«Graces». Comicità, parodia e intimità

All’HKD di Sušak è stato proposto lo spettacolo di danza al quale si sono esibiti Silvia Gribaudi, Siro Guglielmi, Matteo Marchesi e Andrea Rampazzo

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«Graces». Comicità, parodia e intimità
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

La Casa croata di Cultura (HKD) di Sušak ha ospitato lunedì sera “Graces”, lo spettacolo di danza della coreografa italiana Silvia Gribaudi, esibitasi assieme a Siro Guglielmi, Matteo Marchesi e Andrea Rampazzo. Il quartetto ha presentato una performance di ballo moderno che ha coinvolto il numeroso pubblico presente.

Silvia Gribaudi è attiva da molti anni nelle arti performative. Dal 2004 focalizza la propria ricerca artistica sull’impatto sociale del corpo, mettendo al centro del linguaggio coreografico la comicità e la relazione tra spettatore e performer.

Quattro corpi in movimento
Lo spettacolo si è svolto su un palcoscenico privo di alcuna decorazione specifica, ma il pavimento e lo sfondo sono stati coperti interamente di bianco. In questo modo è stata messa in risalto la presenza dei quattro corpi in movimento nello spazio che, assieme alla musica, a qualche effetto di luce e al frequente dialogo con il pubblico, hanno contribuito alla dinamica dello spettacolo.
La performance non ha avuto formalmente delle distinzioni in parti, però è stato possibile individuare una serie di momenti distinti nell’esecuzione, frutto di scene pianificate però fondate sull’improvvisazione. “È tutto strutturato, ma nasce dall’improvvisazione. Sappiamo cosa fare in ogni momento, però ci sono momenti di dialogo col pubblico che chiaramente cambiano in base al pubblico e a ciò che ci dice”, ci ha spiegato l’artista.

Interpretazioni lente e intime
La prima mezz’ora ha presentato interpretazioni più lente e intime, nelle quali gli artisti hanno danzato con movimenti più misurati, imitazioni di figure di danza classica e frequenti interruzioni di carattere brechtiano per comunicare con il pubblico. L’intimità nella scena è stata imposta da gesti puerili come il lancio di fiori l’uno all’altro, in un modo schietto come fanno le persone che lavorano assieme quotidianamente, che si conoscono bene e si rilassano. L’artista ha chiesto diverse volte al pubblico di partecipare con applausi e commenti. Gli artisti ripetevano “thank you” all’infinito, come per suscitare quel senso di pietà che si prova nel guardare i mendicanti per strada che chiedono la carità. In un altro caso i performer chiedevano in inglese al pubblico e ottenevano risposte su cosa sia la prosperità. Lungo tutta la durata dello spettacolo si notava lo sforzo di eliminare ogni forma di solennità.

Variazioni della musica
A ogni momento nuovo all’interno dello spettacolo ha corrisposto sia una variazione della musica (musica barocca, industrial anni ‘90, valzer, ecc.), sia una variazione della velocità e dello stile di danza. Ogni parte si concludeva come se fosse una semplice pausa durante le scene di prova. Alcuni gesti e movimenti erano immediatamente riconoscibili a un pubblico di ambito culturale italiano, mentre gli spettatori che non vi appartengono hanno speso più tempo per capire il messaggio. Si è creato in questo modo un silenzio, un’interruzione e qualche disagio. L’effetto è stato voluto, come spiegato da Gribaudi: “È bello questo tempo diverso di ogni persona. Non è detto che tutti dobbiamo reagire allo stesso momento. Lasciamo aperti questi spazi di libertà dentro dei silenzi. Soprattutto i silenzi, perché nei silenzi può entrare il pubblico”.

La comicità che trapela dalle scene
La comicità che trapelava dalle scene era prodotta da un calcolato movimento al quale seguiva una brusca interruzione in posizioni impacciate, un po’infantili e fantozziane. L’effetto generale è comunque aperto a varie interpretazioni, dato che la fluidità dei movimenti di danza rivelava chiaramente che si tratta di professionisti. Le pose assunte richiamavano quelle di cartoni animati anni ‘90 (Dragonball, la produzione Cartoon Network e forse SpongeBob). Per di più, nell’ambito della cultura pop, è stato possibile riconoscere nella parodia grottesca di un certo tipo di spettacoli anche alcune citazioni da “I bulgari” di Aldo, Giovanni e Giacomo della prima metà degli anni ‘90, oppure anche, per manierismo, alcuni frammenti delle performance dei Let3. In riguardo a questi aspetti, l’artista ha commentato: “Forse. Ognuno vede quello che gli piace, l’importante è che tocchi qualcosa”.
La seconda parte dello spettacolo ha presentato una selezione di temi più intensi e veloci. Una coreografia ha mirato a potenziare al massimo la mascolinità classica, con gli interpreti maschili coraggiosamente svelatisi nudi in posizioni statuarie che nascondevano adeguatamente le parti intime, giochi di luci, musica tribale e Gribaudi fuori scena. La parodia finale è stata quella di uno spettacolo di Broadway, pieno di errori, inciampamenti e desacralizzazioni che il pubblico ha premiato con forti applausi e risate scroscianti.
Lo spettacolo è stato seguito anche dal direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria, Gian Luca Borghese, e dal direttore del Dramma Italiano, Giulio Settimo.

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