Il Festival dell’istrioto rivitalizza il dialetto

Progetto comune delle Comunità degli Italiani di Sissano, Gallesano, Dignano, Valle, Rovigno e Fasana, con il sostegno dell’Unione Italiana e dell’Università Popolare di Trieste

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Il Festival dell’istrioto rivitalizza il dialetto

Settima edizione per il Festival dell’istrioto, la rassegna dedicata all’arcaico idioma istriano di diretta derivazione latina, soppiantato nei secoli sia dall’italiano letterario che dal dialetto veneto. A dedicargli nientemeno che un Festival a tutto tondo è la Comunità degli Italiani di Sissano, che lentamente è riuscita a coinvolgere nel suo progetto, in origine modesto, anche le altre località che ancora conservano traccie più o meno resistenti del vernacolo: Gallesano, Dignano, Valle, Rovigno e Fasana (quest’ultima la più colpita dall’estinzione). Il risultato? Un Festival con la “F” maiuscola di grande attrattiva per tutte le località “istriote”: una tre giorni di appuntamenti culturali e popolari nel mese di ottobre, nonché una serie di appuntamenti “anticipatori” durante l’anno, allestiti ora in una Comunità degli Italiani ora in un’altra, sembra dare modo, tempo e occasione a tutte di presentarsi adeguatamente al pubblico.
Un progetto comune
Così ha creduto opportuno fare il patron del Festival, Paolo Demarin, presidente della Comunità degli Italiani di Sissano e presidente dell’Assemblea dell’Unione Italiana, che alla serata d’apertura di questa settima edizione ha puntualizzato: “Il Festival è ormai un progetto comune, e in quest’occasione vorrei ringraziare la Comunità di Gallesano, dove abbiamo presentato le ricette in Vallese, il sodalizio di Valle per la magnifica serata a Castel Bembo, dove sono state allestite diverse mostre e una conferenza, e poi naturalmente la CI di Fasana, tappa importantissima perché Fasana è la località che ha subito più di ogni altra l’assimilazione, e che più di tutte soffre della mancanza di parlanti. La sinergia delle sei Comunità è importantissima perché ha creato un gruppo di lavoro permanente che continuerà a promuovere progetti di tutela linguistica durante tutto l’arco dell’anno”.
Tra musica e versi
All’esibizione del Coro misto diretto da Franca Moscarda e del canto delle mantignade, è seguito l’evento della serata: il dialogo sulla poesia dialettale, in questo caso dignanese, tra due boumbare DOC: Elvia Nacinovich e Loredana Bogliun, l’una attrice, l’altra poetessa, impegnate in una coinvolgente chiacchierata sul valore dell’istrioto e della poesia oggi. “La poesia è un nobile rallentamento, la poesia è come i grandi fiumi, ha un respiro lento, pigro, dilatato. Ci vuole tempo per apprezzarla”, ha esordito Elvia Nacinovich nell’introdurre le proiezioni video di Mauro Sambi con protagonista la voce narrante e i versi di Loredana Bogliun. La poetessa ha fornito a sua volta una definizione alternativa, singolare: “La poesia è un dono per chi la scrive e per chi la riceve, perché trasmette sempre un qualcosa di profondo; ha un valore etico e un valore spirituale. Essenzialmente, quando si fa poesia, è sempre una ricerca della verità dell’essere. Tutte le arti esprimono per conto proprio il senso della poesia, ma quando quest’ultima si fa con la parola, emerge sempre la forza evocativa della parola che a sua volta emerge dal silenzio. La poesia è un qualcosa di intimo, è un atto segreto che nasce proprio dall’alcova dell’interiorità. Ma c’è anche questa specie di dovere e di necessità di condividerla”.
La fine di una lingua
A proposito del volgare istriano nella sua variante dignanese, la poetessa ha dichiarato: “Io mi sono trovata praticamente a vivere, diciamo così, la fine di una lingua. Arrivare alla fine di un qualcosa vuol dire che si può arrivare all’inizio di un qualcos’altro, perché da una fine poi comincia un altro principio. Dunque, in me era insita proprio una specie d’istinto, un desiderio, una voglia di riformulare, di ritrasmettere, di ricreare quelle che sono le grandi tradizioni della cultura dignanese incorporate in questa nostra dimensione istriana. E queste sono cose importanti, perché ci va di mezzo anche la pregnanza della cultura contadina, il fatto che ci sono dei valori etici, dei valori morali indistruttibili. Non c’è forza che possa sconfiggere il valore vero e il credo nella fede della vita: come poetessa mi sono formata a Dignano e a Dignano devo tutto”, ha concluso Loredana Bogliun la sua riflessione sul valore delle origini.
Bambini e giovani, di buon auspicio
In chiusura si sono rivolti al pubblico il presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana, Marin Corva, la vicepresidente della Regione istriana, Giuseppina Rajko, e il vicesindaco del Comune di Lisignano, Matija Maurović, che hanno preso parte alla cerimonia della premiazione del Concorso letterario e video in istrioto. A proposito del Concorso, quest’anno vi ha aderito un numero eccezionale di bambini e giovani, una circostanza, questa, che si considera di buon auspicio per i reiterati tentativi di tramandare il morente dialetto ai posteri, seppure non come lingua madre ma almeno come seconda lingua. E sempre in serata c’è stata l’apertura della mostra di ricette in istrioto, “La cusina de ‘na volta”, mentre ieri, in mattinata, il Festival è proseguito con un laboratorio didattico linguistico per bambini, la presentazione di un albo illustrato in dialetto vallese e la visita guidata “Nella vecchia fattoria”.
Oggi la rassegna continua con l’esibizione dei gruppi folkloristici e corali delle sei Comunità e un laboratorio linguistico dei parlanti in madrelingua, sia residenti che della diaspora.

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