Antonio Smareglia, un autore passionale post-romantico

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Antonio Smareglia, un autore passionale post-romantico
Giuliana Stecchina. Foto: Rossana Poletti

“Antonio Smareglia e il suo mondo” è il libro di Giuliana Stecchina presentato all’IRCI di Trieste. L’autrice ne fa una biografia, a tratti pungente, ma racconta anche il contesto storico e musicale in cui si formò e crebbe l’artista, l’epoca in cui trionfa il melodramma italiano, si consumano infatti le sfide tra Verdi e Wagner, la casa editrice Ricordi sostiene Verdi, mentre Lucca investe su Wagner. Le opere di quest’ultimo sono molto più costose negli allestimenti e sarà forse questo il motivo per cui a un certo punto Lucca fallirà e la sua azienda verrà rilevata dal concorrente Ricordi. Spaccati di storia in cui gli editori erano anche impresari e Milano era il centro economico con il Teatro alla Scala che faceva da faro. Sono gli stessi editori che commissionano ai compositori, titoli e argomenti da musicare, fanno i cartelloni, sondano il pubblico per capirne i gusti. Nel Salotto di Ricordi, che riceve il venerdì, giorno di chiusura del teatro, si suonano gli spartiti al pianoforte di quelle che potranno essere le opere che verranno pubblicate di lì a poco.
Un’infanzia turbolenta
“Dopo un’infanzia a Pola piuttosto turbolenta, un breve trascorso a Graz dove incontrerà la musica sinfonica tedesca e ne verrà rapito – racconta Stecchina – Smareglia va a Milano e studia musica privatamente con Franco Faccio, docente di Conservatorio; diventano amici e frequentano assieme il gruppo degli Scapigliati, artisti arrabbiati, un po’ bohemien, in cui il musicista istriano si ritrova e può manifestare il suo bisogno di libertà e di indipendenza dalla musica ufficiale. Frequenta i salotti e compone”.
Com’è la musica di Antonio Smareglia? L’autrice ne fa una breve presentazione, facendo peraltro ascoltare l’ouverture delle “Nozze istriane”. “La musica di Smareglia si fa capire subito – afferma – ammicca con le caratteristiche del sinfonismo. Egli è un autore passionale post romantico e post wagneriano, che crea un ponte fra l’Istria, il suo mare e la sensibilità tedesca; straordinariamente bravo nel valorizzare tutte le parti orchestrali. Come Beethoven divenne sordo, così Smareglia divenne cieco. Entrambi con un orecchio perfetto, intendendo che avevano la musica nel cervello. L’artista istriano negli ultimi anni componeva infatti con poche note e tutto creava nella sua mente; memorizzava e dettava ad allievi, amici e parenti. Aveva mani piccole, ingrate per suonare il pianoforte, ma aveva l’intelligenza di risolvere problemi tecnici per facilitare l’esecuzione.
La sua famiglia benestante ebbe la sventura che la madre partoriva bambini che morivano molto presto, la donna era spossata dalle gestazioni e dal senso di morte incombente. Viveva una religiosità molto forte e le sue preghiere vennero esaudite, dopo Antonio potè avere altri figli. Il padre era musicista di banda e la madre gli cantava le nenie, che riappariranno nelle ‘Nozze istriane’, armonie che marcheranno le note italiane, tedesche e slave, come le origini di lei”.
Un autore dimenticato
Quali furono allora i motivi per cui Smareglia è rimasto un autore dimenticato? Molte sono le risposte a questo quesito. “Una possibile liaison con la moglie di Ricordi – racconta Stecchina – potrebbe aver contribuito a cancellare per odio i suoi spartiti, che la casa editrice aveva pubblicato. Il suo cattivo carattere, le sue affermazioni piuttosto taglienti, erano molto controproducenti. Era inquieto, insaziabile nella ricerca, e anche se otteneva successi era sempre insoddisfatto”. Un artista insomma diremmo ora. Ma ci fu anche qualche scontro con gli irredentisti locali, che gli valse una critica pesante sul Piccolo di Trieste, con mandante proprio quel Ricordi, capace di muovere i fili della comunicazione.
L’incontro con Illica
La sua fortuna è data dall’incontro con Illica, librettista di Puccini, che lo indirizzò a comporre “Nozze istriane”, dopo il successo straordinario di “Bianca da Cervia”. “Nozze istriane” è un’opera verista, nata nella solitudine della campagna di casa sua, dove ha ospitato lo scrittore e dove ha meditato sul tema molto religioso.
Il libro di Stecchina si articola in una parte dedicata al testamento e al funerale, ad alcuni racconti creazioni dell’autrice, a un inquadramento dell’epoca, dei suoi musicisti, dei salotti musicali e degli editori e impresari. Si sofferma sulla sua storia personale, sulle sue ultime composizioni, frutto dell’amicizia con Silvio Benco, che scrive i libretti del trittico, “Oceana”, “La Falena” e “Abisso”, sull’incontro a Pola con Franz Lehár e a Trieste con personaggi come Joyce.
Morirà a Grado, accolto povero da un nipote, il suo feretro verrà portato a Trieste via mare, come si usava allora e come sicuramente Smareglia avrebbe apprezzato, fino alla fine vicino al suo mare.

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