sul territorio.
Donazioni preziose
Il MAUTO è uno dei musei dell’automobile più longevi al mondo. Cosa porta in dote questa tradizione?
L’automobile nasce alla fine del’’800. Il fatto d’essere uno dei musei più risalenti ha fatto sì che le vetture dei primi anni del ‘900 potessero già essere parte della nostra raccolta in un momento in cui le automobili non erano ancora oggetto di collezione. Non dimentichiamoci che quando il nostro fondatore Carlo Biscaretti di Ruffia inizia a raccogliere – quasi tutte per donazione – le automobili erano ancora delle rarità. Questo secondo me è un grande vantaggio. Noi abbiamo una delle poche collezioni che possono raccontare la storia dalle origini. Parliamo di automobili molto rare. Erano prodotte quasi tutte in pezzi unici e molto diverse le une dalle altre. In quegli anni non è che potevano essercene molte di collezioni di quelle automobili. Quindi la nostra è una delle più rare e autentiche. Dopo la Seconda guerra mondiale, è questo lo spartiacque, le automobili iniziano ad acquisire valori anche importanti. Ci sono stati proprietari che si sono dedicati a raccogliere vetture e le loro collezioni poi si sono trasformate in musei, ma il nostro museo ha potuto valorizzare tutta una storia, una produzione industriale quando non aveva ancora acquisto il valore che ha raggiunto successivamente.
L’Itala del principe Borghese
La collezione del MAUTO è indubbiamente una delle più importanti al mondo. Qual è la vostra “Mona Lisa”?
Nella nostra collezione ci sono diverse automobili che possediamo soltanto noi; varie vetture campione del mondo donate da Enzo Ferrari o il bolide – regalato dalla Mercedes – con il quale Fangio vinse nel 1954/55 il titolo di Formula Uno, automobili oggi dal valore inestimabile. In quest’ottica citerei innanzitutto l’Itala Pechino-Parigi. L’Itala era un marchio torinese che produceva automobili di grande qualità, con tecnologie abbastanza avanzate, che ha concluso la sua produzione negli anni ‘50. L’Itala Pechino-Parigi è la vettura con la quale il principe Scipione Borghese, nel 1907 partecipò a questa gara organizzata dal quotidiano francese Le Matin. Un raid al quale parteciparono cinque concorrenti che partirono da Pechino diretti a Parigi. L’Itala era stata preparata, rifinita dal principe in tutti i dettagli affinché potesse compiere questa grande impresa. I parafanghi erano smontabili e potevano essere usati per attraversare i guadi. L’accensione del motore era a martelletti invece che con le candele per evitare di dover portare prezzi di ricambio. Insomma, la vettura aveva tutta una serie di accorgimenti molto ingegnosi e infatti, il principe vinse giungendo a Parigi con venti giorni d’anticipo sul secondo classificato. Il nostro fondatore collaborò con l’Itala, conosceva bene questa storia e quando iniziò a raccogliere le vetture fu una delle prime che si premurò di recuperare. Quest’automobile oggi fa parte della nostra collezione, originale, autentica e marciante. L’accendiamo e la portiamo alle manifestazioni. È sicuramente una pezzo di storia che ben rappresenta la nostra collezione.

Conservare la storia
Negli ultimi anni l’interesse per le automobili storiche, le old e le youngtimer è cresciuto notevolmente. Questo trend è coinciso con l’aumento dell’interesse per le iniziative organizzate dal Museo?
Con la pandemia i numeri sono cambiati, ma prima, fino al 2019, gli ingressi era in crescita. Sicuramente questo è anche dovuto al fatto che sempre più anche il pubblico più giovane si sta avvicinando a questo mondo anche grazie alle youngtimer. Vetture, queste, che hanno un vissuto abbastanza vicino al collezionista. Il fulcro della nostra collezione è composto da automobili antecedenti alla Grande Guerra, di grande valore storico, ma che magari oggi il collezionista sente un po’ meno. Le youngtimer e le automobili del secondo dopoguerra sono magari le vetture che avevano il papà o il nonno. C’è una tendenza a emozionarsi di più. Questo è sicuramente qualcosa che aiuta anche i giovani ad avvicinarsi a questo mondo. Noi cerchiamo di stimolare la visita attraverso la valorizzazione di queste vetture. Abbiamo spesso mostre temporanee piuttosto che convegni o eventi in cui si parla anche di questi periodi storici. D’altronde è naturale, è lì che le persone s’interessano di più. Il nostro scopo è di sensibilizzare i collezionisti e proprietari a conservare la storia. Anche vetture che oggi hanno un valore più basso, ma magari nel tempo lo acquisiranno. Noi le donazioni le incentiviamo perché è importante conservare la memoria anche di vetture che magari sono di serie, ma che possono essere interessanti. In questo momento abbiamo in esposizione alcune vetture che ci sono state donate negli ultimi due anni: una Triumph che ci è stata lasciata per testamento, una Fiat Barchetta, una Bianchina trasformabile…
Esiste un visitatore tipo?
Oggi pensare a un visitatore tipo è molto riduttivo. Puntiamo a essere un museo per tutti, ma ciò non vuole dire che deve andare bene a tutti la stessa cosa. Bisogna tenere a mente che il pubblico oggi è molto esigente. È abituato a ricevere le risposte quasi personalizzate. Il nostro sforzo è quello di diversificare molto, di pensare sempre a chi ci rivolgiamo, ma non a un pubblico indifferenziato; a un visitatore tipo che sarebbe molto difficile immaginare, bensì avere le risposte per tutte le tipologie di frequentatori: giovani, le scuole, le famiglie, gli appassionati, gli esperti…

In seno al MAUTO opera un Centro di restauro che organizza attività didattiche e corsi di formazione. Si tratta d’iniziative rivolte ai professionisti o possono partecipare anche “semplici” appassionati, che desiderano imparare qualche trucco per potersi prendersi cura da soli del proprio “orgoglio a quattro ruote”?
L’attività didattica si sta molto sviluppando e non escludo che in futuro si potranno fare anche corsi per appassionati e collezionisti. Al momento organizziamo dimostrazioni nell’ambito delle quali mettiamo in moto le nostre vetture. Si tratta di appuntamenti che organizziamo una volta la mese, il sabato, proprio per venire incontro alle persone che lavorano. Durante questi appuntamenti gli appassionati possono vedere come s’accende, movimenta e guida una vettura anteguerra. Questi in particolare sono eventi adatti per chi desidera capire come si lavora su questa tipologia d’automobili. Poi organizziamo diverse tipologie d’attività didattica. Abbiamo laboratori didattici organizzati dagli studenti del Politecnico di Torino che raccontano agli alunni dell’automobile, dell’auto elettrica piuttosto che quella a idrogeno. Abbiamo collaborazioni con alcune scuole superiori con ragazzi che vengono al Centro di restauro per imparare a fare dei piccoli interventi di manutenzione e conservazione delle automobili d’epoca. Come MAUTO partecipiamo anche ad attività di formazione a livello universitario, organizzate dall’ACI, da riviste come Ruote classiche o altri enti ancora che ci chiedono supporto per i loro corsi. Alcuni di questi corsi sono pensati per i collezionisti, gli appassionati o anche per chi lavora in officina ed è interessato ad apprendere nozioni su determinate tecniche. Poi abbiamo anche delle attività di formazione che facciamo nel campo del design raccontandone l’evoluzione.

Marko Filipović, sindaco di Fiume: «Il Made in Italy favorisce la cooperazione»

Foto: Željko Jerneić

“Noi quarnerini conosciamo bene il design italiano, non soltanto in fatto di automobili. La maggior parte di noi sa apprezzare le squisite fatture di un abito o, ad esempio, un bel paio di scarpe Made in Italy. Sono certo – afferma il sindaco di Fiume, Marko Filipović – di non sbagliare se dico che la maggior parte delle famiglie locali ha avuto o ha ancora un’automobile italiana e sono certo che questa mostra, che propone a Fiume e ad Abbazia uno spaccato dello stile Made in Italy attirerà molti appassionati del design italiano, delle automobili italiane e delle automobili in generale. Sono altresì convinto che a visitare le mostre saranno anche i turisti che soggiornano ad Abbazia, destinazione turistica per antonomasia, e che sempre più spesso visitano anche Fiume. Molti di loro si sono messi in viaggio appunto a bordo di un’Alfa, di una Fiat o magari in sella alla Vespa.
È importante sottolineare – aggiunge Filipović – che l’organizzazione di queste mostre si deve all’ottima collaborazione di tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione di questo progetto: l’Ambasciata d’Italia a Zagabria, il Consolato generale d’Italia a Fiume, il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino – MAUTO, la Città di Fiume, la Città di Abbazia, la Galleria Kortil – HKD di Sušak, il Festival Opatija, l’Unione Italiana e la Casa editrice EDIT. Sono certo – dice ancora il sindaco di Fiume – che questo sia soltanto l’inizio e che prossimamente, grazie all’ottima collaborazione, realizzeremo anche altri progetti interessanti e validi. Infine – conclude –, va detto che l’organizzazione e la realizzazione di questo progetto contribuisce all’ulteriore sviluppo della già buona cooperazione bilaterale italo-croata in numerosi settori, fatto del quale vado orgoglioso.”

Fernando Kirigin, sindaco di Abbazia: «Testimoni ideali di uno stile unico»

Foto: Željko Jerneić

“È con grande piacere e gioia che Abbazia si prepara ad ospitare La grande bellezza – attraverso il design italiano dell’automobile, una mostra splendida ed esclusiva”. Così il sindaco di Abbazia, Fernando Kirigin. “I visitatori del Centro Gervais di Abbazia avranno anche modo di conoscere il famoso Museo Nazionale dell’Automobile di Torino – MAUTO. Il design italiano e l’industria automobilistica sono un brand famoso a livello globale e pertanto – aggiunge Kirigin – attendiamo con impazienza l’inaugurazione della mostra. Le automobili esposte sono testimoni ideali di un design unico e riconoscibile e i visitatori del Centro Gervais potranno ammirare l’Alfa Romeo 8C 2300 del 1934, che sarà esposta al pianterreno del Centro Gervais dal 5 al 26 aprile. Colgo l’occasione – conclude il sindaco Kirigin – per ringraziare il Consolato generale d’Italia a Fiume per la pluriennale ottima collaborazione con la Città di Abbazia”.

 

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