I Teatri d’Italia tra Ottocento e Novecento

La musicologa Cristina Scuderi, dopo aver scoperto una lacuna nella bibliografia riguardante la produzione operistica dell'Adriatico orientale, ha deciso di colmarla con un'analisi della documentazione consultata nei vari Archivi di Stato nazionali. In un'intervista racconta il suo lavoro di ricerca

0
I Teatri d’Italia tra Ottocento e Novecento
Cristina Scuderi. Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Alla Comunità degli Italiani di Fiume è stato presentato il libro “Organizzare l’Opera (1861-1918). Teatri dell’Adriatico orientale” di Cristina Scuderi, edito da Libreria musicale italiana. L’autrice ha scoperto quasi per caso una lacuna nella bibliografia riguardante la produzione operistica delle nostre terre a cavallo tra il XIX e il XX secolo e ha deciso di colmarla con un esteso lavoro di indagine e analisi dei testi e della documentazione. Abbiamo parlato con la musicologa per capire com’è arrivata all’idea di studiare i Teatri dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia.

Com’è nato l’interesse per la musica?
“Ho iniziato come musicista, studiando in Conservatorio. Mi sono diplomata in organo al Conservatorio di Padova, e volendo continuare a suonare ho studiato clavicembalo a Venezia. Poi, però, mi sono diplomata in musica elettronica, sempre a Venezia, che non c’entra molto con i miei primi interessi (ride). Il mio percorso al Conservatorio può venire considerato ‘pratico’, mentre successivamente ho continuato gli studi di dottorato a Udine sul Movimento Ceciliano in Friuli tra Ottocento e Novecento. Quindi scherzando affermo di essere passata dal sacro al profano. Dal 2009 in poi ho continuato i miei studi all’estero e sono approdata all’opera”.

A cosa è dovuto il passaggio all’opera?
“Al fatto che avevo voglia di occuparmi di qualcosa che non fosse musica sacra. Ci sono state delle variabili che hanno influito su questa scelta. All’epoca mi trovavo a Graz all’Istituto di musicologia dell’Università ‘Karl Franzens’ e in questo istituto sono molto forti gli studi sull’opera. Quindi c’è un nucleo che si occupa proprio di questo tema e io sono entrata a far parte di questo nucleo per contribuire ulteriormente alla conoscenza della tematica”.

Contributo alla musicologia
Com’è nato l’interesse per l’Opera nei teatri dell’Adriatico orientale?
“Questo lavoro è partito dall’idea che manca una bibliografia specifica su questo tema, ovvero non c’è una bibliografia che parli di organizzazione e produzione operistica in questi sessant’anni considerati, quindi dal 1861 e fino al 1918. Quindi c’è una lacuna nelle fonti che io ho tentato di colmare con questo mio lavoro. La mancanza di dati e informazioni riguardo a questo tema è stato lo sprone che mi ha spinto in questa direzione, anche perché questo tema è stato di fatto dimenticato dalla musicologia italiana. Penso che il tema riguardi la musicologia italiana proprio perché i teatri della costa venivano considerati teatri italiani e ad esempio la ‘Gazzetta teatrale italiana’, censendo le stagioni operistiche in Italia, assieme ai teatri di Firenze, Venezia e Milano, cita anche Fiume, Spalato o Ragusa come Teatri d’Italia. Stranamente, quindi, i musicologi italiani hanno sorvolato su questo fatto e non si sono interessati alla questione. Da qui l’esigenza di dover contribuire a questa tematica. Questo lavoro è stato supportato dall’Università di Graz e la monografia recentemente è uscita anche in inglese con il titolo ‘The management of Opera (1861-1918). Theaters of eastern Adriatic’”.

Com’è strutturato il libro?
“Ci sono sette punti centrali, sostanzialmente la ricostruzione di come funzionavano le stagioni operistiche e del sistema produttivo e organizzativo. Quindi il punto di partenza è stato l’analisi del reperimento dei fondi, il denaro, che sostanzialmente è il punto nodale senza il quale non può esistere la produzione teatrale. Abbiamo una notevole documentazione sulla ricerca di fondi per produrre gli spettacoli d’opera, da dove provengono questi fondi (dalla luogotenenza, dal Comune, dai palchettisti, dagli azionisti o altri)”.

Da Fiume fino a Ragusa
Dove ha trovato la documentazione usata nell’analisi?
“Principalmente negli archivi, dall’Archivio di Stato di Fiume, all’Archivio di Stato di Zara, varie biblioteche tra Pola e Fiume, l’Archivio di Stato di Sebenico, il Museo della Città di Spalato e l’Archivio di Stato di Ragusa. Tenete conto che ho dovuto lavorare su circa 24mila scatti fotografici, quindi è stato un lavoro che è durato alcuni anni. Ovviamente non sono operazioni che si fanno in una settimana, anche perché dopo aver raccolto tutta questa documentazione ho dovuto trovare un fil rouge nella documentazione delle varie località. In pratica ho dovuto fare una ricostruzione della storia trovando dei temi in comune nel materiale d’archivio. Oltretutto la documentazione che ha a che fare con l’opera va selezionata perché un archivio teatrale ha tante carte di cui molte non c’entrano con l’opera. Ha le stagioni di prosa, ha le stagioni di operetta, motivo per cui ho dovuto fare un oculato lavoro di selezione prima di iniziare l’analisi. Questo per me è stato il grosso del lavoro. È vero che non è facile scrivere 500 pagine, ma per poter iniziare la stesura dobbiamo prima aver fatto ordine nel materiale per capire cos’è compatibile con il tema che vogliamo trattare”.

Ha intenzione di approfondire o ampliare la sua ricerca?
“Gli spunti sono tantissimi. Ad esempio ad aprile la Società internazionale di Musicologia organizza un Convegno internazionale sulla circolazione delle compagnie operistiche nel Mediterraneo. Nel mio libro ho dedicato un capitolo proprio agli spostamenti delle compagnie operistiche, quindi andrò a integrare questo capitolo facendo delle nuove ricerche su questo tema. Verranno pubblicati degli Atti del convegno, quindi verrà realizzato nuovo materiale di approfondimento. Gli spunti sono veramente infiniti perché si parla di finanziamenti delle stagioni operistiche, c’è il filone delle proposte per le stagioni d’opera da parte degli impresari nei vari decenni tra Ottocento e Novecento e volendo si può lavorare anche sul prima e sul dopo. Dal 1918 in poi, anche a causa della caduta dell’Impero austro-ungarico, l’opera ‘decade’ come genere, perché l’interesse si sposta al cinema, all’operetta, al varietà e ad altri tipi di intrattenimento. Se vogliamo parlare di opera forse ci conviene piuttosto andare indietro rispetto al 1861 e trattare il Settecento o la prima metà dell’Ottocento. Gli spunti, però, non mancano e sarebbe interessante parlare, ad esempio, dei contratti ai musicisti e cantanti, un tema che nella letteratura scientifica e musicologica non esiste. Invece di parlare di produzione potremmo analizzare le condizioni lavorative dei cantanti e musicisti ingaggiati, perché non esiste una bibliografia in questo senso e io reputo che sia importante avere una visione anche di questo aspetto del funzionamento dei teatri. Quello che nel mio libro è un capitolo, potrebbe diventare uno spunto per un libro a sé. Lo stesso vale per i viaggi delle compagnie, gli spostamenti delle scenografie, l’utilizzo di vari mezzi di trasporto a partire dalle navi a vapore, fino alla ferrovia”.

I consigli di uno storico
Com’è nata la collaborazione con Vanni D’Alessio e l’associazione Forum Quarnerino?
“Il mio primo contatto è stato con Vanni D’Alessio, all’epoca di precedenti lavori. Poi i contatti sono diventati più frequenti proprio lavorando su questo tema perché io avevo letto parte della sua bibliografia. Essendo lui storico ero interessata alle sue ricerche sulla storia locale e quindi sono andata a cercare chi erano i principali storici fiumani. Devo dire che mi ha aiutata parecchio e mi ha dato tanti ‘feedback’ che mi hanno indirizzato nel mio lavoro. Penso che il parere di un esperto sia molto importante, soprattutto se si tratta di uno storico tout court e non di uno storico della musica. Una persona che non è immersa nella nostra disciplina, ma ha una visione d’insieme, può aiutare moltissimo”.

Com’è stato accettato il suo libro finora?
“Il libro è uscito nel 2022 e finora ha avuto delle recensioni positive. Da quel che mi risulta dopo John Rosselli, ovvero dopo quarant’anni, questo è il primo testo che tratta questa tematica. Quindi deve fare ancora la sua strada…”

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display